DISCORDANZE, IRRAZIONALITÀ E COCCIUTAGGINE I NEMICI DI UNA BUONA RIPRESA
Tali indici denotano quanta carenza culturale alberga in molte persone di ogni dove, vanificando in parte il prezioso lavoro di ricercatori e clinici che, oggi, in parte vanno diminuendo e nulla o poco si fa per contenere anche questo allarmante fenomeno.
di Ernesto Bodini *
Sono trascorsi oltre due anni e mezzo dall’inizio della pandemia a causa della Sars-Cov-2 e, nonostante i molteplici provvedimenti per contenere il fenomeno più o meno discutibili (come discutibile la gestione politico-sociale e dell’informazione sin dagli esordi), si continua oggi ad assistere ad un ulteriore incremento di casi infettati dal virus, in considerazione di alcune varianti dello stesso. Ma bisogna essere necessariamente degli addetti ai lavori per entrare nel merito di questa evoluzione? Non intendo certo peccare di presunzione, ma credo che oltre le cifre già di per sé eloquenti si possano commentare gli ultimi provvedimenti in merito alla riduzione delle restrizioni cautelative. A mio avviso fin con troppo anticipo si è dato il via libera allo “stop mascherine”, ossia dal 16 giugno è caduto l’obbligo di tale utilizzo in cinema, teatri e luoghi sportivi al chiuso, ma l’utilizzo (d’obbligo) rimane per gli ospedali, le Rsa e i mezzi di trasporto. Definire tale provvedimento una idiozia e una irresponsabilità è mero eufemismo, sia perché sussistono i cosiddetti no vax e sia perché i consistenti assembramenti (come i recenti spettacoli con decine di migliaia di fan per seguire le performance di Vasco Rossi e Jovanotti) sono bacini di prolifiche infezioni, e questo implica il rischio di reinfettarsi da parte di chi è stato malato, e sia pur guarito; per contro, nonostante l’obbligo in vigore sui mezzi pubblici la maggior parte dei passeggeri non usa la mascherina e nessuno interviene in merito. Da più fonti, ad eccezione dei pochissimi pareri avversi (a mio parere per ragioni più ideologiche che razionali) si sostiene che la mascherina FfP2 in particolare (oltre alle tre dosi di vaccinazioni) resta un valido mezzo preventivo sia per chi la indossa e sia per gli altri. Quindi, l’odissea pandemica non ha terminato il suo percorso e ben pochi (anche tra gli addetti ai lavori) hanno compreso le potenzialità estensive di questo virus e ora, come se non bastasse, si sta affrontando il conseguente problema del cosiddetto Post Covid o Long Covid, ovvero, più passa il tempo dall’inizio della pandemia e più si scoprono gli effetti inattesi a lungo termine del nuovo Coronavirus. Le ricadute si vanno prolungando in una coda lunga che non riguarda solo la salute fisica e psicologica delle singole persone, ma anche il benessere della collettività e la tenuta del SSN. Ma volendo dedicare uno sguardo ai numeri, in Italia attualmente oltre un milione sono i positivi al Covid, 30 milioni (rispetto ai 23 milioni di non vaccinati nel 2021) i cosiddetti indifesi o completamente indifesi che potrebbero contrarre l’infezione o addirittura reinfettarsi una seconda e anche una terza volta; mentre sono 36.282 i nuovi contagi del 4 luglio scorso, 59 le vittime e con aumento dei ricoveri ordinari e in terapia intensiva. Il contraccolpo sugli ospedali subirà probabilmente un ulteriore impatto: il 1° luglio del 2021 si sono registrate 882 infezioni, 1.676 ricoveri nei reparti ordinari e 270 in terapia intensiva. Più estensivamente, sempre in Italia, dal 22 al 28 giugno di quest’anno i casi positivi registrati erano 85.213, i pazienti in terapia intensiva 248, i casi da inizio pandemia risultavano essere stati 18.438.877, e i deceduti da inizio pandemia 168.294. Ma quale la situazione in Europa? Sono cinque i Paesi con il maggior numero di nuovi casi al giorno, e la media dell’ultima settimana risultava essere in: Germania (81.151), Francia (57.419), Italia (54.870), Spagna (16.917), Grecia (11.737); con il maggior numero di decessi al giorno, rispettivamente (74 – 61 – 56 – 45 – 40).
Il dramma della carenza di infermieri nel mondo
Nel mondo la situazione è la seguente: dall’inizio della pandemia i casi registrati risultano essere 545.558.775, i decessi 6.332.829. Ora, se queste cifre non sono sufficienti a far “rinsavire” le menti ottuse, si spera almeno che rammentare la precarietà del personale sanitario (medici e infermieri in particolare), possa indurre i politici-gestori a prendere i necessari provvedimenti per garantire il più possibile l’assistenza sanitaria. A livello internazionale, quindi compresa l’Europa e il nostro Paese, il problema della carenza di infermieri ad esempio è assai preoccupante, in quanto nel 2020 l’OMS avvertiva che in tutto il mondo mancavano 5,9 milioni di infermieri, quasi un quarto dell’attuale forza lavoro, pari a 28 milioni di persone. Il sottodimensionamento più evidente si registrava nei Paesi a reddito medio-basso dell’Africa, dell’America Latina, del sudest asiatico e del Mediterraneo orientale. Una situazione di per sè preoccupante ma ancor più a causa della pandemia in quanto dal gennaio 2020 al maggio 2021 sono deceduti per Covid-19 oltre 180 mila operatori sanitari. Ma molti altri hanno accusato problemi di esaurimento fisico e mentale, aggravato proprio dalla difficoltà nel gestire la “confusione” e la paura prodotti dalle ripetute ondate del virus. «La carenza di infermieri in tutto il mondo – come ha dichiarato al periodico settimanale Internazionale dell’1 luglio, Howars Catton, amministratore del Consiglio internazionale degli Infermieri – rappresenta una delle più grandi minacce sanitarie. Fino a 3 milioni di infermieri potrebbero lasciare la professione prima del previsto a causa della pandemia». Questo malefico nemico dell’umanità ha causato notevoli danni senza precedenti alla professione infermieristica a livello mondiale, e si tratterebbe di varare un piano d’azione urgente e concreto, che comprenda il monitoraggio dei flussi transfrontalieri degli infermieri e intensificare gli accordi bilaterali tra i Paesi ricchi e quelli in via di sviluppo. Il tutto all’interno di un intervento coordinato a livello nazionale e internazionale. «La gente ha bisogno di infermieri in tutto il mondo – ha dichiarato allo stesso settimanale, Yvonne Ribi, direttrice dell’Associazione svizzera degli infermieri –, altrimenti ci saranno sofferenze, morti e costi sanitari più alti… Uno dei punti fondamentali è che l’assistenza infermieristica non deve essere considerata un costo per un paese, ma un investimento… e gli infermieri sono al centro della ripresa economica».
* (giornalista scientifico e opinionista)