Su artisti e piccole città

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Parlare male di una persona è calunnia o diffamazione. Parlare o scrivere male di un luogo, una città, una nazione fa parte della libertà di espressione e della democrazia. Se molti calunniano o diffamano una persona oppure invadono la sua privacy, questa avrà delle notevoli ripercussioni negative nella sua vita. Criticare negativamente una città significa invece metterne in mostra limiti, pecche, difetti in modo che altri possano migliorarla. Non esistono comunità né posti perfetti. Ci sono anche sciocchi che, quando sentono o leggono, critiche negative alla propria città,  perdono il senno. Qualche anno fa accadde che un giovane giornalista scrisse un articolo su una testata online nazionale su Pontedera,  descrivendola come noiosa e poco artistica. Qualcuno lo minacciò online e gli toccò scusarsi per paura. Alcuni amano troppo il paese in cui vivono, sono troppo orgogliosi di essere pisani, fiorentini, milanesi, romani. Per la Treccani il campanilismo è un attaccamento esagerato e gretto alla propria città. Per alcuni essere abitanti di un paese è una parte  fondamentale della propria identità.  Per l’antropologia un certo margine di etnocentrismo è una costante umana e in Italia si estrinseca con campanilismi, regionalismi, nazionalismo. In realtà una narrazione negativa del proprio paese da parte di un artista o un intellettuale non pregiudica, non incide mai in modo significativo sulla qualità della vita dei suoi singoli cittadini, né su quella della collettività. Purtroppo ancora oggi l’Italia è una guerra di campanili. Il campanilismo è ancora acceso, proprio oggi che tramite Internet siamo connessi con il mondo e il villaggio è diventato globale. Non era forse anche a Gorizia a cui Michelstaedter pensava quando scriveva della “comunella dei malvagi”? Un artista può cercare di essere una gloria locale o cercare una popolarità nazionale. Un artista rischia l’ostracismo artistico ma anche l’emarginazione dalla comunità in cui vive. I fiorentini esiliarono Dante. Per i recanatesi Giacomo Leopardi era solo lo strano figlio del conte Monaldo. Per chi viveva a Marradi Dino Campana era solo un matto da legare. A Vigevano tutti odiavano Mastronardi. Questi sono solo pochissimi esempi, i primi che mi vengono in mente. La lista sarebbe lunghissima. Poco importa se il natio borgo era davvero selvaggio,  se era solo una rappresentazione distorta o la creazione di un mondo fittizio. Forse gli artisti erano tutti pazzi e avevano tutti un nucleo psicotico, un’angoscia paranoica e persecutoria? Gli artisti, veri o presunti, devono essere liberi di esprimersi e di rappresentare il loro mondo, vero o falso, giusto o sbagliato che sia. Scriveva Simenon che la verità umana è una qualunque,  mischiata tra tante altre verità.  Su Pontedera ad esempio ci sono tantissime verità: quella dei suoi cittadini che la amano o la odiano, ma anche quella di chi l’ha visitata per qualche giorno o ci ha lavorato per un anno. Anche nella canzone d’autore c’è sempre stata questa libertà.  Guccini in fondo non cantava di una “piccola città,  bastardo posto” e Battisti non cantava della “Brianza velenosa” e in tempi più recenti Francesca Michielin non ha cantato di Padova che può uccidere più di Milano? Ogni volta che si esprime un mondo o si dice la propria su un posto o sulla gente del posto le reazioni possono essere contrastanti. Ritornando a poeti e scrittori,  perché lamentarsi di una loro contronarrazione? E poi chi vi dice che la contronarrazione di una persona di cultura solitaria non sia meno vera di quella di un’intera comunità locale?  La mentalità comune a ogni modo vince sempre. La collettività, la cosiddetta gente rende sempre la vita grama, agra agli artisti che la criticano. La lotta è impari. Gli artisti, veri o presunti, perdono sempre. Solo pochissimi artisti passano alla storia, ma molto spesso quando sono morti da anni. Per molti cala il sipario e finiscono nell’oblio. La maggioranza vince sempre. Una cosa è certa: dare addosso in tanti a un singolo individuo è meschino e vigliacco, dire la propria, andando contro tutto e tutti, è un atto di coraggio: è l’atto controcorrente di coraggio di alcuni artisti. 

Credits: foto dell’amico Emanuele Morelli delle pale eoliche di Pontedera

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