Donazione degli organi: un “contributo” alla solidarietà nel ricordo di Nicholas Green

Reginald Green con sua moglie

Nicholas Greendi Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

In questi giorni a Siena è in corso un convegno della Società Italiana Trapianti d’Organo (S.I.T.O.) per fare il punto sulla situazione dei trapianti d’organo (tra i relatori lo statunitense Mr Reginald Green). E come riporta l’Agenzia ANSA, “L’effetto Nicholas” continua nel tempo, anche a distanza di 20 anni, ossia da quando nel 1994 il piccolo Nicholas Green venne ucciso durante un tentativo di rapina sulla Salerno – Reggio Calabria. Per questo ventennio, che segna conseguentemente il più nobile atto di bontà dei genitori Green dando il consenso alla donazione dei suoi organi, desidero contribuire riproponendo in parte l’intervista che feci a Reginald Green (oggi 85 enne), ospite dell’Aido subalpina, pubblicata nel 1998 dal periodico “La Voce dell’A.I.D.O. Piemontese” di cui ero direttore responsabile.

 

A COLLOQUIO CON MR REGINALD GREEN

Di nazionalità inglese, vive in California (69 anni ben portati), amante dell’arte e della storia del nostro Paese, ci ha rilasciato volentieri questa intervista in un clima di estrema cordialità ed amicizia.

primo piano di Reginald GreenMister Green, secondo lei la solidarietà ha (per così dire) un codice universale?
“Si. Secondo me la solidarietà è un fatto universale, soprattutto per quello che riguarda la donazione degli organi. È evidente dimostrazione che le cose in comune fra i vari individui, in qualche parte del mondo, sono molto più delle differenze e molto più importanti: si possono trovare persone di colore che hanno ricevuto il cuore da un bianco, una donna bianca che ha ricevuto un rene da un ispanico; e questo è un fenomeno che sicuramente pone sullo stesso piano ricchi, poveri, o persone politicamente avverse, di fronte alla decisione di donare un organo”

Qual è il suo pensiero sulla filosofia della solidarietà?
“Dopo quello che ci è accaduto il mio pensiero sulla solidarietà non è cambiato: anche prima ho sempre pensato che le persone di valore, in qualunque parte del mondo, dovessero avere una certa fiducia nell’umanità, ed essere umani verso gli altri. Ma questa fiducia è stata rafforzata dall’evento di quattro anni fa; e non sono mancate testimonianze di molte persone da tutto il mondo che volevano fare qualcosa per confortarci… Abbiamo ricevuto poesie, lettere ed altro ancora”

Come giudica il volontariato associativo italiano?
“Anche in Italia come negli Stati Uniti, chi si dedica al volontariato sono persone fra le più coinvolte dal loro ruolo che io abbia mai incontrato, soprattutto nei trapianti perché è una scelta particolare. Una sorta di manifestazione di vita che viene “fuori” dalla morte: è come se nello stesso momento si incontrassero la tragedia e la speranza”

Quanto è importante la cultura della morte, in un’epoca in cui molte persone sono “distratte” e coinvolte dal troppo benessere, mentre altre vivono nella povertà e nell’abbandono?
“Sicuramente essere coinvolti nei propri impegni, in senso positivo, è naturale: anch’io ho perso molto tempo a pensare al mio lavoro e alla mia famiglia. Ricordarsi della morte significa che c’è molto di più da fare, piuttosto che concentrarsi sulla possibilità di migliorare le proprie condizioni…”

Nonostante la capillare informazione sull’importanza del trapianto di organi, quasi sempre risolutivo, esistono alcuni movimenti che si battono contro la predazione degli organi a cuore battente. Cosa vorrebbe dire a chi ne fa parte?
Ci è quasi stato subito chiaro che Nicholas era morto: quel corpo non era di nessuna utilità per lui. Ma proprio perché era un corpo perfettamente sano, avrebbe potuto essere utile ad un significativo numero di persone… Sarebbe stata una perdita incalcolabile se organi del suo corpo non fossero stati donati: altre sette famiglie avrebbero sofferto”

In alcuni casi il dramma altrui è visto con indifferenza o “vissuto” con pseudo partecipazione. Sono semplici esempi di mero egoismo o, peggio ancora, di un insufficiente grado di civiltà?
“Sono molte le cause di questo comportamento. Ci sono persone che pensano che sia una mancanza di rispetto per il corpo; altre, invece, non vengono “sollecitate” a chiedere informazioni e nessuno si prodiga per informare spontaneamente per quanto riguarda il problema di un dramma. A mio parere sono molte le ragioni, come il pensiero di arrivare in ospedale e trovare una persona che poco prima stava bene e poco dopo è morta (o stava morendo), l’emozione ha il sopravvento, soprattutto all’idea di dover prendere in poco tempo una decisione così importante come quella di acconsentire (in modo irreversibile e magari senza potersi consultare) al prelievo di organi”

