Il declino del senso civico parte dalla base
Quando accade una tragedia, si cerca sempre un colpevole definito. È normale, è comprensibile: l’uomo ha bisogno di dare un senso al dolore e di poter imputare le ingiustizie subite a qualcuno che possa pagare, così che le sue sofferenze siano in qualche modo vendicate.
Il problema è che, spesso, questo processo naturale porta a puntare il dito contro chi non ha colpe o chi ne ha solo una parte, facendo salvo chi invece non ha esattamente la veste candida, soprattutto quando quest’ultimo coincide con la vittima-accusatrice.
Quando un terremoto fa delle vittime, presto o tardi si finisce con l’imputare responsabilità a sismologhi e protezione civile che non hanno saputo prevedere il fenomeno o l’hanno sottovalutato. Non si considera quindi, più spesso per comodo che per vera ignoranza, che – come faceva notare il prof. Enzo Boschi, presidente dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia– se gli edifici italiani fossero costruiti nel pieno rispetto delle norme antisismiche – come accade, ad esempio, in Giappone – le scosse di una certa entità non dovrebbero affatto meritare lo stato di allerta.
Quando un’alluvione distrugge decine e decine di abitazioni e di vite umane, si punta subito il dito sui costruttori che realizzano edifici non a norma con materiali scadenti e sulle autorità che consentono – solitamente dietro tangenti – questi scempi. Quasi mai si mette in conto che ci sono tanti proprietari consapevoli che il proprio immobile costituisce un abuso edilizio, che hanno fatto pressioni su quelle autorità perché dessero l’assenso per costruirli e che si autoassolvono ripetendosi che dai, cosa vuoi che succeda se non si rispetta qualcuna di tutte queste norme.
Quando degli operai muoiono sul lavoro si pensa subito che la colpa è dei “padroni”che costringono i propri dipendenti a lavorare in condizioni vietate dalle leggi in materia di sicurezza sul lavoro. Quasi sempre si fa finta di non sapere che, purtroppo, tante volte sono gli stessi operai ad infischiarsene di quelle leggi (ovviamente ciò non vale per la recente tragedia avvenuta a Capua). Perché quelle precauzioni sono troppe da ricordare, perché allungano eccessivamente i tempi di intervento, perché non si è capito quanto siano importanti, perché a volte le norme in materia sono contorte e, in alcuni casi, paradossalmente eliminano un pericolo creandone un altro.
Tutti esempi che, una volta di più, ci dimostrano quanto siamo ipocriti a stupirci perché chi detiene il potere manca di senso civico, posto che siamo noi i primi a possederne poco: se ci mobilitassimo di più per essere più informati e consapevoli, se applicassimo con coerenza quei principi che conosciamo, sicuramente saremmo non solo più lungimiranti nello scegliere – a tutti i livelli – i nostri rappresentanti ma anche più attenti a controllarne e sanzionarne l’operato.
Marcella Onnis