Cagliari: fotogrammi dalla finale del “Premio letterario Francesco Alziator”
di Marcella Onnis
Si è tenuta ieri, 29 ottobre 2012, al Teatro lirico di Cagliari la finale della VI edizione del Premio letterario Francesco Alziator.
Se volessi fare la cronaca della serata, dovrei dirvi innanzitutto chi l’ha condotta (Rosanna Cancellieri, briosamente professionale nei modi e sobriamente elegante nell’abbigliamento) e chi erano gli ospiti: Mario Sechi, direttore de Il tempo, che ha presentato il suo saggio Tutte le volte che ce l’abbiamo fatta; Saber Mounia, redattore di Almaghrebiya, unico quotidiano cartaceo italiano scritto interamente in lingua araba; Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, che ha presentato Dire e non dire. I dieci comandamenti della ‘ndrangheta nelle parole degli affiliati, scritto a quattro mani con Antonio Nicaso.
Dovrei dirvi poi chi erano gli altri ospiti che, con la loro arte, hanno intrattenuto il pubblico: le attrici Daniela Deidda e Valeria Ciangottini, la GB Orchestra diretta dal maestro Giorgio Baggiani, il duo composto dai chitarristi Luigi Puddu e Simone Onnis.
Né potrei certo omettere di citare i vincitori: per la sezione narrativa, Matteo Nucci con Il toro non sbaglia mai (ed. Ponte alle Grazie); per la sezione speciale, riservata ad autori non italiani originari dei paesi del Mediterraneo, Soti Triantafillou con Scatole cinesi. Quattro stagioni per il detective Malone (ed. Voland).
E, a voler essere esaurienti, dovrei anche dare conto delle menzioni speciali: Milena Agus (non presente alla premiazione) per Sottosopra, ed. Nottetempo; Emanuele Cioglia per Asia non esiste, ed. Arkadia; Giampietro Ibba per E poi? … Chiara lo sa, ed. San Paolo; Anthony Muroni per Francesco Cossiga dalla A alla Z, Ethos edizioni; Guido Pegna per La strada per Nebida, ed. Effequ.
Oltre che con una cronaca oggettiva, però, un evento può essere raccontato in modo soggettivo, per impressioni. Ed è proprio attraverso impressioni, immortalate in “fotogrammi”, che io ho scelto di descrivervi la serata.
Nel primo fotogramma ci sono i musicisti, perché in un simile auditorium la musica non può certo mancare: la GB Orchestra con i suoi stacchetti e il brano finale, ma soprattutto i maestri Puddu e Onnis che ammaliano i presenti con la loro milonga.
Il secondo fotogramma immortala il fragoroso applauso del pubblico nell’udire dall’assessore comunale alla cultura Enrica Puggioni che il sindaco Zedda non è presente in quanto impegnato in Consiglio comunale per la riduzione delle aliquote Imu.
Protagonista del terzo fotogramma è Saber Mounia che parla di ciò che resta di quella che noi chiamiamo “primavera araba”, ma che lui preferisce chiamare “primavera islamica” o “religiosa”. Parla per descrivere una situazione molto scoraggiante: le donne sono le prime ad essere state escluse da questa fase post-regime; l’arte da due anni si è fermata, perché i governi religiosi che hanno preso il potere non vedono di buon occhio il fermento culturale.
Al centro del quarto fotogramma c’è un altro ospite: Nicola Gratteri che parla di ‘ndrangheta. Lo fa illustrando uno scenario più che scoraggiante: la ‘ndrangheta non è diffusa solo in Italia e in alcune parti del mondo ma è, invece, l’unica mafia al mondo ad essere presente nei cinque continenti (persino in Australia, precisa lui, con stupore dei presenti). Tuttavia, – aggiunge – il problema più grande ce l’abbiamo dietro l’angolo: “in Europa si discute di quote latte e della lunghezza delle banane da commerciare, ma non si discute di sicurezza” per cui è praticamente impossibile fermare la mafia quando agisce fuori dai confini italiani. A far da ostacolo in questa lotta, poi, ci sono anche le legislazioni nazionali di alcuni stati, frutto di resistenze socio-culturali a loro volta conseguenze delle esperienze drammatiche dei regimi totalitari e autoritari: in alcune zone dell’ex Germania Est, ad esempio, non è possibile introdurre microspie nei locali pubblici, mentre in Spagna non sono ammesse perquisizioni notturne.
L’emozione non segue percorsi logici né necessariamente cronologici, per questo l’ultimo fotogramma, quello più prezioso, immortala uno dei primi momenti della serata: l’assegnazione della menzione speciale a Giampietro Ibba per il suo E poi? … Chiara lo sa. Quando la Cancellieri chiede a ciascun autore presente sul palco (insieme a lui, Cioglia, Muroni, Pegna) di raccontare “la frase-chiave, il motivo-chiave del suo libro”, Ibba sceglie una riflessione fatta osservando la foto di sua figlia in copertina, dopo aver ricevuto dall’editore la prima copia: “Chiara, ce l’abbiamo fatta. Io ho potuto raccontare la tua storia, quello che è successo, e tu potrai continuare ad entrare nelle case dei tuoi amici e delle altre persone che ancora non ti hanno conosciuto.” Lo dice un po’ emozionato e timido, ma soprattutto con modestia e discrezione, perché scrivere non è il suo mestiere e perché forse ancora non si rende del tutto conto del valore letterario e umano del suo libro, anzi – per usare le parole che userebbe lui – del loro libro (suo e di sua figlia).
La settimana scorsa è stata celebrata la messa per il quarto anniversario della morte di Chiara, per cui viene abbastanza spontaneo domandarsi se in questo tempismo non ci sia lo zampino della Divina Provvidenza. Certo è che questo importante riconoscimento è un bel modo di farle sapere che non l’abbiamo dimenticata e che non scorderemo neppure ciò che lei e suo padre, in queste pagine, ci insegnano sulla vita e sulla morte.