Negli Stati Uniti (e in particolare in California) esistono movimenti associativi come l’Aido in Italia?
“In California, come negli Stati Uniti, esistono movimenti associativi alcuni dei quali sono sostenuti da Istituzioni governative, altri invece sono pura espressione di volontariato sia con lo scopo di favorire la donazione degli organi, sia con quello di aiutare in modo diverso i malati in attesa di trapianto, o gli stessi trapiantati e le loro famiglie… L’intento comune è quello di migliorare e incrementare la situazione dei trapianti”

Per anni i Rotary hanno finanziato in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi in via di Sviluppo, la nota campagna “Polioplus” per sconfiggere la poliomielite. Lei ritiene che anche una analoga iniziativa in collaborazione con i Lions, possa contribuire a facilitare la strada dei trapianti, magari finanziando strutture, iniziative di carattere organizzativo come grandi campagne di informazione?
“Credo di sì. Negli Stati Uniti, in particolare i Lions stanno portando avanti una grande campagna di solidarietà e aiuto per i ciechi, per favorire il trapianto di cornee. Ritengo che il contributo dei Rotary e dei Lions sia molto importante, perché generalmente i membri di questi Club hanno una certa influenza nella loro comunità…”

Nonostante i grandi progressi tecnici nel campo dei trapianti, restano da risolvere ancora alcuni problemi come quello relativo all’identità, della reciprocità del dono e la possibilità di relazione. Quali e quante esperienze bisogna ancora vivere per superare soprattutto questi tre aspetti?
“Per quello che riguarda la reciprocità del dono le persone reagiscono in modo diverso, ma sicuramente molte provano un “senso di colpa” perché coscienti di vivere molto meglio di prima di essere trapiantate…, e qualcuno ha dovuto morire prima di rendere possibile tutto ciò. Ma il risultato più significativo di questa loro “condizione” è che vengono sollecitate a fare qualcosa per la società. Noi abbiamo riscontrato questa realtà in qualunque parte del mondo: ognuno si prodiga in modo diverso per riconoscenza e per condivisione della solidarietà”

Vi sono medici, politici e sacerdoti che non condividono l’atto della donazione o si astengono dall’esprimersi in proposito. Secondo il suo pensiero, è un fatto di “credo” o di “condizionamento” professionale?
“Personalmente non ritengo che il pensiero di queste persone sia legato alla professione, ma a una scelta puramente di carattere personale. Per quanto riguarda i medici, ad esempio, molti dedicano la loro vita a lavorare nel settore dei trapianti; e anche politici, in qualunque parte del mondo, parlano in favore della donazione di organi. Nell’ambito della Chiesa, secondo le informazioni che mi sono state date, lo stesso Papa è “donatore” iscritto all’Aido, come del resto alcuni Cardinali sono favorevoli alla donazione”

Da tempo lei sta girando il mondo per parlare di questo problema che sta diventando di universale importanza. Quanto c’è di vero sul commercio di organi che pare abbia raggiunto anche alcuni Paesi europei?
“Sicuramente ci sono state notizie in questo senso, e poiché la donazione degli organi è ancora insufficiente rispetto al fabbisogno, non dubito che in alcuni Paesi ci sia un mercato nero… Negli stati Uniti posso dire che la pura donazione degli organi è un fatto libero (e non remunerato!); e da noi, come credo anche in Italia, c’è una struttura che controlla la correttezza e la legalità dei trapianti”

Reginald Green con sua moglieCome è nata la Fondazione Nicholas Green? E quali sono gli obiettivi che persegue?
“La Fondazione è nata nel 1995, ed io e mia moglie ci siamo resi conto di aver bisogno di mezzi per poter raggiungere il maggior numero di persone possibile, e poter quindi divulgare la cultura della donazione di organi. È una Fondazione molto piccola, creata principalmente con i nostri soldi; in seguito abbiamo ricevuto dei contributi dalle persone che hanno realizzato il filmato sulla “Storia di Nicholas”, e che abbiamo versato alla Fondazione. Se riceviamo altre donazioni in denaro il contributo è sempre a sostegno della “Fondazione Nicholas”. Ma il nostro obiettivo principale è quello di informare il maggior numero di persone sulla carenza di organi, attraverso la diffusione del video-filmato, interviste, stesura di articoli, etc. È stato realizzato un progetto denominato “La torre delle campane” per i bambini: sono 130 campane che ci sono state inviate come regalo dagli italiani; quella principale è stata realizzata da una fonderia (fornitrice del Vaticano da molti anni, ndr), mentre noi abbiamo costruito la struttura circostante comprensiva di giardino. E poiché il nome di Nicholas è sempre associato alla “campana”, abbiamo deciso di costruire un’altra torre con le campane e vorremmo che fosse costruita in Calabria: una torre che sorgerà nei pressi di un nuovo edificio di prossima costruzione con sette campane, realizzate fondendo armi da fuoco requisite dalla polizia, da ciascuna delle quali uscirà una colomba che sembrerà liberarsi dal monumento”

Ha mai pensato di scrivere un libro per raccontare la sua esperienza e per sensibilizzare la gente?
“Ho già realizzato, in parte, un manoscritto, ma non sono in contatto con nessun editore. È comunque un’idea che mi piacerebbe concretizzare, ma vedremo…”

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *