Diritti e Doveri: meglio vederci chiaro… nel rispetto della Costituzione
di Ernesto Bodini
(giornalista e opinionista)
La storia della civiltà umana, si dice (e si insegna?), non è che un susseguirsi a volte di fecondo (ma più sovente sterile) progresso di convivenze collettive, oggi sempre più mal sopportate che, se orientate verso nuove strutture e “corretti” equilibri sociali, si evolvono sino a costituire uno Stato democratico, perché la sopraffazione e l’alienazione vengano spodestate dall’affermazione incontaminata dei princìpi fondamentali di libertà e giustizia: vero e insostituibile patrimonio dell’umanità, tutta. Ma la vita, vista nel suo contesto sociale, crea inevitabilmente esigenze che tendono a “soffocare” la voce del singolo (vox clamas in deserto) che rimbalza quando sente imperioso il bisogno di reclamare questi o quei diritti (mai disgiunti dai doveri) che, in molti casi, possono sviluppare e potenziare la sua umana personalità (comma 2 art. 3 della Costituzione). Ed è così che le conseguenti regole di convivenza diventano, appunto, diritti e doveri riconosciuti al singolo come tale e diritti che il medesimo acquista in funzione della sua appartenenza alla collettività: mater artium necessitas (la necessità è la madre delle arti). Nel nostro Paese la Costituzione, che pare improntata alle più moderne regole del vivere sociale, dedica 42 articoli ai diritti e ai doveri dei cittadini che non tutti conoscono, anche perché c’è ragione di ritenere che sono pochissimi i cittadini che hanno in casa una copia della Carta Costituzionale. Sono altresì inclusi interessi individuali e l’interesse generale. Nel primo caso si fa riferimento alle particolari esigenze dei cittadini (tutelati dalla legge? Non direi proprio!); nel secondo caso, invece, il fine è (o dovrebbe essere) quello di soddisfare l’esigenza collettiva, trovando riscontro nella norma giuridica una protezione preminente e inderogabile. A riguardo rammento quanto precisava il politico e filosofo francese Luis de Bonald (1754-1840): «La Costituzione di un popolo è il modo della sua esistenza; e chiedersi se un popolo con quattordici secoli di storia, un popolo che esiste ha una costituzione, è come chiedere a un arzillo ottuagenario se è costituito per vivere».
Premesso che dovrebbe essere a tutti nota la distinzione tra Diritto Privato e Diritto Pubblico, viene da domandarci: in quale misura devono essere sacrificati gli interessi individuali rispetto a quello generale? In sede di profonda analisi, che non è dettata dal mero egoismo, è inevitabile protendere (sia pur nel rispetto delle dovute eccezioni) per l’interesse individuale (liberalismo) che, seppur in opposizione alla tesi collettivista (interesse generale), non è facile proporre una soluzione intermedia, nel qual caso, possibile causa di disorientamenti o posizioni di comodo… Tuttavia, proprio perché la saggezza consiste nell’abilità di scoprire alternative, ed ogni lodevole comportamento ubbidisce all’intelletto, sarebbe auspicabile un intervento che funga da arbitrariato per far osservare i doveri e rispettare i diritti di ciascun individuo, e ciò, sarà tanto più fattibile quanto maggior sarà il buon senso e la presa d’atto delle responsabilità delle istituzioni e di quanti ne fanno parte. Se è vero che l’azione giusta è quella dettata dalla logica e dall’intelletto, tale buon senso deve trovare riscontro nella applicazione concreta dei principi e delle norme Costituzionali a partire dal 1° al 139° articolo, comprese le 18 Disposizioni transitorie finali. Non a caso, credo, l’ultimo comma della 18ª Disposizione così recita: «La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato» (patere legem, quam ipse tulisti; ossia chi fa legge deve osservarla). Ho detto “credo” perché sono ormai troppe le discordanze e soprattutto le inosservanze dei Diritti Costituzionali (l’art. 3 vale per tutti), ed è noto che promulgare una legge e non farla rispettare è come autorizzare la cosa che si vuole proibire…). Ma a tal riguardo bisognerebbe fare il punto sulle imposizioni fiscali soprattutto a carico del cittadino a reddito fisso; od ancor peggio, a reddito zero… E guarda caso, tali provvedimenti interessano settori a dir poco “vitali” per il cittadino che, suo malgrado, contribuisce anche per i suoi simili… evasori. Egli elargisce e forse non capisce anche se memo sua sorte contentus (nessuno è contento della propria condizione).
Un esempio eclatante e purtroppo sempre ricorrente è dato dalla realtà dei disabili, ancora oggi in gran parte “rifiutati” o non considerati dalla società (forse perché è ancora dominante la “cultura del bello”), i cui diritti sono puntualmente calpestati e rigettati come, ad esempio, l’inosservanza dell’abbattimento delle barriere architettoniche, del diritto ad un posto di lavoro, al trasporto agevolato, all’insegnante di sostegno, etc. E per dirla fino in fondo la Riforma del Titolo V della Costituzione (in vigore dall’8/11/2001) non ha dato certo dei buoni risultati, perché lasciando le competenze agli Enti territoriali (Regioni, Province, Comuni) parallelamente non solo non c’è stato aumento della loro autonomia fiscale, ma è seguita negli anni una serie di scandali in quasi tutte le Regioni italiane, e il capostipite del vessillo di «Roma ladrona la Lega non perdona», docet… vista la conclusione sua e dei suoi accoliti (famigliari e non) tanto da innalzare quella bandiera denominata “Federalismo”, oggi sempre più detestabile nell’arco costituzionale… Quindi, la società come lo Stato sono assenti sempre di più rispetto agli altri paesi della Comunità europea. Queste inosservanze legislativo-costituzionali, la cui inversione dovrebbe essere preceduta dal buon senso e dalla razionalità (e qui non c’è legge che tenga) si contrappongono alla “continuità” dell’esistenza umana, la cui serenità è preclusa proprio ai meno abbienti (disabili e soggetti in estrema povertà), tant’è che l’indifferenza e l’egoismo fanno molto presto a confinarli in un limbo senza speranza, percorso da continue delusioni. Un comportamento, a mio dire, tendenzialmente “speculativo” se l’unica possibile alternativa a queste violazioni fosse abbandonare questi cittadini a sé stessi. Per evitare di mantenere il cittadino (abbiente o meno) in uno stato di oblio, spending review a parte, lasciandogli solo la facoltà di domandarsi se è giusto che lui esista oppure no, e se si vuole attuare proponimenti di buon senso civico e responsabile, è bene rivedere in toto le problematiche sociali (sanitarie e assistenziali in primis) auspicando concrete soluzioni attraverso semplici innovazioni, in quanto tali rappresentano il traguardo del sapere che ne garantisce la realizzazione e la genuinità. La sete di giustizia è una arsura senza fine, e proprio per questo è diritto di tutti potersi dissetare alla fonte… incontaminata. E ciò rammentando quanto sosteneva il filantropo e premio nobel per la Pace Albert Schweitzer (1875-1965): «Qualunque siano i diritti fondamentali degli uomini, si possono garantire pienamente soltanto in una società stabile e ben ordinata. In una società disordinata l’uomo, con il suo desiderio essenziale di vivere bene, spesso determina l’indebolimento dei suoi diritti fondamentali».