I SANTI MEDICI E MARTIRI COSIMO E DAMIANO, PROTETTORI DI CHI SI DEDICA AI PAZIENTI
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)
Addentrarsi nell’aureo campo dei Santi è certamente una “impresa” oltre che mistica e di beatitudine anche ricca di spunti storici. È infatti noto che non vi sono mestieri o professioni che non abbiano un santo protettore, un elenco che riempirebbe l’anagrafe del Paradiso. Tra questi, poiché l’ottenimento della salute accomuna l’umanità sin dai suoi albori, vorrei rammentare i Santi martiri Cosimo e Damiano, due fratelli (pare fossero gemelli, nati in Arabia verso la fine del III secolo) medici anargiri, così chiamati perché visitavano e curavano senza pretendere alcun compenso, e ciò più per santità che per scienza umana. Insieme ai fratelli Antimo, Leonzio e Euprepio furono martirizzati a Ciro (Kyros, in Siria), probabilmente sotto la persecuzione di Diocleziano agli inizi del IV secolo. Secondo la tradizione, riportata da più fonti, i SS. Cosimo e Damiano sperimentarono sulla propria pelle l’essere fedeli al Vangelo poiché dopo il processo dovettero sopportare una serie di torture tali che, prima di soccombere, subirono la lapidazione, gettati in mare legati mani e piedi ma salvandosi dall’annegamento. Ed ancora. La crudeltà dei loro persecutori si manifestò con la prova del fuoco che non produsse alcuna lesione, quindi proseguirono con la fustigazione, una tortura che provocava strazianti dolori, ma poi il decesso avvenne con la decapitazione. Diverse sono le rappresentazioni artistiche ed iconografiche a “testimonianza” dell’interminabile suplizio: un affresco ritrae i Santi nella fornace ardente e un Angelo aleggiante sul luogo li conforta; un altro illustra la fustigazione legati ad un palo e frustati; un altro ancora mostra il momento in cui il carnefice sta per vibrare il colpo mortale sui santi in posizione genuflessa e in orazione e l’eseguita decapitazione. Tra i benefici di carattere medico-chirurgico ad opera dei fratelli medici vi è un dipinto del XIV secolo che si trova nel North Carolina Art Museum di Raleigh (USA), il quale raffigura la storia di un presunto loro miracolo, ossia secondo la tradizione presero una gamba sana da un uomo deceduto e la posero al posto di una gamba affetta da cancrena di un altro uomo. Ricercatori italiani affermano che si tratta della prima rappresentazione di un trapianto di arti, e il dipinto in questione è del pittore Matteo di Pacino, realizzato tra il 1370 e il 1375. Tra le manifestazioni religiose in loro onore si può citare la Domenica dell’Ascensione con il pellegrinaggio a piedi (in aperta campagna) al Santuario di San Cosimo alla Macchia di Oria (Brindisi), da sempre sempre meta di pellegrini che giungevano e giungono da tutto il Salento per ottenere dai Santi Medici una grazia, una guarigione, la risoluzione di un dramma familiare o semplicemente per tradizione e devozione.
Ecco che la “famiglia” dei Santi non può che ricondurci a considerare le loro opere che comunemente intendiamo “miracoli”, sia pur tra scetticismo e vero e proprio credo. Un universo ricco di eventi, tanti quanti sono gli abitanti dell’Eden con l’aureola, interpretati per credo e devozione come miracoli con la conseguente convinzione: “Per grazia ricevuta!”. «Eventi e fatti anche minimi – precisa l’antropologo torinese Massimo Centini, tra l’altro autore de’ I grandi veri miracoli. Le guarigioni miracolose, le apparizioni (Ed. De Vecchi, 1999, pagg. 159) – che fanno parte dell’universo “miracolo”, straordinariamente ricco proprio di quegli eventi che non possono essere ignorati dall’uomo obiettivamente intenzionato a non lasciarsi condizionare dai luoghi comuni…». Ma che cos’è il miracolo? Secondo l’autore, ha una stretta relazione con il sacro e il divino, un fenomeno meraviglioso di per sé stesso, soprattutto perché propone una serie di avvenimenti in contrasto con le leggi della scienza umana. Relativamente all’attualità Centini precisa: «Ancora oggi, nella nostra realtà ipertecnologica, i miracoli costituiscono una costante del rapporto tra l’uomo e il sacro, con toni che certo non sono più quelli del medioevo, ma con un ruolo sociale di fatto non molto diverso da quello del passato». È quindi risaputo che non sono solo i malati o gli emarginati a credere nei miracoli e a chiedere loro una grazia, ma anche i lavoratori come medici, farmacisti, dentisti, chirurghi e persino barbieri (questi ultimi nell’antichità erano i chirurghi ante litteram) dei quali i Santi medici sono i protettori; una devozione innata o ispirata al bisogno, ma in ogni caso comprensibile, poiché la Fede (se si escludono gli atei e gli agnostici) è il sostegno della nostra esistenza, durante la quale Cosimo e Damiano non è detto che non escano dall’Eden per proteggere il nostro lavoro, in particolare quello dedito alla cura delle persone malate. E se è vero che il medico è la sentinella della vita, è altrettanto vero che è il custode dell’uomo sano… con l’occhio vigile dei propri santi protettori, la cui ricorrenza è il 26 settembre.