Dagli, dagli al precario!

di Francesca Lippi

In Italia, è a dir poco tragicomico parlare di ripresa economica. Certo, se si considera la ripresa emotiva, un rinato ottimismo,  il desiderio di vedere il “bicchiere mezzo pieno” allora, sì, quello c’è stato, per il resto ci sembra a dir poco azzardato, considerando i dati Istat appena pubblicati . Ma certo si trattava di dati del 2014 e quindi, forse, nel 2015 un timido passettino…No, non ce la sentiamo proprio di suffragare questa tesi.

Pensiamo ai precari. Il Governo li tratta come “gli ultimi saranno ultimi” – rubo la frase al  titolo del film di Massimiliano Bruno, in uscita il 12 novembre, perché davvero per loro il danno si unisce alla beffa e davvero sono “gli ultimi degli ultimi”.

Con la Naspi, (la nuova indennità di disoccupazione) in vigore dal 1° maggio 2015, -guarda un po’ la festa dei lavoratori, ai quali questo Governo ha fatto la festa- i precari, cioè quelli che, come i docenti,  lavorano 6-7-8 mesi l’anno o anche meno e poi vengono licenziati, l’indennità di disoccupazione dura sei mesi. Senza considerare gli anni di attività svolti in precedenza e che abbiano 26 anni o 55 è lo stesso.

Mi viene in mente Manzoni, con la sua peste e quella donna rinchiusa coi suoi bambini in casa, la porta inchiodata, perché il marito era morto per il morbo. Che anche lei potesse morire di fame coi suoi figli non ancora ammalati, non interessava a nessuno, bisognava circoscrivere e annientare la pestilenza, senza guardare troppo per il sottile. Renzo veniva da fuori, non era di Milano, ma si mosse a compassione per la madre e i suoi bambini e donò loro del pane nel paniere calato dalla donna e poi chiese aiuto.

Ma quello era un romanzo. Verosimile, ma pur sempre un romanzo. La realtà dei precari, qual è? Se entro 6 mesi dall’ultimo giorno di lavoro, non vengono assunti, possono morire di fame. L’indennità Naspi termina. Nessun Renzo -Boeri dell’Inps, con le sue proposte troppo improponibili per la “Casta”, potrà dar loro del pane. Immagino che, comunque, in un’Italia in piena ripresa economica secondo i nostri ministri,  per una donna disoccupata di 60 anni sia facile trovare un lavoro, così come per un uomo di 55. Di nuovo mi assalgono ricordi di studio “quel dagli, dagli all’untore!” gridato a Renzo in quella Milano pestilente  e inospitale, solo che, nel nostro caso, la trasposizione esce spontanea e  “dagli, dagli al precario!” diventa lessico automatico e attuale.

Non parlatemi di disfattismo, non potrei sopportarlo.

 

 

 

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