Dalle Moderne Tecniche di Cardiologia Interventistica, al Benessere Sociale nelle varie Età
Si è concluso a Torino il primo ciclo dedicato al tema della prevenzione e della salute
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)
Con le due ultime conferenze sulla prevenzione delle patologie, ospitate dal Molecular Biotecnology Center di Torino, si è concluso il programma culturale dedicato ai Lunedì pomeriggio della Prevenzione e della Salute, a cura della associazione non profit “Più Vita in Salute” presieduta dal suo fondatore dott. Roberto Rey. Gli ultimi due appuntamenti hanno riguardato i temi: “Il futuro della Cardiologia interventistica: dalle nuove tecnologie all’intelligenza artificiale”, a cura del Dott. Federico Conrotto (nella foto) responsabile dell’Emodinamica della Cardiologia Universitaria dell’ospedale Molinette di Torino; e “Il malessere e il benessere nel ciclo di vita: le sfide esistenziali nelle cinque età”, a cura del Dr Luciano Peirone psicologo, psicoterapeuta, scrittore e assiduo relatore nelle sedi della Università della Terza Età. In epoca pre-covid la malattia cardiovascolare era tra le principali cause di morte (30,2%), a seguire le malattie neoplastiche, neurodegenerative, etc.; dati in parte trascurati dai mass media i quali solitamente danno maggior risalto a fatti di cronaca in quanto tali, e la malattia cardiovascolare “copre” solo il 2,5% da parte dei media. Relativamente al futuro della cardiologia interventistica il dott. Conrotto ha ricordato che è un aspetto fondamentale anche per lo stretto rapporto “Cardiologia-Tecnologia”, ma ciò va rilevato anche dal punto di vista terapeutico grazie alla evoluzione delle terapie biologiche, sempre più specifiche e mirate. La cardiologia interventistica si occupa di interventi sul muscolo cardiaco, adottando metodiche mininvasive attraverso l’accesso percutaneo vascolare. «Diversi i pionieri in questa disciplina – ha ricordato il relatore – come l’americano dott. Emason Sones (1918-1985) il cui lavoro pionieristico nel cateterismo cardiaco risale 1958, eseguendo un’angiografia selettiva delle coronarie, e quindi determinante nello sviluppo sia della chirurgia di bypass delle arterie coronarie che della cardiologia interventistica. I grossi trattamenti dipendono dal fatto che è possibile visualizzare le coronarie attraverso i RX con mezzo di contrasto in vena: dall’arteria radiale o femorale. Successivamente, nel 1967, il dott. Melvin P. Judkins (1922-1985), un genio dell’arteriografia selettiva, creò una selezione di curve di cateteri angiografici per visualizzare meglio le coronarie». Altro personaggio di medesima valenza il medico e radiologo tedesco Andreas Roland Grüntzig (1939-1985), il primo a sviluppare, nel mondo, la metodica dell’angioplastica coronarica con successo. Pensò, infatti, che fosse possibile dilatare i restringimenti coronarici attraverso un palloncino: nel 1977 eseguì il primo trattamento di una patologia vascolare utilizzando l’approccio percutaneo, proprio perché le coronarie possono ammalarsi verificandosi una ostruzione parziale o totale delle stesse. Da allora in poi l’evoluzione tecnologica ha fatto notevoli progressi, tant’è che le coronarie vengono dilatate posizionando i cosiddetti “stent”, prodotti di sofisticata ingegneria biomedica comprensivi di farmaci che impediscono alla placca di riformarsi, e considerando nel contempo la facilità di esecuzione nell’approcciare le coronarie stesse. “L’angioplastica e la coronarografia – ha proseguito il clinico – hanno avuto un sensibile sviluppo tant’è che in Italia nel 2021 si fanno ogni anno oltre 300 mila coronarografie di cui circa 35 mila per il trattamento dell’infarto miocardico (IMA). Negli ultimi anni l’interventistica vascolare cardiaca si è arricchita di “performance”: oltre a trattare le coronarie si è in grado di trattare tutte le patologie cardiache in genere, quasi sempre con approcci mininvasivi; e ciò rappresenta uno sviluppo definito