I colori della Shoah
Lunedì 27 gennaio 2020, verrà inaugurata una mostra di Eva Fischer presso l’Aula Magna della Scuola di Lettere Filosofia Lingue dell’Università degli Studi di Roma Tre. Cinque opere fanno parte di quel “diario segreto” che la pittrice dipinse per esternare i ricordi della Shoah, la deportazione del padre e di altri 32 familiari.
Sarà folto il programma dedicato al Giorno della Memoria dall’Università. Oltre al concerto “Suoni della Memoria” e alla video testimonianza dello scrittore Aldo Zargani, alcuni attori della Compagnia teatrale di Rebibbia leggeranno dei brani scritti da Edith Bruck, scrittrice e regista di origini ungheresi, deportata ad Auschwitz a soli dodici anni. La Bruck, amica da sempre di Eva, porterà una sua testimonianza.
Da una postazione Internet, si potrà vedere durante i giorni della mostra, il filmato Eva Fischer 1920-1945 – “La Shoah a colori”.
Con “I colori della Shoah”- mostra ideata dal prof. David Meghnagi – si inaugurerà il progetto “EuropEva 192020”, dedicato ai 100 anni dalla nascita di Eva Fischer. Verranno esposti 12 quadri ad olio: 16 ottobre 1943 – Muro del Portico d’Ottavia, Addio, Menzogna e Memoria, Furto d’Aria, Arbeit macht Frei, Il Giorno al Crepuscolo si svuota, Fosse Ardeatine n°1, Il Salottino di Tot, Teatro Marcello, Marina, Fiori e Volo.
Queste le motivazioni nella scelta delle opere:
Per gran parte delle vittime della Shoah, tutto iniziò dai rastrellamenti. La prima deportazione romana avvenne il 16 ottobre 1943. I muri dell’antico Ghetto si tinsero di rosso sangue. Come per coloro che erano stati rinchiusi a Regina Coeli o che subirono torture durante gli interrogatori in Via Tasso, il percorso di partenza verso destinazioni sconosciute iniziò alla Stazione Tiburtina. Il primo itinerario dell’eliminazione finale si fermava a Fossoli, da dove partirono i treni verso “l’ignoto”, ossia verso i campi di sterminio. Addio, fra le opere della Fischer più conosciute, rappresenta “l’inizio della fine”.
Raramente si fa cenno al tempo passato in quei treni, dove si iniziava a morire per stenti.
All’arrivo in un campo appariva la tetra menzogna che indicava che “Il lavoro rende liberi”, tanto è che già dalla prima selezione si veniva scelti per la “doccia” e le famiglie venivano smembrate. Menzogna e Memoria è dedicato alla messinscena diTheresienstadt ed a quella finta lettura dei fatti, che la Croce Rossa Internazionale non volle approfondire.
Molti fra coloro che erano riusciti a rimanere a Roma furono presi e fucilati il 24 marzo 1944 – meno di tre mesi dalla liberazione della città il 4 giugno – alle Fosse Ardeatine.
Ma dal termine della guerra la vita continuò per alcuni. Nella società italiana, la cultura iniziò a discutere su quanto avvenuto e su come portare nuova linfa, raccontando e cercando di tornare alla normalità.
Si crearono dei “saloni” negli studi e nelle case di alcuni artisti e letterati. Fra di loro Amerigo Tot, ungherese ma residente in Italia da tempo (è suo il lungo bassorilievo orizzontale in alto sul frontale della Stazione Termini).
Roma divenne il centro della cultura non soltanto europea, dove gli artisti si incontravano. Spesso le comitive si recavano alla scoperta del resto del Belpaese, per raffigurarlo ognuna con la propria creatività. Paesaggi e Fiori, alla ricerca di qualcosa di meraviglioso, dopo aver vissuto nella notte più buia.
Divenne più frequente l’uso dell’aeroplano, per far sì che l’arte riuscisse a creare un mondo silenzioso e lontano dalle atrocità che hanno devastato milioni di vite. Un attimo di vita … altrove.
Il progetto “EuropEva 192020” ripercorre, in occasione dei 100 anni dalla sua nascita, il percorso della pittrice Eva Fischer attraverso i paesi trascorsi lungo la vita e la professione.
Nata a Daruvar (oggi Croazia) da una famiglia ungherese, ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Lione (Francia). Raggiunta la famiglia a Belgrado (oggi Serbia), è dovuta fuggire a causa dei nazisti ed attraverso l’Albania ha raggiunto le truppe italiane che occupavano la parte adriatica della ex-Jugoslavia. Ottenne il permesso di lasciare il campo di detenzione dell’isola di Curzola per andare a Bologna dove far curare la madre malata. Lì si adoperò per la resistenza. A guerra finita decise di trasferirsi a Roma, dove ha incontrato le personalità artistiche del tempo. Per continuare le lunghe conversazioni ed affermarsi come donna in un mestiere prevalentemente al maschile, si è trasferita saltuariamente in Spagna (per incontrare Dalì e Picasso) ed a Parigi (per l’amicizia con Chagall). Passò un lungo periodo anche a Londra, ma Roma – dove è morta nel 2015 – è rimasta il suo punto d’arrivo e di partenza. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private in tutto il mondo. In vita ha esposto in più di 130 mostre personali, ottenendo successo e premi internazionali.
“Non è arte – diceva – se non crea emozioni”.
“EuropEva 192020” esporrà diverse tematiche dipinte da Eva, sotto l’egida delle Ambasciate dei paesi dove l’artista ha trascorso del tempo o che hanno influito nella sua vita. Roma sarà il centro d’Europa attraverso i colori di Eva ed il Vecchio Continente troverà la propria unità ed il suo consolidamento artistico. Storia e memoria comune attraverso la pittura.
Aula Magna Scuola di Lettere Filosofia Lingue, via Ostiense, 236 – Roma –
Ore 9.45 “Tramandiamo la Memoria” – Ore 13.00 Inaugurazione della mostra di Eva Fischer “I colori della Shoah”
La mostra rimarrà aperta sino al 7 febbraio, dalle 09.00 alle 14.00
Link: il filmato su https://youtu.be/Yld7JpbF9KY, il sito ufficiale di Eva Fischer all’indirizzo www.evafischer.com
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