Cagliari: un successo la serata per i 40 anni dell’Aido

di Marcella Onnis

Una serata davvero riuscita quella organizzata sabato scorso a Cagliari per festeggiare i primi 40 anni di attività dell’Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule (Aido). Il cast più che appetibile e la buona causa hanno richiamato un pubblico numeroso che ha riempito l’auditorium del Conservatorio di musica “Giovanni Pierluigi da Palestrina” e che è stato ripagato con uno spettacolo vivace e di alto livello.

A introdurre lo spettacolo sono stati Massimiliano Medda e il maestro Francesco Ghiani della compagnia teatrale LaPola, accompagnati da due “splendide” vallette: Ketty Manca (Massimiliano Lorrai) e Franca Littera (Marco Camboni).
Su invito di Medda, è toccato, però, al presidente regionale dell’Aido, Paolo Pettinao, fare gli onori di casa. Dopo aver ricordato che, quando si parla di donazione di organi, la Sardegna è tra le regioni più generose d’Italia (nel 2012 le opposizioni alla donazione nell’Isola sono state il 20,4% contro una media nazionale del 29,2%), il presidente ha spiegato perché la loro attività di promozione deve comunque andare avanti: perché, a livello nazionale, gli organi disponibili consentono di operare in un anno solo un terzo delle circa 9 mila persone in lista per un trapianto. Il prof. Pettinao ha poi voluto ringraziare i presenti («Non mi aspettavo tanta partecipazione», ha confessato), i partner che hanno reso possibile l’evento (il Conservatorio di musica “Giovanni Pierluigi da Palestrina”, il centro di servizio per il volontariato Sardegna solidale, il Centro regionale trapianti e i Vigili del fuoco), ma soprattutto i donatori e i loro familiari. Durante questo ringraziamento, ha voluto rivolgere un pensiero speciale ad Elisa Deiana, grazie alla quale 9 anni fa è stato eseguito il primo trapianto di fegato, e ai suoi genitori, Alberto e Paola, presenti in sala. Perché? Perché hanno dato un seguito al loro generoso gesto, creando un’associazione no profit intitolata alla loro figlia, tramite la quale promuovono la donazione degli organi e stanno realizzando una casa di accoglienza per trapiantati, trapiantandi e loro familiari.

Parlavamo inizialmente di uno spettacolo di alto livello. Ebbene, la qualità artistica delle esibizioni molto deve ai giovanissimi: il Coro di voci bianche del Conservatorio “G.P. da Palestrina” (composto da bambini tra i 9 e i 14 anni) e due baby band della scuola di musica Peter’s Day di Assemini.
Il coro – guidato dal maestro Enrico di Maira e accompagnato da Enrica Lobrano al piano e Sara Ambu al flauto – ha eseguito con grande precisione un brano tratto da Il flauto magico di Mozart, la  tradizionale Non potho reposare (resa ancor più dolce da queste voci bianche) e America, dal musical West side story.
Repertorio pop, invece, per le due formazioni della scuola di musica, che hanno intrattenuto il pubblico con una fresca Come un pittore dei Modà e una grintosa Lady Marmalade (nella versione di Christina Aguilera, P!nk, Mya e Lil’Kim).

Proseguendo nel ricordare la serata, è stata senza dubbio una signora Musica quella proposta dai medici del gruppo Non solo Ippocrate, i quali hanno dimostrato di essere sempre dei professionisti, che indossino un camice o che adoperino strumenti e microfoni. Per rompere il ghiaccio hanno scelto l’inedito Clinical music, presentato per l’occasione e destinato a diventare la loro sigla in quanto porta il nome del genere musicale da loro inventato. Di che si tratta? In sintesi, della rivisitazione in chiave ironico-sanitaria di brani famosi. Godibile il primo pezzo ma non meno il secondo e il terzo: La gamba, versione “ortopedica” de La bamba di Ritchie Valens, e Non c’è più rigetto, rielaborazione – perfettamente a tema con la serata – di Non c’è più rispetto di Zucchero. A loro il merito di fare buona musica, ma soprattutto di saper sdrammatizzare il rapporto medico-paziente e la malattia. Un compito non facile ma davvero prezioso perché – come dice la loro Clinical music  – “sorridere è un po’ guarire”.