come un vero e proprio rinascimento della cardiologia interventistica: coronarica, strutturale, valvolare e delle cardiopatie congenite». Un altro pioniere è il dott. Alain Cribier (1945), cardiologo interventista francese, professore di Medicina e direttore di Cardiologia presso l’ospedale Charles Nicolle dell’Università di Rouen, meglio conosciuto per aver eseguito il primo impianto di valvola aortica transcatetere al mondo nel 2002, la prima commissurotomia mitralica nel 1985, e la prima valvuloplastica aortica con palloncino nel 1986. Il relatore ha richiamato alla memoria un altro protagonista, il dott. Eugene Braunwald (1929), medico austriaco naturalizzato statunitense, che ha svolto la sua attività clinica e di ricerca nel campo della Cardiologia e della Medicina Interna presso la Harvard University di Boston; fu il primo a dimostrare i vantaggi della TAVI (impianto valvolare aortico transcatetere), un notevole vantaggio rispetto alla cardiochirurgia, in quanto innovativa tecnica mininvasiva tramite accesso percutaneo, senza dover ricorrere all’apertura dello sterno e senza fermare il cuore. Ora resta da “seguire” l’evoluzione sino ad ottenere l’equivalenza della TAVI con la Cardiochirurgia, e la tecnologia interventistica lo sta dimostrando. «In merito alle nuove frontiere della cosiddetta intelligenza artificiale (I.A.) – ha concluso il dott. Conrotto –, ossia lo sforzo per automatizzare le attività intellettuali normalmente eseguite dagli esseri umani, va citato lo psicologo inglese Alan Turing (1912-1954), matematico, logico, crittografo e filosofo, considerato uno dei padri dell’informatica e uno dei più grandi matematici del XX secolo, e che ha aperto la strada a questa innovazione. Le sottoclassi della I.A. sono la Machine Learning: tutte le tecniche che danno ai computer la capacità di apprendere senza essere esplicitamente programmati per farlo, e la Deep Learning: un sottoinsieme di dati che rende fattibile il calcolo di reti neurali multistrato. La Medicina se ne avvantaggerà notevolmente, e già oggi è in grado di identificare una diagnosi (ed eventuali conseguenze), positiva o negativa, praticamente con totale certezza».
Ma cosa si intende per benessere e malessere nel ciclo di vita? È certamente un quesito di grande rilievo sociale che il dottor Luciano Peirone (nella foto) ha cercato di approfondire, sia pur in sintesi, evidenziando che le sfide esistenziali riguardano l’essere umano nel corso delle cosiddette cinque età. «La prima età – ha spiegato – inizia dal concepimento ed arriva a 30 anni, e da questo momento in poi subentra l’età di lavoro, ovvero l’inizio della totale indipendenza soprattutto dal punto di vista psicologico e culturale. La seconda età va dai 31 ai 64 anni e coincide con l’area cronologica del lavoro. La terza età va dai 65 ai 75 anni, la quarta età dai 76 ai 90 anni, e la quinta età dai 91 anni in poi. L’arco che va dalla quarta al quinta età le condizioni economiche e sanitarie sono generalmente favorevoli; mentre per ogni fase della vita si hanno bisogni, problemi, soluzioni, sfide, e anche resilienza, ossia capacità umana di affrontare i problemi della vita in modo efficace e con un certo ottimismo». Il relatore ha posto pure in evidenza la fascia di età relativa agli adolescenti e giovani in cui si possono manifestare malessere e/o disagio, e ciò in quanto potenzialmente vanno incontro a disturbi del comportamento alimentare, assunzione di alcol e droghe, oltre ad assumere guida spericolata, negazione dei rischi e il piacere delle sfide, qualunque esse siano. «Altro capitolo per questa fascia di età – ha precisato – riguarda l’approccio ai mezzi informatici (internet, smartphone, videogames, etc.) che possono indurre ad aggressività, violenza, ma anche bullismo, sessualità priva di significati, vendetta pornografica, noia, tristezza, depressione; ma anche effetti psichici come quelli a seguito del long Covid, oltre ai pregressi a causa del lockdown. E ciò con