FICTION E UNESCO

di Emanuela Medoro

 

 

Il protagonista della nota fiction “Un medico in famiglia”, una serie iniziata una ventina di anni fa e ancora riproposta da canali della televisione pubblica, è nonno Libero Martini, interpretato da Lino Banfi. Nonno Libero è un ferroviere in pensione, con molti ricordi e orgoglio per il vissuto, e l’attore Lino Banfi è credibile e simpatico nel ruolo di questo personaggio. Mai e poi mai, quando la serie veniva ancora trasmessa su canale 1, dunque parecchi anni fa, gli spettatori avrebbero potuto pensare che Lino Banfi/nonno Libero potesse un giorno diventare rappresentante dell’Italia all’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura). Siamo di fronte a un salto stupefacente, incomprensibile con la semplice ragione, quella del buon senso che ci aiuta a vivere. Impensabile una qualunque relazione di qualsivoglia tipo, fra l’UNESCO e Lino Banfi, mondi estranei e lontanissimi fra di loro.
Per tentare di capire bisogna muovere zone mentali insolite ed entrare in territori nuovi e sconosciuti, per esempio quello dello slogan “uno vale uno”, adatto solo a contare le schede anonime deposte dai cittadini nelle urne elettorali, ma del tutto insensato, sa di follia pura, se applicato alla vita di tutti i giorni. Questo slogan di fatto punisce la cultura, i titoli di studio, le lauree, le specializzazioni, i master e i dottorati, il merito e l’esperienza professionale, relegandole nel mondo dello spregevolissimo radical chick. So quello che dico, su facebook ho avuto una risposta irriferibile in merito ad un mio eventuale diploma di liceo classico. Se sto male mi faccio curare da un medico, non dal primo uno che passa per strada, parimenti se devo riparare un tubo dell’acqua che perde mi rivolgo all’idraulico, non all’avvocato.
C’è un altro slogan su cui vorrei fare una piccola osservazione, “Prima gli Italiani”, detto da uno che ama esibire simboli della religione cattolica. Sebbene poco praticante, ricordo benissimo che ci è stato detto che siamo figli di Dio, senza distinzioni, tutti, per cui quello slogan mi pare una bestemmia.
Questo insieme di idee oggi maggioritario semina violenza, visibile anche nel linguaggio orribile diffuso nei social, e odio per il diverso. Ignora il fatto semplicissimo che raccogliamo quello che seminiamo, per cui temo veramente che in futuro prossimo possano esserci tanti morti italiani oltre a danni gravi e irreparabili al nostro patrimonio storico e artistico.  Tralasciando queste riflessioni sul diffuso trionfo dell’ignoranza e della violenza, trovo consolanti i discorsi del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, altamente politici, profondamente consapevoli della polis, ovvero della società e della sua complessità, contrastano al meglio lo sperdimento dei tempi.
La colonna cui appoggiarsi per trovare un rifugio sicuro sono due suoi illuminanti discorsi, quello di fine anno e quello più recente in memoria della Shoah. In ambedue percepiamo qualcosa al di sopra della sua cultura giuridica e politica, si sentono vibrare i sentimenti di una profonda consapevolezza dei valori della democrazia rappresentativa, intessuta di rispetto per le istituzioni della repubblica e per le persone che ne abitano il territorio. Tutte, indipendentemente dalla provenienza. Avvertiamo altresì un profondo senso dell’unità dell’Europa che, necessaria nel mondo globalizzato di oggi, è irresponsabilmente negata in nome di una fuorviante e malintesa idea di sovranità nazionale.
Quando vedo uomini, donne e bambini messi per strada, con crudeltà scacciati da un posto dove erano accolti, quando vedo gente lasciata galleggiare su un barcone in mezzo al mare per giorni e giorni, quando sento parlare di morti annegati nel Mar Mediterraneo senza una parola di pietà, quasi fosse la normalità dei nostri giorni, quando sento di torture e violenze nei lager della Libia, allora penso che l’unico riparo dalla diffusa e folle violenza che ci circonda sia il Presidente Sergio Mattarella.
Ho visto i volti di politici attuali, i cui nomi taccio per amor di patria, mentre il Presidente pronunciava il discorso in memoria della Shoah, impassibili e inespressivi fissavano il vuoto. A conclusione di queste brevi note, esprimo un augurio all’attore Lino Banfi, gli auguro di avere un briciolo di cultura e intelligenza, sufficiente a rinunciare all’ incarico di cui sopra, per il bene suo e dell’Italia. Presumendo che chi di dovere sia in grado di scegliere la persona adatta.

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