Oltre alla musica ha avuto molto spazio l’umorismo: risate a non finire, infatti, con il ventriloquo e burattinaio Daniele Contu (sul palco insieme a due suoi personaggi: il piccolo Gigi e il nonnino), con il trasformista burlesco Gianni Dettori, ma soprattutto con i LaPola, che in questo spettacolo sono stati cornice ma anche parte del quadro.
Sul palco hanno sfilato alcuni loro personaggi nuovi –  creati per lo show LaPola 2013 a. C. – Avanti Crisi, che va in onda ogni settimana su Videolina, principale emittente regionale – quali la postina Liana (Stefano Lorrai)  ma anche alcuni ormai “storici”, per la gioia dei loro fan: oltre a Ketty Manca e Franca Littera, Mau Meda e la sua consorte Aurelia (Gabriele Cossu e Francesca Zara), Miss Bidda (Francesca Murgia), il Sindaco di Scraffingiu (scanso equivoci, si tratta di un Comune inventato) e don Gigi (entrambi interpretati da Alessandro Pili). Ovviamente i comici non hanno risparmiato battute sulla rielezione di Napolitano, anche se la “vittima” principale delle loro gag è stata il dr Ugo Storelli, “colpevole” di aver prestato servizio alla Rianimazione dell’ospedale “G. Brotzu” di Cagliari, di essere attualmente il direttore sanitario dell’asl 8 – Cagliari (la principale azienda sanitaria locale della Sardegna) e di essere stato capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale ai tempi del sindaco Emilio Floris (attualmente senatore).

Il momento più alto, però, ha visto per protagonisti lo scrittore e giornalista Francesco Abate, l’attore Giacomo Casti e i musicisti-giornalisti Marco Noce e Matteo Sau. Gli artisti hanno portato in scena un estratto dello spettacolo Chiedo scusa, è permesso, trasposizione teatrale del romanzo  Chiedo scusa in cui Abate, con la collaborazione di Saverio Mastrofranco (alias Valerio Mastandrea) racconta la propria esperienza di trapiantato. Quella di sabato scorso è stata – purtroppo per chi non ha mai assistito allo spettacolo –  l’ultima rappresentazione, a chiusura di un tour che, con oltre 100 tappe, ha toccato un po’ tutta l’Italia. La scelta degli artisti è caduta su due passaggi molto significativi dello spettacolo e del libro. Significativi, innanzitutto, perché riguardano quello che è forse il brano più esilarante del romanzo e quello che ne è, invece, il più drammatico. In secondo luogo,  perché – come ha spiegato Abate – sono stati due strumenti per dire “grazie”. Il primo agli infermieri che, oltre a prendersi cura dei corpi dei pazienti, tante volte alleviano le pene anche delle loro anime. Il secondo – naturalmente – ai donatori, perché è soprattutto per merito loro se lui e tanti altri trapiantati sono ancora tra noi.
A loro quattro – ha rimarcato lo scrittore – è toccato l’onere-onore di gestire il momento più impegnativo della serata, la necessaria parentesi seria in quel giorno di gioia. Parentesi non certo perché meno importante, ma perché, come sempre lui ha ricordato: «Questa serata è una festa ed è giusto che sia così perché questa è la volontà di chi ha donato: che dal suo lutto non nascesse altro lutto».
A concludere in bellezza questo toccante momento, sono stati Noce e Sau che, con le loro chitarre e voci, hanno eseguito Hallelujah di Leonard Cohen nella versione di Jeff Buckley.  “Your faith was strong but you needed proof” (“La tua fede era forte, ma avevi bisogno di prove”): che dalla morte di una persona possa discendere la rinascita di un’altra può essere una prova del’esistenza di Dio? È bello pensare che possa esserlo.

Finito lo spettacolo, non si è concluso, però, il prezioso compito dell’Aido … né il nostro. Già, proprio così: ognuno di noi è chiamato a parlare di donazione. Il perché e il come lo spiega efficacemente il depliant che l’Aido ha distribuito prima della serata:

Parlane oggi perché i tuoi cari sappiano come la pensi e non siano costretti a decidere per te.

Parlane subito perché in certi momenti è difficile farlo.

Parlane tanto perché troppe volte ci si dimentica di farlo quando si dovrebbe.

Parlane con tutti perché confrontarsi con gli altri aiuta a chiarirsi le idee.

Parlane sempre perché comunque tu la pensi è importante parlarne.

Soffermiamoci un attimo su questa conclusione: “comunque tu la pensi è importante parlarne”. Donare non è obbligatorio: è una scelta e chi non la condivide non può essere per questo condannatoÈ una questione personale. Le posizioni vanno rispettate», dice anche Alberto Deiana, pur appartenendo con grande convinzione al fronte del “sì”). Di conseguenza, l’Aido – come ha tenuto a precisare il dr Pettinao – «vuole informare, non vuole convincere nessuno». Ognuno di noi è, infatti, libero di scegliere la strada dell’altruismo come quella dell’egoismo. Ma dobbiamo tenere presente due cose che ci ricorda l’Aido. La prima è che «tutti noi pensiamo che il trapianto sia una eventualità estranea alla nostra vita. Eppure ciascuno di noi o un nostro caro potrebbe averne bisognoLa seconda è che «a volte scegliere un dono può essere difficile e donare qualcosa di noi stessi ancora di più. Ma è una freccia che ci spinge verso il futuro, il testimone di una corsa che ci porta un poco più avanti
Se il futuro vi attrae, informatevi sulla donazione, sull’attività dell’Aido … e  sulle modalità per sostenerla: www.aido.it

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