Don Bosco, un uomo e un santo ma anche un “enigma” senza paradossi

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

Sono numerose le testimonianze editoriali e giornalistiche (soprattutto biografiche) dedicate a figure storiche laiche e non che hanno caratterizzato il nostro la regione subalpina, mettendo in risalto personalità ed opere che possiamo ricordare sia per i particolari eventi storici che per l’impronta culturale da essi lasciata. Tra questa, ritengo doveroso riproporre quella di San Giovanni Bosco, uno dei personaggi dai risvolti umani, psicologici ed affettivi più rappresentativi dell’Ottocento piemontese tanto da indurre ancora oggi fedeli e storici a riflessioni che trovano riscontro nella più intima essenza dell’essere umano. Di umili origini, Giovanni Melchiorre Bosco nasce il 16 agosto 1815 nella casa “I Becchi” di Castelnuovo d’Asti. A vent’anni indossa l’abito clericale e il 5 giugno 1841 è ordinato sacerdote a Torino. Sono queste le prime tappe della sua vita, preludio ad una fede divina ed incrollabile. Il suo apostolato, vissuto in uno dei periodi più movimentati della storia d’Italia che vanno dalla Restaurazione post-napoleonica ai primi difficili passi di Roma capitale del Regno italiano, dalle agitazioni mazziniane alle controversie fra Stato e Chiesa, trova la sua giusta collocazione di uomo di chiesa ma anche di uomo in quanto tale. Quest’ultimo “ruolo” è ben descritto nella biografia dello storico piemontese Mario Ruberi (“Don Bosco uomo e santo”) con particolare interpretazione, attraverso la quale pone in evidenza i profondi risvolti umani di cui don Bosco era dotato, soprattutto per il recupero e l’assistenza della gioventù che, a quei tempi, rappresentava uno dei più delicati problemi di ordine civile e morale. Ma don Bosco, che ogni ostacolo e avversità sapeva superare poiché d’indole battagliera e tenace ma nello stesso tempo umile, non mancava di notevole cultura che gli permise, tra l’altro, contatti ed amicizie con la nobiltà del suo secolo. Fra le molteplici iniziative (oltre alla fondazione dell’Opera Salesiana) si avvicinò al mondo della carta stampata divenendo scrittore ed editore.

La sua produzione letteraria consta di circa 80 opere scritte e pubblicate… «poiché tutto nella vita del Santo – scrive Ruberi – porta i segni della sua grandezza e della passione travolgente che caratterizza il suo fare quotidiano». Anche se gli scritti, i libri e la narrativa (di carattere prevalentemente divulgativo) di don Bosco non si collocano fra i testi della più elevata letteratura, denotano ugualmente un’ottima preparazione storico-culturale, dotata di stile verosimilmente manzoniano e classicista. Tra le opere più significative sono da ricordare “Storia Sacra”, “Storia Ecclesiastica, Storia Sacra”, “Storia d’Italia”; mentre tra i libri ascetici sono da annoverare “Il giovane provveduto” e “In Preghiera” che ebbero numerose edizioni. Scrisse altri libri dal tono polemico per contrastare la propaganda protestante e valdese; mentre l’aspetto didattico lo curò pubblicando “L’enologo italiano” nel 1844 e “Il sistema metrico decimale” nel 1846, divulgazione che servì ad insegnare al popolo i nuovi sistemi di misura instaurati da Napoleone che dovevano entrare in vigore nel 1850. Proclamato Patrono degli Editori Cattolici da Pio XII il 24 maggio 1946, don Bosco è considerato ancora oggi una delle figure più significative dell’Ottocento italiano, ma anche «Uno dei testimoni – come ha precisato l’on. Giovanni Goria (1943-1994) – di grande levatura morale che, calandosi nella realtà umana, ha portato qui il suo apostolato di Uomo e di Santo». Ovvero, una sorta di correlazione tra ciò che serve da stimolo al desiderio di procurare agli altri il bene, e ciò che induce alla credenza dei doveri dell’uomo verso Dio. Altri aspetti di don Bosco, che il liberale Urbano Rattazzi (1808-1873) definì «la più grande meraviglia del secolo XIX», e che lo scrittore Umberto Eco lo definisce oggi “geniale riformatore”, restano più incerti della sua figura fisica. Per certi aspetti enigmatico, inteso come “mistero”, questo santo, oltre ad apparire diverso dal Cafasso e dal Cottolengo ma anche da altri “santi sociali torinesi” che gli furono quasi contemporanei, rappresenta una vicenda legata a persecuzioni diaboliche, a miracoli strepitosi, a sogni profetici e a premonizioni… Ed altro ancora. Un testimone del suo tempo, un santo, un mistero; ma anche “un uomo da leggenda”, come l’ha definito più sinteticamente Victor Hugo.

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