Fondamento di qualsiasi etica non può che essere il rispetto della vita in tutte le sue forme
Questo assunto di Albert Schweitzer sviluppato nel volume “Ecobioetica” di Max Giusio.
di Nicola F. Pomponio
Nel 1915, durante la terribile grande guerra, un teologo e musicologo tedesco, che aveva rinunciato a onori e incarichi universitari per fondare un lebbrosario in Africa, scendeva in canoa lungo un fiume tropicale quando ebbe una illuminazione interiore. Come scrisse qualche anno dopo, Albert Schweitzer (è di lui che si sta parlando) all’improvviso, in mezzo a un branco di ippopotami, realizzò che il fondamento di qualsiasi etica non poteva che essere il rispetto della vita in tutte le sue manifestazioni: umana, animale e vegetale.
Il testo che qui si presenta – Max Giusio, “Ecobioetica”, Accademia d’Idee, 2022 – potrebbe essere posto in ideale continuità con questa affermazione; una continuità che però, giustamente, tiene conto del fatto che è passato più di un secolo dall’episodio riportato. Il libro di Max Giusio (brillante avvocato e survivalista) affronta in modo teoreticamente nuovo, coinvolgente, informato una serie di questioni dalla rilevanza enorme per il vivere e il sopravvivere della nostra specie.
Tre sono i campi individuati fin dal titolo: ecologia, biologia, etica, ma su di loro si allunga potente, liberatoria e al contempo minacciosa l’ombra della tecnica. L’autore, correttamente, parte dall’assunto che il “Prometeo scatenato” della modernità, la tecnica, più che servire l’uomo corre il rischio di asservirlo nel momento in cui una razionalità puramente strumentale e spesso dipendente dalla legge del profitto, o addirittura da una eugenetica distorta, diventa l’unico indirizzo nella ricerca e nell’applicazione dei risultati ottenuti.
Urge ripensare la vita, nel senso più ampio del termine concentrandosi non solo sull’uomo ma sull’intero pianeta, a partire dalle conseguenze che l’attività umana, attraverso la tecnica, sviluppa; il che significa ripensare biologia ed ecologia alla luce di un’etica che assuma il principio di responsabilità come cardine delle proprie riflessioni. Da un lato quindi la bioetica non deve rinchiudersi solo nei problemi del fine e inizio vita, ma affrontare le questioni poste dall’ingegneria genetica, dal transumano, dall’ibridazione con altre forme di vita e con le macchine e i computer (molto opportunamente si parla nel libro di neuroetica, ovvero etica concernente gli studi sul cervello umano). Dall’altro l’ecologia non deve ridursi ad appuntamenti talvolta carnascialeschi e paternalisticamente incoraggiati ma “deve allargare le proprie analisi morali a sfere in precedenza trascurate” (pag.39) quali la salute, il benessere, la responsabilità. E’ soprattutto su quest’ultimo aspetto che si segnala uno degli aspetti più originali di questo agile libro. Responsabilità verso chi?
Per l’autore non vi sono dubbi: la responsabilità è non solo verso gli uomini e il mondo che ci circonda ma anche, e soprattutto, verso chi verrà dopo di noi, verso coloro che non esistendo ancora, non hanno alcuna voce in capitolo. E’ una posizione dagli sviluppi molto interessanti poiché l’agire attuale ha ripercussioni per noi, nell’immediato, ma si prolunga nel tempo e ipoteca la vita che verrà dopo di noi. Da questo punto di vista la tecnica assume una rilevanza centrale. Ogni progresso tecnico è un’arma a doppio taglio: semplificandoci la vita, raggrinzisce le nostre capacità come il navigatore che, controllandoci, ci porta a destinazione ma impoverisce radicalmente la nostra percezione, la nostra esperienza dello spazio nonché la nostra capacità e il nostro istinto di orientamento, per tacere dell’enorme apparato satellitare necessario a far funzionare il sistema con le relative necessità di materiali particolari e l’utilizzo di metalli rari.
Il problema è che non esistono soluzioni a saldo zero. Come la mobilità elettrica che dovrebbe risolvere il problema dell’inquinamento ma aumenta a dismisura la necessità di energia elettrica, ogni nostra scelta implica una conseguenza su ciò che ci circonda e che, prolungandosi nel tempo, influenza le prossime generazioni. Esiste quindi la responsabilità individuale e collettiva delle scelte ed è ad essa che l’autore si appella per delineare la “ecobioetica”: lo scritturale “rispetto per la vita” di Schweitzer è qui ripreso e arricchito dal rispetto per la vita che verrà.
E’ un percorso stretto, accidentato, periglioso; l’autore rivendica il valore di qualsiasi forma di vita (presente e futura) a prescindere dalle umane logiche utilitaristiche o economiche. E’ una posizione di lucida coerenza morale, ma Giusio è cosciente delle difficoltà insistendo nel suo tentativo di sfuggire alla Scilla del catastrofismo senza cadere nella Cariddi dell’indifferenza quindi, come chiosa quasi al termine del testo, “bisogna crederci con forza” (pag. 82). L’etica orientata non sul singolo, come tradizionalmente è stata impostata, ma su tutto l’esistente e su ciò che ancora non è, rappresenta il tentativo di uscire da questa impasse.