Blasfemia, due pastori cristiani a rischio pena di morte in Sudan. Mobilitazione di Italians for Darfur Onlus
Abbiamo ricevuto questa mail che pubblichiamo con la speranza che sia letta dal maggior numero di persone possibile.
Cari amici,
a un anno dalla vicenda di Meriam Ibrahim, cristiana all’ottavo mese di gravidanza e madre di un bambino di 20 mesi condannata a morte in Sudan per apostasia e poi liberata sull’onda di una mobilitazione internazionale, due pastori cristiano-evangelici rischiano la stessa sentenza.
Oggi il giudice a cui è stato affidato il procedimento a loro carico ha confermatole le accuse di blasfemia, spionaggio, attentato alla Costituzione e all’ordine pubblico, reati per i quali è prevista la pena capitale.
Italians for Darfur aveva denunciato i due casi lo scorso febbraio e avviato una petizione per chiedere la loro liberazione:
http://www.italianblogsfordarfur.it/petizione/
L’appello era stato raccolto dal senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti umani a Palazzo Madama, il quale aveva presentato un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Paolo Gentiloni.
A fornire l’assistenza legale ai due pastori, lo stesso avvocato della giovane sudanese, Mohaned Mustafa Alnour.
Il primo a finire il carcere è stato il pastore presbiteriano, Yat Michael, prelevato dopo il culto domenicale da funzionari del Servizio di sicurezza e dei servizi segreti.
Il prelato si trovava a Khartoum con la famiglia per sottoporre i figli a controlli medici e per fare visita alla congregazione della Sudan presbyterian evangelical church che aveva subito per due settimane le incursioni della polizia e l’arresto di trentotto membri della congregazione che si erano opposti all’abbattimento di parte della chiesa.
Il secondo arrestato, il reverendo Peter Yein Reith, è il pastore della Chiesa evangelica presbiteriana di Khartoum ed è stato bloccado dagli agenti mentre stava tornando a casa da una riunione di preghiera. Alle ripetute richieste dei motivi del fermo rivolte dalla moglie di Reith al Niss, un funzionario aveva solo confermato che il pastore era in carcere e che lo stavano ancora interrogando.
Entrambi i pastori sono tuttora tenuti in custodia in un carcere di massima sicurezza senza garanzia del rispetto dei propri diritti, come denunciato da Kate Allen, direttrice di Amnesty Internetional UK.
Italians for Darfur ha anche sollecitato un’iniziativa al Parlamento Europeo. Un gruppo di europarlamentari, tra cui Gianni Pittella, Elena Valenciano, Silvia Costa, Kashetu Kyenge, Patrizia Toia, Enrique Guerrero Saloma, Luigi Morgano, ha interpellato l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue e vicepresidente, Federica Mogherini, per sapere se l’ambasciatore dell’Unione a Khartoum sia a conoscenza della vicenda e abbia notizie in merito alle condizioni dei due pastori. Inoltre si chiede di sollecitare il governo sudanese sulla questione della tutela delle minoranze religiose, in particolare cristiane, intraprendendo azioni concrete affinché il Sudan rispetti la Costituzione, che garantisce la libertà religiosa in contrasto con quanto previsto dalla Sharia.Aggiornamenti e ulteriori iniziative sono raggiungibili attraverso le nostre pagine Facebook, Twitter e il blog dell’associazione.
Italians for Darfur ONLUS