Il figlioccio sardo di Berlusconi: da burattino a domatore di leoni?
Nel 2009, quand’era ancora in corso la campagna elettorale per le elezioni regionali in Sardegna, fu chiaro da subito a tutti che due candidati più diversi di Ugo Cappellacci e Renato Soru non si sarebbero potuti trovare. E forse fu politicamente trasversale anche la convinzione che la maggior differenza stava nella potenziale capacità di interpretare al meglio il ruolo di leader: molto scarsa per il primo, molto forte (forse troppo) per il secondo.
Una volta eletto, Cappellacci non tardò a confermare i timori di molti suoi elettori e le maligne speranze degli elettori del centrosinistra, mostrandosi succube del padrino Berlusconi e ostaggio delle pretese degli alleati della coalizione nonché delle frange dissidenti del suo stesso partito.
Quel che è seguito si sa: manovre finanziare “leggere” che rimandavano immancabilmente a leggi successive la svolta decisiva (che però non arrivava mai); piccoli e grandi rimpasti dell’esecutivo; continui avvicendamenti di persone e partiti nelle poltrone che contano (direzioni generali, asl, enti pubblici …); secchi “no” agli scavalcamenti da parte del Governo pseudo-amico seguiti da immancabili dietro-front …
A un certo punto, però, qualcosa nella mente di Ugo dev’essere scattato e le cose hanno smesso di seguire il corso che sembrava ormai fin troppo prevedibile.
La prima avvisaglia si è avuta quando si è ricominciato a parlare di nucleare e a indicare la Sardegna come luogo idoneo ad ospitare le nuove centrali. Fin qui niente di nuovo, perché la nostra Isola si è guadagnata da tempo il ruolo di immondezzaio d’ Italia, in cui stoccare scorie radioattive, far smaltire i rifiuti di altre regioni e così via. Molti sardi pensarono, dunque, che ormai era cosa fatta e che Cappellacci avrebbe accettato le decisioni di Roma con la stessa passività con cui si era lasciato scippare il G8. E invece che ha fatto? Prima ha mandato a dire alla reverendissima Margherita Hack che in fatto di nucleare poteva “spendere le sue argomentazioni scientifiche con i suoi vicini di casa” perché “In Sardegna abbiamo già scelto”; poi, mentre Silvio cercava di smorzare le paure post-Fukushima, si è fatto sostenitore del referendum consultivo regionale contro il ritorno a questa tenutissima fonte energetica. Che sia per calcolo politico o per convinzione, fatto sta che sul nucleare Ugo ha deciso di fare come vuole o, meglio, come vogliono i sardi, quelli che è stato chiamato a governare. Così oggi, dopo i referendum nazionali, sbandiera con orgoglio la percentuale di “sì” collezionati in Sardegna per il terzo quesito. Certo, non avendo lo spessore politico e il potenziale seguito di un Formigoni o di un Alemanno, si guarda bene dall’alzare la testa e da allargare ad altre questioni il dissenso con il Governo e, soprattutto, con il suo Capo, ma è chiaro a tutti che la sua emancipazione dal padrino è un fatto acquisito.
Altro sintomo del nuovo corso è la reazione alla tardiva proposta di collaborazione dell’armatore Onorato, presidente di Moby Lines e socio della Compagnia Italiana di Navigazione (CIN), che dovrebbe rilevare la Tirrenia. Proposta rispedita da Cappellacci al mittente, con tanto di invito a mettersi d’accordo con se stesso perché “Un giorno […] aumenta vertiginosamente il prezzo dei biglietti, un altro, dopo l’arrivo della flotta sarda, annuncia sconti che fino al giorno prima dichiarava impraticabili; un giorno considera la flotta sarda un’idea demenziale, mentre quello seguente invoca il dialogo; un giorno rilascia dichiarazioni dalle quali sembrerebbe quasi che il diritto alla circolazione dei Sardi sia una sua benevola concessione e ventiquattrore dopo canta il suo amore per l’Isola”.
Tuttavia, la miglior prova di carattere per ora Ugo l’ha data in casa sua, dopo le ennesime turbolenze in seno alla coalizione (andata sotto sei volte nel corso delle votazioni per l’approvazione del cosiddetto maxi-collegato alla Finanziaria 2011): o la maggioranza si presenta compatta o mi dimetto. Un aut aut che a molti ha ricordato la presa di posizione del suo predecessore, Soru, a cui seguì la fine anticipata della legislatura. Solo che, in questo caso, la crisi è stata superata. Almeno per ora.
Chicco Porcu, consigliere del Pd, si è complimentato con il Governatore, per aver saputo comportarsi come un “domatore di leoni” con la sua maggioranza: il paragone sembra un po’ azzardato, ma certo è che il mite Ugo ora ha capito che può fare il capo e – poiché la cosa gli è sicuramente piaciuta – non sarà tanto disposto a ritornare nei ranghi di burattino.
E questa, aldilà delle personali convinzioni politiche, è una previsione ma anche una speranza per quest’Isola in cui non c’è settore che non sia in crisi. Che Cappellacci butti dunque via il manuale Cencelli e il catechismo del Padreterno che sta in quel di Arcore per cominciare a fare finalmente il Presidente dei sardi. Quello, cioè, che concorda con la Giunta un indirizzo unitario e che vigila perché sia rispettato, richiamando all’ordine chi se ne discosta. Quello che ascolta il suo popolo e che gli fornisce risposte concrete. Quello che “in casa” non esita a spronare quello stesso popolo a darsi da fare e a smettere di piangersi addosso (come d’abitudine), ma che “fuori casa” difende la sua gente e la sua terra a spada tratta contro chi cerca di privarli di ciò a cui hanno diritto.
Marcella Onnis – Redattrice