Carceri: “Una situazione esplosiva” intervista a Roberto Loddo dell’associazione 5 Novembre
Continua il viaggio de Il Mio Giornale attraverso le carceri italiane e i loro problemi.
Torniamo in Sardegna e ne parliamo oggi con Roberto Loddo, dell’ Associazione 5 Novembre.
Roberto, tu sei il presidente dell’Associazione 5 novembre. Di cosa vi occupate?
Le linee guida della “5 Novembre” sono determinate dalla difesa e il riconoscimento dei diritti umani e civili delle persone private dalla libertà personale. L’obbiettivo è quello di favorire la costruzione di una coscienza critica in grado di descrivere al mondo esterno alle sbarre, alla società, il dramma e il fallimento dell’istituzione carcere. Se solo si applicassero le leggi e si rispettasse la costituzione avremmo un sistema della giustizia e dell’esecuzione penale più umano. Anche in Sardegna. Basterebbe applicare le misure alternative alla detenzione, rispettare il principio di territorialità della pena, e attuare la riforma sanitaria in tutte le carceri sarde.
Quanto è problematica la situazione carceraria in Italia e in Sardegna?
La situazione è esplosiva. Oggi, le carceri in Italia e in Sardegna sono diventate luoghi di sofferenza, incivili e anticostituzionali. Sono le carceri più sovraffollate d’Europa e anche con il maggior numero di detenuti in attesa di giudizio. Abbiamo delle leggi razziste e autoritarie che generano una feroce criminalizzazione di massa, una vera e propria strategia di contenimento per tossicodipendenti, malati psichici, migranti, prostitute e meridionali. Se si dà uno sguardo alle statistiche della composizione sociale delle galere, si arriverà alla conclusione che la giustizia italiana è stata svuotata di ogni significato.
Nel carcere di Buoncamino, a Cagliari, c’è stata una drastica riduzione dei servizi sanitari. Cosa significa questo per i detenuti?
Il carcere di Buoncammino vive un’emergenza sanitaria drammatica e senza precedenti. I fondi stanziati dal Ministero per la Sanità Penitenziaria sono esauriti: chiude il centro medico e il reparto psichiatrico. Questo significa che i detenuti non avranno più diritto alla tutela salute. Una scelta criminale che sancisce la disparità di trattamento tra cittadino libero e cittadino detenuto, dovuta in primo luogo al mancato trasferimento delle funzioni di assistenza sanitaria in carcere dall’amministrazione penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale.
Ci sono delle responsabilità per tutto questo?
Personalmente sono convinto che dietro questo disastro sanitario ci siano nomi e cognomi. Un governo nazionale e una giunta regionale funzionali solo alla propria sopravvivenza politica, e incapaci di leggere la realtà dei bisogni e delle necessità dei cittadini. Una classe politica dannosa e incapace, come la Peste. Una Peste che quotidianamente fa strage di legalità, distruggendo lo stato di diritto e cancellando i principi costituzionali.
Veronica Atzei
analisi spietata che, a mio parere, coglie molto nel segno. Bella intervista, Vero!
Condivido, Marcy! Brava Vero!
Grazie ragazze. Il mio grazie va anche Roberto per la sua disponibilità
Veronica, ti ringrazio per l’attenzione che dedichi tu e la redazione de “Il mio giornale” ai temi sociali.
LA SITUAZIONE è ESPLOSIVA, MA SE TUTTE LE ASSOCIAZIONI UMANITARIE E CITTADINI CHE CREDONO NEL RISPETTO DELLE PERSONE DETENUTE, CHE NON HANNO 5 BRACCIA E 2 TESTE SI ABBRACCIASSERO , CAPIREBBERO QUANTO è BELLO VEDERE UN SORRISO DIETRO QUELLE MALEDETTE SBARRE…