Dramma senza fine in Myanmar: 2° Paese al mondo più colpito da disastri climatici
CESVI: “Un terzo della popolazione del Paese ha bisogno di aiuti umanitari, sostenute 4,6 mln persone in 20 anni” . La mostra ‘SEMI DI SPERANZA’ a Bergamo: le fotografie di Gianfranco Ferraro raccontano la quotidianità degli abitanti della Dry Zone, la vasta area al centro del Myanmar dove vive circa un quarto della popolazione
Temperature estreme, cicloni, allagamenti, frane, incendi. E quindi morte, fame e mancanza d’acqua, povertà, epidemie e migrazioni. Il Myanmar è il secondo Paese al mondo più soggetto a eventi meteorologici estremi legati ai cambiamenti climatici, mentre gli effetti di questi ultimi si sommano alle conseguenze di instabilità politica e scontri armati, alla crisi economica, agli effetti della pandemia di COVID-19. Nel mondo negli ultimi 20 anni si sono susseguiti 11mila disastri climatici che hanno provocato la morte di oltre 475mila persone[1] e a pagarne le conseguenze più gravi sono tuttora i Paesi poveri e più vulnerabili, ancora oggi impreparati ad affrontare e reagire a tali catastrofi.
L’impatto del cambiamento climatico sull’ambiente e sulla popolazione del Myanmar è raccontato dalla mostra fotografica ‘SEMI DI SPERANZA. Voci e volti dal Myanmar’ di Gianfranco Ferraro, con la curatela di Sandro Iovine, inaugurata venerdì 31 marzo e visitabile sino al 1° maggio al Palazzo Ex Ateneo, in piazza Giuliano, a Bergamo. L’esposizione rientra nel calendario delle iniziative Bergamo-Brescia Capitale italiana della cultura e ha ottenuto il patrocinio dell’AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. All’inaugurazione, oltre al fotografo Gianfranco Ferraro, il curatore Sandro Iovine, la presidente di CESVI Gloria Zavatta, Massimo Pasquali per AICS, Sylvie Wabbes Candotti Resilience Advisor, Strategic Advocacy team, Emergency and Resilience Office di FAO, il sindaco Giorgio Gori per il Comune di Bergamo.
La mostra non racconta un problema “lontano”, ma un allarme che riguarda tutto il pianeta. «Negli ultimi anni anche il nostro lato del mondo ha sofferto gli effetti reali dell’emergenza climatica: i fiumi si sono prosciugati, i ghiacciai si sono sciolti, gli incendi hanno distrutto boschi e campi, mentre trombe d’aria, piogge e grandinate hanno causato danni a strutture e ambienti. Di fronte alla consapevolezza che il pianeta sia ‘un’unica casa da preservare’, va ricordato che sono sempre i più poveri a subire le conseguenze più devastanti», ha dichiarato Gloria Zavatta presidente di Fondazione CESVI.
In Italia nel solo 2022 gli eventi climatici estremi sono stati 310, il 55% in più in un anno, con un bilancio di almeno 29 morti. L’aumento più significativo ha riguardato siccità, grandinate, trombe d’aria e alluvioni[2]. «Da quasi 40 anni ci occupiamo di emergenza climatica in tutto il mondo, in questo momento abbiamo attivi progetti di sostegno alle popolazioni colpite dagli effetti del cambiamento climatico in diversi Paesi, tra cui il Myanmar. Nell’area del Corno d’Africa, in Etiopia, Somalia e Kenya, colpite da estrema siccità e forte insicurezza alimentare, supportiamo mamme e bambini con programmi nutrizionali, agricoltori e allevatori attraverso formazione su pratiche sostenibili ed efficienti di agricoltura e allevamento. In Zimbabwe interveniamo con progetti agricoli innovativi e sostenibili per garantire un corretto ed efficiente sfruttamento del terreno e offrire alle popolazioni autosufficienza e guadagno dalle proprie colture. In Pakistan, vessato dalle alluvioni, siamo presenti con interventi di preparazione alle calamità e di emergenza legati a igiene e salute», ha aggiunto Zavatta.
«Il cambiamento climatico, con i suoi effetti di breve e lungo termine che si stanno manifestando con una potente accelerazione nel corso degli anni, si è imposto prepotentemente alla riflessione internazionale, concretizzatasi nel programma d’azione dell’Agenda 2030. L’azione dell’AICS è tesa a sostenere i Paesi partner nella riduzione della vulnerabilità dei loro sistemi umani e naturali agli impatti del cambiamento climatico, migliorandone la capacità di adattamento e riducendo la loro esposizione ai rischi derivanti dai fattori climatici»,ha dichiarato Massimo Pasquali, referente AICS per i progetti promossi in Myanmar.«In relazione a questo quadro di riferimento generale, l’Agenzia realizza iniziative di cooperazione allo sviluppo in partenariato con le Organizzazioni della Società Civile secondo il principio di sussidiarietà sancito nella legge istitutiva. ‘S.A.F.E. C.R.O.P.S.’, promosso da CESVI con il contributo dell’AICS, Bando 2018, interviene in un’area, la Dry Zone, dove si manifestano gli effetti dei cambiamenti climatici e dove si vuole rafforzare e migliorare la produzione agricola delle filiere di sesamo, arachide e fagiolo attraverso tecniche di produzione certificata (GAP), per favorire la commercializzazione dei prodotti sui mercati, facilitando anche l’accesso al credito agevolato degli operatori dell’intera filiera», ha aggiunto Pasquali.