tutta una serie di conseguenze dovute alle restrizioni, con l’esigenza di riattivare i rapporto sociali; per non parlare poi della tendenza all’autoisolamento (Hikikomori) privandosi di ogni contatto se non quello virtuale». Il malessere e disagio negli adulti si riferisce a situazioni che comprendono stress lavorativo, la ludo-azzardopatia, la violenza di genere fisica e psicologica, sia maschile che femminile, pornrevenge, femminicidio, e lo shopping ossia la dipendenza fisica della spesa compulsiva, specie online. «La fascia degli anziani relativa all’età dai 65 anni in poi – ha precisato lo psicologo – non è priva di uno stato di malessere in quanto anch’essi vanno incontro ad ansia e depressione, separazioni e divorzi, vedovanza, solitudine ed autoemarginazione; ma non possono mancare in questa fascia di età gli aspetti della cultura e l’educazione permanente. La cultura, infatti, è prerogativa della terza e quarta età, tant’è che non a caso molte sono le sezioni delle cosiddette “Università della Terza Età” con proposte di incontri culturali con ricadute positive sull’invecchiamento attivo e positivo, peraltro favorevolmente psicologico». Il concetto di cultura essenzialmente significa essere in possesso di significati, dare un senso alla vita, alla progettualità e quindi alla nostra esistenza, etc. Ben si inserisce quindi l’educazione permanente e l’apprendimento costante lungo la durata della propria esistenza e della psicologia della salute tale da favorire informazione, sensibilizzazione, educazione, socializzazione, aggregazione, etc. Un processo di invecchiamento che deve essere salutare e non privo di saggezza… Il relatore ha richiamato anche il concetto di famiglia, che in taluni casi è presente fisicamente e materialmente, ma assente dal punto di vista educativo con la conseguenza di casi di fallimento della socializzazione primaria e secondaria, il cui risultato complessivo è il disagio adolescenziale e/o giovanile. Da tutto ciò si va incontro al processo di involuzione della famiglia: progressiva perdita di funzioni e ruoli, genitori sempre meno operatori educativi, etc. Oggi, parte dei cosiddetti vecchietti sono tornati a “studiare” frequentando sedi ed attività culturali, e ciò equivale a salute, ma anche il poter praticare sport in quanto azione di movimento e vita. Ma alla fine cos’è che migliora? «I benefici – ha spiegato il relatore – sono di carattere psico-culturale che sono attendibili proprio con l’educazione continua e con l’apprendimento nel corso della vita; quindi, migliora la percezione, la memoria, l’affettività, l’autoefficacia, l’autostima, l’autoconsapevolezza, la capacità progettuale e risolutiva dei problemi (problem solving), il senso di benessere, la sensazione di sicurezza interiore, l’autosufficienza, l’autonomia e, ovviamente, l’amore per sé stessi. Nella società odierna (civiltà avanzata) i cosiddetti anziani, se diventati “ex anziani o seniores”, ossia sani autosufficienti, consapevoli, persone che fanno tesoro delle esperienze e che in qualche modo si richiamano alla saggezza, quindi più vitali nell’aver raggiunto la terza e quarta età: stanno meglio degli adolescenti, dei giovani e degli adulti». In tema di sanità il dottor Peirone non ha però mancato di rammentare il rapporto medico-paziente, oggi sempre più ridimensionato specie in riferimento al medico di famiglia, in quanto ciò lo attribuirebbe alla scarsità di tempo da parte del medico stesso. Ma la saggezza e il raziocinio dovrebbero essere da ambo le parti, soprattutto in considerazione di patologie particolarmente importanti come quelle oncologiche e neurodegenerative, le quali richiedono un approccio comunicativo ovviamente verbale e, quando non è possibile, non verbale: sonoro o mimico, «perché – ha precisato Peirone – a volte nella capacità comunicativa non conta il significato delle parole, ma la sonorità (come la musicoterapia), e ciò può indurre a qualche beneficio».
Foto a cura di Giovanni Bresciani