Gli operai di Portovesme paralizzano la Regione
Una nutrita schiera di operai dell’Eurallumina e di altre imprese della filiera sulcitana dell’alluminio ha manifestato oggi a Cagliari davanti al palazzo di viale Trento, sede della Giunta regionale della Sardegna. Il fatto in sé non è una novità: le proteste qui – salvo brevissimi periodi di “pace sociale” – sono all’ordine del giorno già dai tempi del governatorato di Soru.
A destare stupore sono, piuttosto, le modalità della protesta: gli operai, accompagnati dai sindacati, arrivano la mattina verso le 7.30-7.45, ossia prima del normale orario di ingresso (le 8.00), e bloccano tutte le entrate, non solo quella principale ma anche – forse per la prima volta –quelle secondarie. Fischi, trombette, caschi trasformati in percussioni, petardi: una barriera serrata e, soprattutto, molto ostinata.
I dipendenti della Presidenza e degli assessorati dell’Industria e dei Lavori pubblici (peraltro non numerosissimi, visto il periodo di ferie) restano, dunque, fuori dall’edificio, eccetto qualcuno che – arrivato in ufficio piuttosto presto – si ritrova per ore “ostaggio” dei manifestanti.
Verso le 9.30 il direttore generale della Presidenza, Gabriella Massidda, tenta di intavolare una trattativa per sbloccare la situazione, ma le sue parole non servono a nulla: è dai politici che si attendono risposte.
Il tempo scorre e aumenta a dismisura il dispiegamento di forze dell’ordine: carabinieri, guardia di finanza e polizia, con l’immancabile Digos in tenuta antisommossa. Fortunatamente, non accadano incidenti: i manifestanti sono agguerriti, ma non violenti.
Nessun componente della Giunta, invece, si fa vivo. Sandro Angioni, assessore all’Industria è a Roma per un vertice con il Ministero dello sviluppo economico e la Rusal, società proprietaria dell’Eurallumina. E il presidente Cappellacci? È in Consiglio regionale, insieme ad altri assessori, per partecipare ad uno spinoso vertice di maggioranza. Nel pomeriggio risponderà di aver preferito darsi da fare concretamente per il Sulcis, piuttosto che perseguire la “mediaticità”, ma c’è chi in quelle ore pensa – e continua a pensare anche dopo – che le trattative con gli alleati lo preoccupino più che la sorte di questi operai ai quali, prima di essere eletto, aveva promesso miracoli (o, meglio, così promise per lui, il suo “padrino” Berlusconi). Del resto, non è facile andare a spiegare a dei cassaintegrati-potenziali futuri disoccupati come mai la Regione abbia stanziato tante risorse per finanziare un evento snob e dall’incerto ritorno economico come la Louis Vuitton Cup, anziché destinare quei fondi al rilancio del settore industriale, uno dei più colpiti dalla crisi …
Verso mezzogiorno arrivano, per il Pd, Soru e Calvisi: quando si sta all’opposizione, è facile esprimere solidarietà a chi vive un momento difficile. L’ex presidente della Regione si dimostra improvvisamente sensibile nei riguardi di coloro che, in campagna elettorale, liquidò con un laconico: “Ora non posso fare nulla per voi, vediamo dopo le elezioni”. Quelle parole non piacquero agli operai, molti dei quali poi votarono il suo avversario. A conti fatti, però, Mister Tiscali si è dimostrato se non altro più onesto di Cappellacci, non avendo mai promesso di risolvere questioni che non era in suo potere risolvere.
Sono circa le 12.30 quando arrivano notizie dai colleghi presenti a Roma, notizie che vengono diffuse con un megafono: la situazione si sta mettendo male e le prospettive si fanno ancora più grigie. Da un gruppetto di operai si levano dei rabbiosi “Vogliamo lavorare!”, ma la situazione non degenera.
Intorno alle 14.30-15.00 le fila si sciolgono, dopo l’annuncio della firma, a Roma, di un protocollo d’intesa tra Ministero, Regione e Rusal, che dovrebbe aprire spiragli per la rivitalizzazione dell’intera filiera.
Mentre riflettiamo su queste difficili situazioni, dovremmo tuttavia tenere a mente pure uno dei tanti drammi silenziosi a cui l’opinione pubblica dà poco spazio e che ha per protagonisti quella miriade di liberi professionisti (avvocati, ingegneri …) “minori” abitualmente sottopagati dai “grandi capi”. Molti di loro perdono il lavoro così, da un giorno all’altro, e nessuno li tutela perché non hanno sindacati a cui rivolgersi e perché i loro ordini professionali – com’è noto – proteggono esclusivamente i privilegi dei cosiddetti “pezzi grossi”. Ricordiamoci ogni tanto anche di loro.
Marcella Onnis