Il “coraggio” e il valore di un messaggio
di Ernesto Bodini
(giornalista e opinionista)
Parlare e scrivere di malattie, specie se croniche e dalla prognosi infausta, è sempre un impegno che comporta conoscenza della materia, etica e razionalità; ponendosi nel contempo le ragioni per le quali si intende diffondere l’argomento. Ancor più quando si tratta della parola “cancro”… vissuto in prima persona. E varie possono essere le fonti preposte a divulgare per quanto concerne le patologie tumorali, ma se la fonte divulgatrice è il malato stesso allora il valore della comunicazione si fa più “intimo”, e al tempo stesso più coinvolgente giacché il messaggio vuole essere di incrollabile speranza e di incoraggiamento. Ma anche un invito a “chi di dovere” di impegnarsi nel sostegno della ricerca per la lotta a questo male, ancora indelebile protagonista dell’esistenza umana. È di questi giorni il breve ma toccante discorso della deputata e baronessa inglese Tessa Jane Helen Douglas Jowell, baronessa Jowell (1947, nella foto), che con il suo intervento al Parlamento britannico ha commosso il Regno Unito… e non solo, grazie alla rete del web. «Alla fine ciò che dà senso alla vita – ha detto – non è solo il modo in cui la si è vissuta, ma come ci si avvicina alla fine… Spero che questo dibattito dia speranza a tutti i malati di cancro come me. Così che possiamo convivere bene col cancro, non solo morirne. Grazie». Con queste parole, la relatrice, che soffre da tempo di un cancro al cervello, si è rivolta alla Camera dei Lord anche per richiedere fondi per la ricerca contro i tumori, guadagnandosi poi una standing ovation. Ma bastano questi esempi per essere solidali con tanti altri malati? E sono sufficienti gli appelli come questo per sollecitare più fondi a favore della ricerca?
Io credo che nonostante la buona volontà nell’intraprendere iniziative-appello come questa (che partono sempre da chi è coinvolto in prima persona, ovvero il malato stesso), il genere umano che soffre è ancora troppo “debole” per essere ascoltato, ed in alcuni casi tutelato, poiché la solidarietà oggi è sempre più carente e, immedesimarsi nelle condizioni di sofferenza altrui, comporta non solo un slancio di comprensione ed immedesimazione, ma anche se non soprattutto saper dare alla vita quel valore che ben si discosta da ogni essenza venale e materialistica…; a riprova del fatto che proprio perché l’egoismo di molti si antepone alla sofferenza altrui, e il sostegno alla ricerca da parte delle istituzioni latita sempre di più. Carenza che nella maggior parte dei casi come sappiamo è colmata da iniziative private, attraverso le quali si invitano i cittadini (specie in Italia) a versare l’obolo, in cambio magari di un sacchetto di arance, di una bottiglia di vino o di una azalea nelle pubbliche piazze. Da notare che la deputata inglese nel suo intervento-appello ha sollecitato fondi rivolgendosi al Parlamento e non al cittadino comune!