Falsi invalidi o invalidi falsi? Falsi poveri o poveri falsi?
Una consuetudine che non fa onore a un Paese …democratico
Corruzione, disfunzioni burocratiche, culture collettive distorte:
così si negano i diritti mentre si concedono privilegi immeritati
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Il vergognoso fenomeno (tutto italiano) dei falsi invalidi è giustamente considerato una piaga sociale, politica ed economica e sarebbe ingiusto non considerarla anche culturale. Ma chi sono i “falsi invalidi”? In sintesi tutti coloro che sfruttano una minima o addirittura inesistente menomazione fisica, psichica o sensoriale, per ottenere determinati vantaggi: dalle pensioni e indennità di vario tipo, ai privilegi nell’ambito del collocamento obbligatorio al lavoro, esenzioni e altre, molte altre cose. Se il dubbio può sussistere sul loro numero (è ipotizzabile che nel nostro Paese i falsi invalidi sono svariate migliaia, e pesano sulle pubbliche finanze per centinaia di milioni di euro), è invece certa la loro esistenza in quanto le prove non mancano. Percentualmente i casi sono più al sud, ma anche al nord ci sono falsi invalidi che sembra si aggirino intorno al 3-5% rispetto a quelli presenti nel sud. E se notevole è il danno economico arrecato al Paese, altrettanto è quello sociale perché a rimetterci maggiormente soni i veri disabili.
Purtroppo, in questa vicenda esiste anche un “punto di vista” politico; bisogna ammettere che i voti “disonesti” dei falsi invalidi costituiscono una delle tante risorse clientelari per politici che antepongono interessi personali a quelli della collettività Questa incivile consuetudine è praticata tuttora soprattutto in alcune città del sud (Napoli, Avellino, Messina, etc.); il tacito accordo “tra le parti” che suona più o meno così «io ti faccio assumere come invalido, o come tale ti faccio avere la pensione; e tu e la tua famiglia votate per me», in quelle città è diventato fenomeno sul quale indagano, di volta in volta, sociologi, politologi e ovviamente… magistrati. Per quanto riguarda i danni culturali essi sono molto gravi perché questa pratica illegale ingenera una mentalità di tipo parassitario-assistenzialistico. L’atteggiamento culturale che deriva da questa mentalità, scatena un egoismo fine a se stesso che limita, tra l’altro, la ricerca e lo sfruttamento di quelle doti individuali che messe in circolo nella società, ne provocano la crescita.
Questo malcostume è indubbiamente favorito da atteggiamenti “viziati” riscontrabili in sede di visita medica per l’accertamento della invalidità; esistono infatti problemi circa l’obiettività dell’interpretazione delle tabelle in cui sono elencate le più diverse minorazioni. Questa “obiettività tabellare” si scontra infatti con la soggettività di valutazione da parte delle Commissioni mediche preposte; ma spesso le difficoltà vengono composte in modo compiacente pregiudicando in molti casi l’efficacia degli interventi riabilitativi. Ma non meno importante è la responsabilità di alcune associazioni che proteggono i falsi invalidi in cambio di tessere ed altri privilegi. Ma anche i sindacati non sono immuni da questa squallida realtà, forse perché più direttamente “coinvolti” nel ruolo delle politiche sociali… Ci sono infine le responsabilità di chi ci governa, tanto che la politica assistenziale e sanitaria è “tutto un poema”. Da un lato si approva una legge-quadro (n. 104 del 5/2/1992) dai buoni principi e culturalmente emancipata, dall’altro si prevede un finanziamento esiguo (crisi economico-finanziaria a parte), oltre a considerare “facoltativi” gli interventi applicativi delle Regioni e dei Comuni.
La Guardia di Finanza all’inizio del 2012 ha scoperto e denunciato oltre 3.400 persone che percepivano indebitamente pensioni o assegni di sostegno. La malafede non conosce limiti, tant’è che le cifre sono assai eloquenti in quanto hanno evidenziato, sempre nello stesso anno, 1.844 falsi poveri e 1.565 falsi invalidi, costati all’intera comunità italiana negli anni oltre 60 milioni di euro. E che dire dei 418 italiani residenti all’estero che sono stati denunciati perché percepivano indebitamente l’assegno sociale di povertà? Il campionario di queste truffe è tanto vario quanto impressionante e dimostra l’estensione di tale fenomeno: tanto al nord quanto al sud. Ed è così che, di questo passo, si perpetua quel malcostume che nessun Codice civile e penale riesce a frenare perché a mio avviso non basta la volontà di un legislatore o di un magistrato. Una realtà che richiama quanto sosteneva Armand-Jean du Plessis, duca di Richelieu (1585-1642): «Promulgare una legge e non farla rispettare, equivale ad autorizzare ciò che si vuole proibire».