Eccesso e contenimento della ilarità
di Ernesto Bodini
(giornalista e opinionista)
La vita, si sa, ci riserva molte sorprese e molte opportunità, perlomeno nei Paesi in cui ancora esiste una certa libertà di intraprendenza in relazione alle proprie leggi e ai propri usi e costumi, folklori e culture. Quindi anche libertà di manifestare il proprio essere dando ampio spazio alla fantasia. Sono infatti molte le iniziative e i programmi di spettacolo e televisivi in cui primeggia l’ilarità, certamente comprensibile ma talvolta non condivisibile a causa dei suoi eccessi… A mio giudizio, programmi di intrattenimento offerti da attori (più o meno improvvisati, oggi rispetto a ieri) e presentatori “compiacenti” dal lessico scanzonato (sia pur voluto), peraltro ricco di volgarità ed altrettanto sottointesi dalla facilissima interpretazione, tali da suscitare una ilarità assai sfrenata, non mi pare che rispecchi l’arte della comicità di un tempo , assai più composta e per certi versi più nobile (la comicità di Stanlio e Ollio ne è un esempio). Non c’é giorno che le cronache riferiscano di fatti e misfatti che ben ci allontanano da quella voglia di ridere e divertirsi, come a voler rimuovere la cocente realtà ormai più che quotidiana, e magari alla ricerca spasmodica dell’elisir della vita, come la tanto ambita felicità.
Ma questa, esiste? Oggi più che mai è già una gran fortuna (se di fortuna si può parlare) riuscire a condurre un’esistenza, non dico agiata, ma in buona salute e con la certezza di avere ogni giorno un piatto di minestra e qualcosina in più. Ma a dispetto di questo diritto-desiderio di tutti, vi è ancora una parte di persone particolarmente dedite a costruirsi il proprio benessere materiale con sprezzante egoismo e non di meno inclini alla spensieratezza attraverso l’ilarità. È vero che il “riso fa buon sangue”, un detto popolare che presuppone che l’allegria sia una sorta di tonificante per la salute psico-fisica, ma è altrettanto vero che non c’é ilarità che possa contribuire a risolvere i problemi esistenziali di tutti i giorni. E allora, per cosa propendere? Io credo che si debba trovare un miglior equilibrio mentale e comportamentale, affinchè la razionalità di ogni atteggiamento umano verso sè stessi e verso gli altri comprenda il necessario spazio alla individuazione di quello ché eccessivo da una parte e dall’altra. In sostanza meno seguito agli imbonitori di risate a crepapelle, sia perché i primi a godere sono loro sia perchè non saranno mai in grado di sollevare il loro pubblico da pensieri e reali preoccupazioni del giorno dopo. Infine, va anche detto per inciso, che la vita presa troppo seriamente potrebbe non essere un altrettanto toccasana, ma sicuramente è indice di un maggior senso civico e di responsabilità… oltre alla libertà di vivere come si vuole. «Tutti vogliono vivere felici – sosteneva Seneca –, ma quando si tratta di veder chiaro cosa può rendere felice la vita, sono avvolti dall’oscurità». E se qualcuno (o qualcosa) ci può rendere felici suscitando ilarità, ben venga purché con gusto, nei limiti e con intelligenza, e che non oscuri i nostri doveri rendendoci irresponsabili… oltre che ridicoli.