Cinema: “Melancholia”, il pianeta depressione di Lars Von Trier

Il regista Lars Von Trier e l’attrice protagonista (premiata a Cannes 2011) Kirsten Dunst hanno entrambi sofferto di depressione: “se non mi fossi aperta al percorso terapeutico” – ha spiegato in alcune interviste l’attrice ventottenne statunitense – “non avrei potuto tornare a lavorare, e meno che mai recitare in un film doloroso come Melancholia, tutto imperniato sulla depressione. Quella del regista Von Trier, però, non la mia!”

La Dunst all’epoca delle riprese aveva già sconfitto la depressione, dopo essersi ricoverata alla Cirque Lodge, clinica specializzata sul trattamento della dipendenza e della depressione: “Ero arrivata a un punto della mia vita in cui dovevo assolutamente fermarmi. Avevo perso la bussola e pensavo perfino di smettere di recitare. Dovevo riesaminare da zero cosa significava per me crescere e maturare, e farlo da una zona franca, neutrale dentro di me.”

La depressione che in Melancholia invade Justine (Dunst) proprio nel giorno delle sue nozze appartiene quindi al regista. Certo, la Dunst si è spesa in un’interpretazione scandita da sguardi inebetiti, occhi che contengono il vuoto più profondo, movimenti corporei lenti e faticosi, ma è la malattia interiore di Lars Von Trier ad aver partorito scene da matrimonio inondate dalla luce malata dell’angoscia, slow motion quasi pittorici che ipnotizzano e traballanti riprese che rendono i due capitoli dedicati a Justine e all’amorevole sorella Claire (Gainsbourg) urticanti e indigesti.

“Nessuno sa per quali motivi si cade in depressione” – ha confessato Von Trier a Repubblica.it, “ma io ho una mia teoria. Sono anni che combatto con alcune fobie e credo che quando diventano intollerabili, il corpo cerchi in un certo senso di prendersi una pausa, e in questa situazione si cade in depressione. L’intensità della depressione può variare, e alcune persone vogliono gettarsi giù da un ponte”.

Nel suo caso, per fortuna, Von Trier è tornato al lavoro, prima con l’horror pornografico Antichrist e oggi con Melanchonia, in cui tutto, dalla simbologia (cavalli che dovrebbero rappresentare l’estrema forza della vita e che invece si accasciano) alla scrittura del copione (il pianeta Melancholia minaccia la terra rendendo gli uomini consapevoli di ciò che di solito li attende solo alla fine della loro vita) è un tentativo di dialogare con la propria dimensione più intima.

Un cosmico urlo di dolore, Melancholia, che, sostenuto dalle potenti orchestrazioni del Tristano e Isotta di Wagner, risulta visivamente e artisticamente indimenticabile allo spettatore.

Andrea Anastasi

1 thought on “Cinema: “Melancholia”, il pianeta depressione di Lars Von Trier

  1. sono proprio curiosa di vederlo…..ma non so se potrebbe farmi deprimere troppo…. 🙂

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