Camera mortuaria per gli ergastolani
Riceviamo e pubblichiamo:
Perdonare è liberare un prigioniero e scoprire che quel prigioniero eri tu. Chi non sa perdonare spezza il ponte sul quale egli stesso dovrà passare. (Anonimo)
Ci sono notizie che sarebbe meglio non sapere perché quando le sai poi stai male. E leggere questo articolo mi ha fatto stare male come un cane rognoso. “Giovanni Pollari, 65 anni, siciliano, è deceduto per infarto fulminante nel carcere di Sulmona, dove stava scontando la pena dell’ergastolo. (…) Con oltre 200 ergastolani, l’Amministrazione penitenziaria dovrebbe cominciare a pensare di dotare l’istituto di detenzione Peligno di una camera mortuaria perché, se è vero che si tratta di un carcere ad alta sicurezza, è possibile allora che una parte dei detenuti sconti condanne all’ergastolo e dentro quelle mura probabilmente trascorrerà gli ultimi giorni di vita.” (Maria Trozzi www.quiquotidiano.it, 4 maggio 2014). E mi ha fatto pensare che gli ergastolani hanno meno problemi di tutti gli altri prigionieri, a parte quello di essere ancora vivi.
Proprio l’altro giorno un detenuto mi ha fatto la domanda di rito: “Quanti anni ti mancano a finire la pena?” Gli ho risposto che noi ergastolani non abbiamo mai anni in meno ma sempre anni in più.
È dura scontare una pena che non finisce mai. A volte la tristezza è l’unica cosa che ricorda agli uomini ombra (gli ergastolani) che sono vivi. È difficile per tutti vivere e stare in carcere, ma è quasi impossibile vivere se sai che non uscirai mai. Poi leggere certe notizie ti leva quella poca voglia che ti è rimasta per tentare di lottare, vivere e sperare.
Purtroppo i “buoni” anche se non ci uccidono, ci vogliono tenere murati vivi tutta la vita. E ti curano e ti danno da mangiare per non farti morire, perché più stai in vita e più dura la loro vendetta sociale. Purtroppo i “buoni” non si stancano mai di cercare giustizia (vendetta) e per trovarla tengono una persona per venti, trent’anni, e spesso per tutta la vita, chiuso in una cella.
Qualche volta succede che i “cattivi” sappiano riconoscere il male che hanno fatto, invece i “buoni” spesso conoscono e puntano il dito solo sul male che commettono gli altri.
Ma le persone che non amano non potranno mai essere amate e le persone che non perdonano non potranno mai essere perdonate.
Carmelo Musumeci
Carcere di Padova, Maggio 2014