Evoluzione delle comunicazioni pubbliche e private
di Ernesto Bodini
(giornalista e opinionista)
La sfiducia dei cittadini nella Pubblica Amministrazione (P.A.) talvolta sembra essere plateale tal’altra più “ovattata”, tanto che si avverte una certa incoerenza da parte degli stessi: non sanno se arrendersi di fronte alle difficoltà o affrontarle con determinazione, come ad esempio l’irrazionalità nel relazionarsi con le istituzioni o i privati. Ecco alcune mie osservazioni in merito. Sino a non molti anni fa, ad esempio, il cittadino che aveva bisogno di una informazione o di una richiesta da rivolgere ai burocrati preposti di questo o quell’Ente pubblico, vi si rivolgeva accedendo nei loro uffici (sia pur previo appuntamento) oppure, il più delle volte, era sufficiente telefonare ed avere un dialogo umano, ossia con una persona “vera” in grado di ascoltare e rispondere alle istanze del cittadino-contribuente. Oggi, da almeno un ventennio, da quando l’elettronica e l’informatica hanno preso piede, il cosiddetto utente il più delle volte non ottiene “udienza” da parte di questo o quel burocrate (se non per ragioni di una certa gravità ed urgenza); inoltre, e questo nella maggior parte dei casi, è costretto a telefonare ed ascoltare quella “maledetta” voce metallica (disco pre-registrato) seguendo le indicazioni preordinate: «digiti 1 se…; digiti 2 se…, digiti tre se…», oppure «… resti in attesa per non perdere la priorità di chiamata, il primo operatore risponderà appena possibile…».
Una tediosità, a dir poco, che sembra non aver fine tant’é che in moltissimi altri casi sia i servizi pubblici che privati da tempo si avvalgono dei cosiddetti call center: voci umane che rispondono alla chiamata telefonica dell’utente; una realtà, questa, che sta prendendo sempre più piede per l’insistenza e scarsa capacità di dialogo da parte dei molti addetti telefonisti, con l’aggravante che in non pochi casi questi possono rispondere anche dall’estero essendo loro stessi stranieri. Ma i problemi della comunicazione hanno trovato ulteriore “sfogo” con l’era di internet (oltre il 30% degli italiani non ha ancora questo approccio telematico) e, per quanto riguarda i rapporti con il pubblico, gli utenti italiani hanno ancora una certa ritrosia nei confronti dei servizi on line della P.A.: secondo una nota informativa tratta dal sito Formez PA del 29/4/2014 solo il 14% della popolazione li utilizza, a fronte della media europea pari al 46%; ciò sta ad indicare che nel nostro Paese si tende maggiormente a rivolgersi di più allo sportello fisico nel 74% dei casi, e le ragioni sono quasi sicuramente imputabili al cosiddetto esteso progresso dei servizi telematici virtuali e di rete. Le lamentele delle incomprensioni e dei disservizi sono quotidiane di varia entità e natura, talvolta seguite da ricorsi presso associazioni dei consumatori o di altro tipo, avvocati, patronati, etc.; ma il più delle volte il tutto cade nell’oblio (chi sta dall’altra parte del telefono non di rado ha il “potere” dell’anonimato e… di interrompere la comunicazione); con la conseguente “soddisfazione” del burocrate che non si vede “perseguito”, con l’ulteriore vantaggio dell’Ente privato o della P.A. per la riduzione del personale e quindi dei costi.
Ma alla luce di questa realtà così contaminata, cosa si può dedurre? In primis emerge la grave spersonalizzazione della persona umana per la carenza di un dialogo costruttivo e di collaborazione, le cui conseguenze si riversano soprattutto sulle persone anziane e tutte quelle che non hanno dimestichezza con la tecnologia, spesso costrette a farsi aiutare da terzi e a volte a… soccombere; inoltre non si tiene conto, a mio avviso, che i rapporti umani subiranno un “deterioramento” tale da essere sostituiti quanto prima dai robot. E c’è da crederci perché alcune avvisaglie ci dicono che tali “umanoidi”, ad esempio, sostituiranno la colf e addirittura prenderanno il posto del caregiver nei confronti di un paziente bisognoso di assistenza. Di questo passo il processo di umanizzazione sarà sempre più una chimera per tutti noi proprio perché l’uomo, ritenendosi un genio, ha la presunzione di sostituirsi in toto alla natura, forse perché il disprezzo del passato o è ignoranza o è paura.