«La crisi climatica colpisce e minaccia tutti, ovunque e in tutti i settori, e ancora di più i piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS) e i Paesi meno sviluppati (LDC) e i sistemi agroalimentari che dipendono dal clima. I piccoli agricoltori, i pastori, i pescatori, gli abitanti delle foreste, i lavoratori del settore alimentare e le loro famiglie, oltre 2,5 miliardi di persone, sono fondamentali per raggiungere uno sviluppo sostenibile», ha dichiarato Sylvie Wabbes Candotti per FAO. «I sistemi agroalimentari devono urgentemente trasformarsi per passare dall’essere un problema che guida i cambiamenti climatici a diventare una delle principali soluzioni per il clima, garantendo al contempo sicurezza alimentare e benessere per tutti. E oggi il progetto di CESVI in Myanmar è un esempio dimostrativo di azione per il clima che richiede maggiori investimenti in catene del valore agroalimentari resilienti al clima guidate da attori locali e che generano molteplici benefici in termini di cibo, reddito, lavoro e mezzi di sussistenza», ha concluso Wabbes Candotti.
«È importante che la fotografia affianchi gli interventi di realtà come CESVI, perché grazie ad essa si offre la possibilità non solo di venire a conoscenza di cosa accade in certe aree del mondo, ma soprattutto si permette alle persone di soffermare lo sguardo per il tempo necessario a elaborare una riflessione su quanto stanno osservando, cosa che con i media più diffusi non sempre è facile o possibile», ha dichiarato Sandro Iovine, curatore della mostra.
Il Myanmar è stato colpito nel 2008 dal ciclone Nargis, responsabile della morte di 140mila persone e della perdita o del danneggiamento delle proprietà di circa 2,4 milioni di abitanti. Numeri ancora più impressionanti se si considera che la condizione di sofferenza in cui versa ancora oggi il Paese è dovuta per il 95% proprio alle conseguenze del ciclone[3]. È stato il picco di una tendenza che pesa sulla nazione, così come su molte altre. L’intensità e frequenza dei cicloni è aumentata: prima del 2000 toccavano la costa birmana ogni tre anni, da allora vi arrivano ogni anno. Sono aumentati anche siccità, temperature estreme e allagamenti[4]. L’impatto di questi drastici fenomeni climatici, in particolare sulla produzione agricola, ha provocato anche una diminuzione di reddito e di sicurezza alimentare delle famiglie, in cui i più colpiti sono i bambini.
Nel 2023, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA), saranno 17.6 milioni le persone che avranno bisogno di aiuti umanitari nel Paese, ovvero più di un terzo della popolazione. Negli ultimi due anni, inoltre, le estreme conseguenze dei cambiamenti climatici hanno portato oltre 1,3 milioni di persone a fuggire dalle proprie case, aumentando il numero degli sfollati interni al Paese, che ora ammonta a 1,6 milioni. La Banca mondiale prevede che entro il 2050 i ‘migranti climatici’ interni in Asia orientale e Pacifico arriveranno a 49 milioni. Tra i Paesi toccati dal fenomeno, il Myanmar è fortemente a rischio sia dal punto di vista delle problematiche connesse al clima, sia per i costanti problemi di natura sociopolitica.
CESVI è presente in Myanmar dal 2001, raggiungendo negli anni più di 4,6 milioni di beneficiari attraverso interventi nei settori della salute e dell’igiene, della lotta alla fame, dello sviluppo agricolo e della protezione dell’ambiente. Attualmente CESVI opera nella Dry Zone, vasta regione al centro del Paese e uno dei principali poli agricoli del Myanmar. Nella Dry Zone gli effetti dell’emergenza climatica, e in particolare inondazioni violente, lunghi periodi di siccità e bassissimi livelli di precipitazione durante tutto l’arco dell’anno, stanno mettendo a dura prova la produzione agricola e il sostentamento della popolazione.
Qui CESVI, grazie al progetto S.A.F.E.C.R.O.P.S., finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e implementato in partnership con la ONG birmana NAG e l’Associazione Microfinanza e Sviluppo Onlus, sta combattendo contro queste criticità con interventi mirati a mitigare gli effetti negativi della crisi climatica sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza della popolazione, riducendone il livello di vulnerabilità ed accrescendone la resilienza. Concentrandosi sulla promozione delle buone pratiche agricole, CESVI coinvolge i piccoli agricoltori nella coltivazione del sesamo, delle arachidi e del fagiolo mungo verde, colture che rappresentano la principale fonte di reddito nella regione, perché non necessitano di molta acqua e ben si adattano all’aridità della zona. Per aumentare la qualità e la quantità della produzione, vengono messe a loro disposizione migliori varietà delle sementi, sono forniti loro una formazione e un accompagnamento costanti per promuovere l’adozione di tecniche agricole innovative, vengono favorite le vendite collettive a livello regionale per aumentare l’accesso ai mercati ed è promosso il loro accesso al credito per assicurare l’acquisto di fattori produttivi adeguati.
Infine, CESVI è al fianco della popolazione civile colpita dalle forti instabilità interne e dalle conseguenze della pandemia di COVID-19 che ha comportato un fortissimo rallentamento dell’economia e, di conseguenza, un aumento del tasso di disoccupazione. Le fasce più vulnerabili vengono sostenute con la fornitura di kit alimentari, mentre giovani e donne prima impiegati nel settore turistico sono supportati nell’avvio di attività generatrici di reddito in campo agricolo e non, come coltivazione di orti domestici, allevamento, attività commerciali. È inoltre particolarmente importante il programma di educazione informale rivolto ai bambini e alle bambine che, per colpa delle instabilità, non hanno più accesso alla scuola.
Alla mostra è dedicato anche il sito semidisperanza.info, realizzato grazie al supporto di myphotoportal.com in qualità di partner tecnico.