I “nei” di Enrico Mentana

I nei più famosi nel giornalismo italiano sono quelli di Bruno Vespa e, sicuramente, i più fastidiosi non sono quelli che gli tempestano il viso. Ma ogni giornalista, in quanto essere umano e quindi imperfetto, ha comunque i suoi “nei”. Anche Enrico Mentana, visto che è umano come tutti gli altri.

Indubbiamente è uno dei migliori sulla piazza: brillante, indipendente, intellettualmente onesto … Un direttore che se ha un’idea “di parte” su una certa questione la dice senza nascondersi dietro a un dito e senza alterare la visione dei fatti con trucchetti subdoli che inducano il pubblico a interpretare gli eventi in un senso piuttosto che in un’altro: nel suo telegiornale i fatti stanno da una parte e le opinioni dall’altra, quindi ogni spettatore ha la possibilità di farsi una propria idea, anche in dissenso con il direttore. Ancora, Mentana è un giornalista che si limita a fare il suo lavoro e non si improvvisa, ad esempio, legislatore o giurista (vedi invece da ultimo, proprio al Tg di La7, Travaglio e Sallusti); un professionista serio ed impegnato, che per questo si è meritato anche la menzione speciale del premio annuale istituito dalla  Fondazione Sodalitas per il giornalismo sociale.

Però, anche lui ogni tanto “toppa”. Non tanto per il vizio di dire ogni giorno “giornata di infuocata, oggi, sotto il cielo della politica”, tic verbale per cui si canzona da solo, ma per il fatto che anche lui, qualche volta, si fa contagiare dalla logica del “parlare di ciò che vende e non solo di ciò che conta”. Se, infatti, è davvero convinto – come ha affermato – che le ultime intercettazioni relative a conversazioni tra Berlusconi e la Minetti non sono effettivamente utilizzabili ai fini delle indagini in quanto non autorizzate preventivamente dal Parlamento, perché raccontarne il contenuto ai suoi telespettatori? Perché non limitarsi a dire che il Corriere della Sera le ha pubblicate (anche loro, peraltro, sostenendo che comunque non sono utilizzabili ai fini delle indagini) senza scendere nei dettagli? E perché addirittura ricorrere a due voci recitanti-imitanti per riprodurre la conversazione, contribuendo ad arricchire questo squallido teatrino? Mentana è troppo intelligente per non capire che del cosiddetto “Ruby Gate” se ne potrebbe parlare quel minimo che basta per soddisfare il dovere di cronaca. Del resto, i soli argomenti politici e istituzionali sono più che sufficienti per contestare il Cavaliere. Dunque non è per cattiveria gratuita che vien da pensare che solo le logiche di mercato possano giustificare questa sua incoerente scelta.

Ma si sa, nessuno è perfetto!

 

Marcella Onnis – redattrice

marcella.onnis@ilmiogiornale.org

1 thought on “I “nei” di Enrico Mentana

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *