Dall’Educazione civica alla Cittadinanza e Costituzione
Un percorso di decenni ma che poco ha insegnato. Qualche riflessione sulla evoluzione dell’Ordinamento Scolastico e Costituzionale.
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
È ancora il caso di “chiamare in causa” i principi dell’Educazione Civica? E a che titolo? Lo scorso anno il ministro dell’’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini annunciò lo stanziamento di 25 milioni di euro all’anno per rafforzare l’insegnamento della Storia dell’arte nelle scuole, un utile “incentivo” perché a detta del ministro tale materia non deve essere considerata “accessoria” ma “strutturale” del percorso formativo, come pure la musica che non ha pochi… sostenitori. Ma se la considerazione di tali materie ha ragione d’essere e messa in pratica, non fosse altro per il valore costitutivo, oltre che formativo e culturale, ve n’é un’altra da fare: per quali ragioni l’Educazione Civica è caduta nell’oblio tanto da non essere più insegnata nella scuola dell’obbligo? Anche se alcuni l’hanno ribattezzata “Cittadinanza e Costituzione”, il problema pare non essersi smosso più di tanto se non per un provvedimento legislativo.
Nel 1958 il ministro Aldo Moro introdusse la materia di Educazione Civica nelle scuole medie e superiori: due ore al mese obbligatorie, affidate all’insegnante di Storia, senza alcuna valutazione; ma da anni non la si insegna più, tuttalpiù se ne sente parlare per una sorta di ecolalia retorica. Per contro Cittadinanza e Costituzione è diventata materia per effetto del decreto legge con decorrenza per l’anno scolastico 2008/2009, e sia nel primo che nel secondo ciclo (per 13 anni) con un orario di un’ora a settimana, pari a 33 ore annuali, ossia 429 ore nella carriera scolastica di un alunno, inserite con l’insegnamento di Storia e Geografia. Secondo quanto spiega “TuttoscuolA” non si tratta di un ritorno alla “vecchia” Educazione Civica (personalmente posseggo una copia del piccolo manuale), né di una variante della “Educazione alla convivenza civile” introdotta dalla riforma Moratti con carattere interdisciplinare, ma di una vera e propria nuova disciplina, con valutazione autonoma e specifica. Ciò significa che ciascun studente deve dimostrare di aver studiato ed appreso i principi e i valori della Repubblica Italiana, pena la bocciatura… Il “modello” precedente è ormai considerato una sorta di cenerentola del sapere e del comportamento civico, i cui contenuti erano “scivolati” nella marginalità, tanto da essere considerata una appendice facoltativa, poco incisiva sul profitto degli studenti.
Tralasciando l’elencazione dei criteri principali che determinano, o possono determinare, questa nuova materia, vorrei far osservare che non è solo con una innovazione di concetti e di principi che un cittadino può essere indotto alla conoscenza ed al rispetto dei valori costituzionali, ma dimostrargli che chi è preposto alla conduzione di un Paese (politici e amministratori nazionali e locali) è il primo a dover rispettare la Carta costituzionale. Ma questo non basta perché alla luce dei fatti (sempre più quotidiani) tali valori sono continuamente disattesi se non calpestati, a cominciare dai reati non perseguiti, alla non certezza della pena, alle condanne di persone innocenti (dal 2002 ad oggi sono stati accertati 29.000 casi), e quindi alla necessità di rivedere il Codice di Procedura Penale; sino ad arrivare alla fatidica ed ancestrale “burocrazia”, un malessere (meglio sarebbe definire una “cariatide” dura da estirpare) che mette in ginocchio anche il più impavido e determinato dei cittadini, sempre che voglia considerarsi ancora figlio della sua Patria.
Faccio queste affermazioni volendo richiamare l’attenzione sul disatteso art. 3 della Costituzione, che testualmente recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8,19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Ma anche il non sempre rispettato art. 32, che pure testualmente recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Infine, nell’ultimo capoverso delle Disposizioni transitorie finali, si legge: “La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato”. A tutto ciò si potrebbero aggiungere molte incongruenze, una per tutte: in non poche Istituzioni pubbliche (ad esempio gli ospedali) il volontariato sostituisce la carenza di organico (generalmente gli Operatori Socio sanitari), mentre ciò sarebbe vietato… Infatti, attualmente sono circa 5 milioni i cittadini volontari impegnati su vari fronti, e tanti altri versano contributi (in denaro) per la ricerca scientifica perché lo Stato in questo ambito non investe nemmeno l’1% del PIL.
Ora, io credo che pur volendo considerare l’evoluzione dei tempi in fatto di rivisitazione del concetto di educazione civica, sarebbe utile (se non indispensabile) trasmettere al cittadino comune qualche nozione inerente la burocrazia, spiegando etimologia, origini e processi evolutivi, ma soprattutto dare i più “genuini” suggerimenti sul come affrontare la tracotanza di determinati burocrati (in divisa e non), che proprio per il potere assunto dietro una scrivania spesso e volentieri ledono i diritti e soprattutto la dignità del cittadino, che il più delle volte ha anche ragione… Purtroppo il burocrate non si rende conto di essere a sua volta un cittadino della stessa Patria ed anche suddito del sistema, una “dimenticanza” che il più debole (anziani e disabili in primis) a volte paga a caro prezzo… Quindi ben vengano innovazioni, ma tra queste annoveriamo l’abolizione tout court di ogni sistema burocratico perché, in caso contrario, non si può parlare di progresso civile e tanto meno di… reale democrazia. Un’ultima considerazione: dappertutto sta scritto che “la legge è uguale per tutti”, ma da come vanno le cose sarebbe da rettificare in “la legge è uguale per chi se lo può permettere…”