BUON COMPLEANNO ASSOCIAZIONE “LA BREZZA”

Un ventennio dedicato all’ascolto di chi vuol parlare con l’Arte e le emozioni

di Ernesto Bodini (giornalista e critico d’arte)

Quante verità, quante concretezze, quanta coerenza, quanta costanza e soprattutto quanta umiltà stanno dentro il paniere di una associazione di volontariato? Forse non sono molte (o forse sì) le realtà del non-profit che hanno un paniere in grado di contenere tutte insieme queste virtù. Tra queste ben si inserisce l’associazione torinese La Brezza  Organizzazione di Volontariato (Odv), presieduta da sempre dalla eclettica e instancabile Lucia Sartoris, giunta oggi al suo ventesimo anno di attività con le costanti presenze di volontari nella Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino e di altre città del Piemonte. Un piccolo esercito di giovani sempre rinnovati (a parte i componenti del direttivo), animati non dalla “morbosa” curiosità e dall’avventura, ma dallo spirito umanitario con il fine di valorizzare la Persona detenuta in quanto tale, affinché possa completare al meglio il suo percorso interiore. Un percorso che in questo ventennio non pochi detenuti (che personalmente menziono come “ospiti”) hanno potuto fare attraverso la frequentazione di diversi laboratori per discipline artistico-culturali: pittura, scultura, disegno, lettura, scrittura, teatro, etc. E sono infinite le iniziative di progetti che La Brezza ha attivato in questi quattro lustri coinvolgendo gran parte dei reclusi, tutte portate a termine con buoni risultati pratici e spesso suscitando l’interesse della critica, oltre che delle Istituzioni e cultori della materia giuridico-forense. A testimonianza di ciò sono state redatte molte pubblicazioni con il contributo di tutti, detenuti e volontari, ma anche dei responsabili delle Case Circondariali. La recente pubblicazione (per l’anniversario) La Brezza Venti – L’associazione compie 20 anni, realizzata con il contributo del Volontariato Torinese (Vol.To), racchiude una serie di testimonianze che danno corpo al tema principale delle attività artistiche, ossia “Arte espressione del sé dentro e fuori dal carcere” per raccontare il mondo del carcere osservato attraverso i laboratori delle varie discipline, anche per ricordare l’acuta osservazione del medico, biologo e filosofo francese Henri Laborit (1914-1995), il quale sosteneva che «Non tutte le prigioni hanno le sbarre: ve ne sono molte altre meno evidenti da cui è difficile evadere, perché non sappiamo di esserne prigionieri. Sono le prigioni dei nostri automatismi culturali che castrano l’immaginazione, fonte di creatività». Ed è proprio la creatività che ha caratterizzato i lavori di quanti hanno frequentato i laboratori, sotto la guida illuminata della presidente con la valenza dell’ascolto; sì perché l’ascolto è il primo impegno statutario dell’associazione, in quanto è la parola della Persona che va recepita e compresa ma non compatita a garanzia del rispetto della sua identità, non priva di quei valori sia pur attenuati ma mai annullati. In tutti questi lavori, dunque, primeggia l’Arte atta a migliorare la propria espressività, i propri sentimenti ed emozioni, ma anche dolori che si recepiscono e si comprendono con il saper ascoltare. A tutt’oggi sono state realizzate infinite opere artistiche, talune anche di ottima fattura, in parte fruibili dal pubblico che, sia pur lentamente, ha imparato ad apprezzare e a riconoscere il loro giusto valore sotto ogni aspetto. Nel loro insieme non possono che suscitare spunti di riflessione soprattutto per gli stessi volontari e il semplice fruitore, richiamando la fattibilità dell’arte all’interno delle varie sezioni in cui ogni provetto artista privato della libertà osserva, improvvisa, sogna e realizza e così esprimendosi anela il profumo della libertà, quella libertà soprattutto interiore che nessuno gli può negare. Numerose le testimonianze scritte dei detenuti ognuno dei quali ha “stimolato” l’esigenza dei volontari di confrontarsi con realtà di altri  Paesi, tant’è che alcuni anni fa La Brezza ha partecipato al progetto europeo A new way to social skills (Un nuovo metodo per sviluppare le competenze sociali), un riconoscimento di elevato valore sociale e culturale, ma anche psicologico per favorire il “contagio creativo” facendo giungere la voce dell’Arte al di fuori dei confini nazionali. Da queste esperienze sono state evidenziate realtà più virtuose e altre meno, ma tutte accomunate da quel “fil rouge” che è l’allontanamento dei pregiudizi, spesso impropri e quindi fuori luogo. E a questo riguardo è saggio ricordare quanto sosteneva il premio Nobel per la Pace Albert Schweitzer (1875-1965): «Non si ha il diritto di indagare nell’intimo degli altri. Il voler analizzare i sentimenti del prossimo è indelicato: non c’è solo un pudore del corpo, esiste anche quello dell’animo che bisogna rispettare. Anche l’animo ha i suoi veli, dei quali non ci si deve liberare». E non è mai troppo tardi per mettere in atto quella saggezza nel saper vivere accanto a chi non ha voce, e saper ugualmente ascoltare il suo silenzio attraverso la sua arte: le porte della libertà senza confini.

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