Gli “eccessi” dei riconoscimenti

Una riflessione sul modus vivendi e il modus operandi ai limiti dell’ipocrisia

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico – biografo)

Anche in tempi di crisi e di incertezze non mancano mai manifestazioni di grandi svaghi dove lo spreco di denaro e di materie prime rasenta l’assurdità. E ciò nonostante il Pontefice esorti al ripudio dell’opulenza e ad essere più vicini ai propri simili meno abbienti. Non solo. Ogni anno il mondo dei “Vip” esalta il proprio status symbol, distribuendo premi e riconoscimenti (di notevole valore) a questo o a quel personaggio in una cornice non priva di sfarzi, la cui organizzazione richiede molto denaro, e proprio in quei momenti molte popolazioni non si stanno nutrendo perché non hanno nemmeno il necessario. Manifestazioni che sono diventate ormai un rituale, che a me sembra un perpetuo “oltraggio” alla miseria e alla povertà: sono circa 2 miliardi gli esseri umani che versano in condizioni di grande disagio esistenziale, e 1 dei quali è affetto da una forma di handicap fisico e/o psichico tale da comprometterne una accettabile qualità di vita. I ricchi e i potenti del mondo, si sa, non sono comunque pochi, che se messi insieme per le proprie competenze potrebbero, a mio parere, risanare almeno in parte i problemi esistenziali di molte popolazioni. Ma ciò non avviene, e quel che è peggio non avverrà mai.

Un altro esempio, sia pur di minore importanza, è dato dalla eccessiva esaltazione nell’acclamare personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo, quasi sempre accolti in teatri, stadi e studi televisivi da un pubblico all’inpiedi con un fragoroso e quanto incessante battimani sino ad “occultare” (sia pur per pochi minuti) la presenza dello speaker conduttore della manifestazione. Personalmente ricordo che alcuni anni fa fui invitato per ricevere un premio avendo partecipato ad un concorso nazionale di giornalismo. La manifestazione avvenne in un ambiente molto più modesto e alla presenza di pochissime persone. Alla consegna del premio è vero che fui applaudito dagli astanti (per un minuto scarso), ma è altrettanto vero che non esultai come avviene di solito in circostanze più “significative”, anzi mi commossi tanto da riuscire con difficoltà a pronunciare le poche parole di circostanza. Il riconoscimento riguardava l’aver ripercorso i tratti biografici e l’opera di Don Carlo Gnocchi, e senza voler fare paragoni, credo che la miglior attestazione non sia stata l’entità del Premio, ma il poco clamore, l’assenza di un pubblico troppo propenso al battimani, ma sopratutto l’aver dato un contributo per ricordare Don Carlo Gnocchi e la sua grande opera, al quale idealmente assegnerei l’Oscar della bontà.

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