Carlo Conti e il senso della misura

di Marcella Onnis

Buon gusto e senso della misura: è questo che stiamo perdendo ed è questa perdita che sta facendo “scadere” noi e la nostra società. Mi trovo in difficoltà a fare questo discorso perché puzza di moralismo e il moralismo non è pane che amo mangiare né servire. Però, da qualche tempo c’è una vocina che mi risuona in testa con questo discorso per cui, per provare a liberarmene, ho deciso, egoisticamente, di metterle un microfono e farla sorbire anche a voi.

A far scattare l’ora, diciamo così, è stato il successo dell’ultima edizione di un programma televisivo: Tale e quale show di Carlo Conti. Immagino già le facce schifate delle persone seriosamente serie che mi staranno leggendo e, forse, le facce perplesse dei lettori seri non seriosi, ma spero che, a discorso concluso, il mio filo logico vi risulti se non condivisibile, almeno comprensibile.

All’inizio della sua carriera, Carlo Conti mi era indifferente: lo trovavo troppo “ingessato” e bravo solo a presentare. Troppo da Raiuno, insomma. E devo precisare che, allora, Raiuno era ancora coerente con l’immagine che di sé ci ha sempre proposto: tv per famiglie, tv rispettabile, tv che merita il pagamento del canone, tv tradizionalista e perbenista…

Per questo motivo, seguivo i suoi programmi più perché li guardavano  i miei  genitori – allora ancora fedelissimi abbonati Rai – che per convinzione personale. Con il tempo, però, mi sono affezionata a I migliori anni prima e poi, anche se un po’ meno, a Tale e quale show, cominciando a pensare che, anche se questo conduttore non mi entusiasmava, comunque aveva il merito di presentare programmi piacevoli.

Seguendo queste sue trasmissioni, quindi, ho potuto notare un’evoluzione nel suo modo di condurre: oggi è molto meno “ingessato”, oggi esprime qualche breve e ponderato parere sull’attualità politica, sociale ed economica, oggi si mette più in gioco (arrivando addirittura a cantare con Cirilli e Pieraccioni, nelle vesti dei Tre Tenori nella puntata finale di questa edizione di Tale e quale). Un’evoluzione che, però, a differenza di altri suoi colleghi, non l’ha portato (e spero non sia solo questione di tempo) a snaturarsi e a piegarsi alle regole auree dell’audience: lanciarsi in esibizioni artistiche per cui non si è portati; montarsi la testa; lasciar parlare gli ormoni; atteggiarsi ad opinion leader; usare l’arte e il talento per mascherare l’ennesimo triviale talk show; dare spazio ad urla, insulti e polemiche gratuite; mettere in piazza la propria vita privata; sbandierare il proprio credo politico; polemizzare con i colleghi e lanciar loro sfide…

Insomma, Carlo Conti conserva quello che a tanti, personaggi pubblici e privati, manca: il senso della misura e il buon gusto. Lo dico con grande ammirazione perché pure io l’ho perso (o forse non l’ho mai avuto?!). Lo dico perché – anche se in tanti usiamo toni accesi e linguaggio scurrile, prediligiamo la comicità volgare, scegliamo la maldicenza  come hobby principale e così via – mi rincuora vedere che in tanti, anche giovani e “moderni”, apprezziamo comunque chi ci propone qualcosa di diverso. Mi rallegra pensare che essere una persona per bene (cosa ben diversa dall’esser perbenisti) in Italia sia ancora “socialmente sostenibile”: abbiamo la tranquillità di sapere che, se finalmente ci stuferemo di essere come siamo, potremo comodamente fare inversione a U.

 

 

Foto Contattonews.it

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