GLI EFFETTI DELETERI DELLA NON TRASPARENZA
L’eterno problema della scarsa comunicazione “de visu” tra Pubbblica Amministrazione e cittadino
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Da quando il modo di comunicare ha preso il sopravvento con il progresso tecnologico di cellulari, telefonia pre-registrata, fax e in ultimo la PEC (e-mail: posta elettronica certificata, obbligatoria per tutte le imprese, liberi professionisti e ovviamente le P.A.), come conseguenza il comune cittadino ha scarsissime possibilità di interloquire con i membri della Pubblica Amministrazione. Un vero e proprio “stravolgimento relazionale” che, non solo ha incrementato la già imponente burocrazia, ma ha reso sempre più consistente la “non trasparenza” tra i cittadini e le Amministrazioni ai vertici e periferiche. Mentre dal 1990 le Poste Italiane sono diventate S.P.A., in seguito con il DPR n. 68 dell’11/2/2005, nasceva la P.E.C.; mentre il primo call center nasceva in America nel 1968, ossia quando la Ford fu obbligta a istituire un numero telefonico gratuito per i reclami e, negli anni a venire, si diffuse un po’ ovunque, quindi anche in Italia. Oggi, nel nostro Paese, in particolare, è quasi impossibile ottenere un colloquio di persona con un funzionario o un assessore (a parte per ragioni di amicizia e di compiacenza) per esporre un problema, ma bisogna scrivere una e-mail (per chi ha una postazione informatica) segnalando quanto si vuole chiedere o lamentare. E nemmeno telefonare serve (tranne eccezioni), poiché solitamente il primo interlocutore (a parte il centralinista) è il Servizio di Segreteria di quel tal esponente della P.A.; in sub-oridine, dal 1995 è operativo in quasi tutte le P.A. il cosiddetto Ufficio Relazioni con il Pubblico – URP – che, come è noto, agisce come primo interlocutore e come trait d’union tra le parti. Ma a parte questi velocissimi mezzi moderni di comunicazione, perché non si tende a non più ricevere il cittadino per ascoltare le sue richieste e/o rimostranze, che a voce potrebbero essere espresse con meno difficoltà interpretative, auspicando una più veloce soluzione di un problema? È un quesito che, interssandomi di anti-burocrazia, mi pongo da molto tempo e, a riguardo, si potrebbero fare diverse ipotesi. Indipendentemente da quella che sia la più pertinente e quindi reale, io credo che una prima “motivazione” potrebbe essere una presunta minore diponibilità di tempo, ma anche abituare il cittadino a servirsi dei mezzi di comunicazione, compreso l’interloquire con l’URP e, nei casi più ostici, con il Difensore Civico della propria Regione. Ma un’altra ipotesi (a mio avviso la più reale) è quella di evitare di affrontare eventuali polemiche verbali, oppure di non dare troppe giustificazioni (che talvolta potrebbero essere compromettenti per l’esponente della P.A.), e anche eventuali conseguenze comportamentali… Delle ultime ipotesi personalmente ne sono più che convinto, anche se, come diceva qualcuno, a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina! Va inoltre rilevato che la conseguente frattura delle pubbliche relazioni è causa di una spersonalizzazione fra persone, ancor più colpevole quando il “distacco” è voluto dalle Istituzioni, e questo, è in netto contrasto con i principi della Costituzione che, il rinnovato presidente della Repubblica (ma anche i suoi predecessori) si ostina ad evidenziare come concretamente da lui garantiti. Una contraddizione che di fatto penalizza di non poco tali valori, a cominciare proprio dalla non trasparenza per mancata comunicazione verbale, quindi “de visu”, che mi porta a dedurre quanto poco democratico è il nostro Paese.
Or dunque, sia ben chiaro che tra gli oltre 3,2 milioni dipendenti pubblici una gran parte sono ligi ai propri doveri, ma la restante parte, specie se di grado gerarchico e politico (non oso ipotizzare una percentuale) ahimè, è collocabile in quell’ invalicabile castello ospitante fantasmi… intoccabili. È una triste realtà che non si può negare quella che ho esposto e, richiamando l’attenzione sul fatto di non riuscire a colloquiare con quel funzionario o assessore di turno (a livelli ministeriali neanche a parlarne), vorrei citare questo breve aneddoto. Un giorno, volendo avere un appuntamento con l’esponente di una P.A., fui invitato dalla segreteria a fare domanda per e-mail, ma dopo alcuni solleciti e non ricevendo risposta, alla mia interlocutrice dissi: “Gentile Signora, io parlo con il buon Dio due volte al giorno, e non ho mai alcuna difficoltà a trovarlo. Perché diamine non dovrei dunque riuscire a parlare con il Dottor Tal dei Tali?». Non ebbi risposta, ed è quindi indubbio che suscitai nella mia interlocutrice un certo disappunto e, ovviamente, la cosa non ebbe seguito anche perché risolsi il problema diversamente. Preciso che il fatto del mio colloquiare giornalmente con il buon Dio corrisponde al vero, e ciò non corrisponde ad eresia (sic!). Volendo sottolineare e “denunciare” questo malcostume, la mia indignazione è resa tale anche per il fatto che ho ragione di sostenere che quasi nessun cittadino italiano lamenta ufficialmente questa assenza di comunicazione “de visu” e quindi di trasparenza; piuttosto quasi tutti preferiscono rivolgersi ai mass media anziché affrontare i diretti interlocutori, ovviamente, con segnalazioni od esposti a mezzo raccomandata (A/R), a mio avviso preferibile alla P.E.C. e, come sempre, il mio invito è: provare per credere!