Banche e vulcani
Proprio in questi giorni, in cui l’Islanda è tornata a far parlare di sé con una nuova eruzione vulcanica, è uscita la nuova opera di Einar Már Guðmundsson,Bankastræti núll [Via delle Banche zero]. Pure questa è un’eruzione, anche se di altro tipo. Poeta e romanziere, autore di racconti, saggi e libri per ragazzi, Einar Már Guðmundsson è una delle figure più rilevanti del mondo letterario islandese contemporaneo. Già noto e stimato in patria, raggiunge il successo internazionale con il romanzo Angeli dell’universo [Iperborea 1997] che, oltre al prestigioso Premio del Consiglio Nordico, gli merita numerosi altri riconoscimenti, tra cui il premio Acerbi 1999 in Italia. In italiano è stato pubblicato anche il romanzo successivo, Orme nel cielo [Iperborea 2003]. Guðmundsson ha sempre avuto a cuore le tematiche sociali e si distingue per la singolare abilità nell’affrontare argomenti estremamente seri e talvolta drammatici con uno stile che passa da una prosa che sfiora la poesia a momenti in cui la brillante ironia diventa l’arma vincente per esporre una realtà spesso crudele e contraddittoria. La tensione verso la poesia e la necessità di trattare dell’esistenza ben sintetizzano quell’interazione tra arte e vita, finzione e realtà, che nell’opera di Guðmundsson non si propone come lotta, ma piuttosto come convivenza di elementi l’uno necessario all’altro. Già ne Il libro bianco [Hvíta bókin, 2009] Guðmundsson si era allontanato dalla forma del romanzo per divenire un “cavaliere della letteratura” e, armato della forza della parola, affrontare il profondo disagio sociale conseguenza della crisi finanziaria che colpì l’Islanda nel 2008. Guðmunsson vede il proprio paese non come un “ciuffo d’erba” nel mondo abitato ma come un microcosmo che rispecchia la società odierna mondiale; le vicende islandesi vengono pertanto inserite nel contesto di problematiche generali, denunciando gli sfrenati eccessi speculatori del neoliberismo e la mancanza di chiare ideologie politiche, e sottolineando la crisi di valori che sempre più ha caratterizzato gli ultimi decenni, la sempre minor forza dei sindacati e la tendenza a “privatizzare il profitto e nazionalizzare il debito, con pesanti conseguenze sul sistema dello stato sociale. In “Via delle Banche zero” l’autore approfondisce queste tematiche organizzandole in una serie di narrazioni, che definisce storie dalla realtà. Egli ritiene infatti che la realtà odierna sia talmente inverosimile da assumere tutte le caratteristiche di una forma narrativa e sente provenire proprio dal periodo in cui viviamo la richiesta di usare al meglio la propria penna per immergersi nella realtà, nel presente e nella società. Così inizia Via delle Banche zero: “Amore mio, ogni mattina mi sveglio e desidero comporre poesie per te. Mi giungono in sogno, limpide come il canto estivo degli uccelli, belle come la luna tra gli alberi. Vedo un tramonto brillante, i cieli e i mari. Qualcuno ride nel buio, qualcuno piange. Un bel giorno tutto questo mi arriverà, un bel giorno la realtà si sveglierà, e allora avremo smesso di pensare al mercato finanziario, […] all’ingiustizia […]. Allora comporremo sullo splendore dell’amore, sulla bellezza del mondo e sul canto degli uccelli; ma ora le martellate della realtà continuano a rimbombare. Rimbombano nella società, rimbombano dentro di te, rimbombano dentro di me, rimbombano ovunque.“ Prendono dunque voce le 25 storie dalla realtà, che intendono rispecchiare la confusione del periodo attuale. Questo appare già nei titoli stessi, da Introduzione alla civilizzazione a La storia della torta lunga, da Comici al potere a Vulcani con tendenze rivoluzionarie. La creatività dell’autore si rivela infatti nella capacità di affiancare storie dalla natura più diversa attingendo da episodi contemporanei e da fatti storici, prendendo spunto dai maestri della letteratura islandese come da testi di impegnati cantautori, trattando di personaggi come Gordon Brown o Michael Friedman da una parte e di John Lennon e del suo amico d’infanzia David Ashton dall’altra. Il risultato è un’opera che presenta non tanto una realtà chiara e definibile, quanto piuttosto il suo manifestarsi nei piani più diversi; l’abilità si rivela nel sapere trattare di giustizia e ingiustizia, corruzione e cultura, povertà e classi dominanti, lotte e solidarietà, mutando di volta in volta i toni ma mantendo uno stile scorrevole e diretto, che non può non coinvolgere e spingere alla riflessione. Ancora una volta Guðmundsson si distingue per il sapiente uso della parola, capace di incuriosire e sensibilizzare, di indignare e consolare; e, con brevi considerazioni nelle quali si alternano ironia e sublimità, riesce sempre a strappare al lettore una lacrima o a rubargli un sorriso.
Elena Musitelli
Nella foto: l’autore
La foto è di Elena Musitelli