Finale di Champions league e dintorni: breve analisi sociologica
di Ernesto Bodini
(giornalista e opinionista)
Era da prevedere! Il delirio di massa non si risolve mai senza incidenti o conseguenze spiacevoli, e sempre a seguito di manifestazioni pubbliche: come cortei, sit-in, raduni di comitati, scioperi, etc. Eppure, sembra proprio che la nostra cultura italiana e internazionale, non tenda a modificarsi verso la compostezza e la pacificità. L’evento di Torino, che domenica 3 giugno ha visto migliaia di tifosi (molti ai limiti della esaltazione) radunarsi in piazza San Carlo per assistere alla Champions League Juventus – Real Madrid, per poi tramutarsi in un pericoloso parapiglia (forse a causa di chissà cosa) con tanto di feriti (circa un migliaio), lascia sgomenti le persone razionali, che peraltro tendono ad essere sempre meno. Il concetto della cosiddetta tifoseria per idoli sportivi e vip della canzone e dello spettacolo, in questi ultimi decenni ha assunto un intendimento ed una connotazione a dir poco paradossali; ciò starebbe a significare che chi ha il “dono” del far gioire e divertire abbia anche il potere (intrinseco) di penetrare nella mente e nell’animo umani, sino a condizionarne i comportamenti: dall’apparente inziale razionalità al successivo ed immediato comportamento degenerativo. Ma due ore ludiche rappresentate da due calci ad un pallone, come pure dall’ascolto di musica dai brani spesso incomprensibili (che spesso hanno poco di poetico) e musica dal volume che supera la soglia dei 90 decibel, giustificano (si fa per dire) passione e dedizione per queste star? A giudicare dai sempre più ricorrenti risultati sembrerebbe di si, e a nulla valgono informazioni, suggerimenti ed esempi educativi, e azioni di prevenzione messe in atto dalle Istituzioni e dalle Forze dell’Ordine; senza contare, inoltre, le ricadute sulla collettività: danni materiali personali e collettivi, lesioni alle persone direttamente o indirettamente coinvolte, con l’aggravio di ingenti costi di ripristino e di significativi incrementi per l’assistenza medica, peraltro sempre più oberata per la routine. Inoltre, il perpetuarsi di questo malcostume (ma è un eufemismo) dimostra che più le proposte di intrattenimento sono ludiche e più radicato è il rapporto tra il fan e il suo beniamino ben sapendo che, quest’ultimo, guadagna fior di quattrini proprio per il “sostegno” della sua tifoseria, oltre agli ingaggi e alle sponsorizzazioni.
A tal riguardo c’é anche da rilevare che la maggior parte dei fan appartiene probabilmente ad un ceto socio-culturale ed economico assai modesto, ma disposta a spendere cifre che a volte vanno oltre le loro possibilità… Con molta spontaneità mi verrebbe da dedurre, altresì, che la stragrande maggioranza della tifoseria appartiene a coloro che non leggono un libro all’anno nonostante la cultura, oggi, sia sempre più a “buon prezzo” rispetto agli intrattenimenti ludici offerti dallo sport e dallo spettacolo tour court. Paradossi? Concezioni astratte? Situazioni e scelte di comodo? Forse di tutto un po’, ma sta di fatto che di questo passo va sempre più alienandosi ogni prospettiva di una società migliore, a discapito di una crescita in cui civiltà e il buon vivere restano forse prerogativa dei cosiddetti eremiti che, per scelta edonistica e spirituale, sanno vivere senza idoli e, per questo, più ricchi e tutto sommato anche maestri nel concepire il concetto che ciascuno è maestro di sè stesso e solo dentro sé stesso trova la ragione delle cose.