Il purgatorio dei cani

 

 

 

 

 

Rientro a casa e, mentre guido, aguzzo lo sguardo verso ogni angolo sospetto: sto cercando un cane. Una mia amica ha smarrito il suo pastore tedesco. Era solito uscire tranquillamente, la sera, dal cancello aperto ad esplorare i dintorni della sua proprietà. E poi rientrava. Ma non ieri sera.Fino a notte inoltrata lo hanno cercato dappertutto. Nulla. Conoscevo bene Argo il giocherellone curioso. Quando mi vedeva girava lievemente la testa, le orecchie dritte, espressione bonaria quasi burlona, occhi puntati e mi fissava con aria acutamente indagatrice quasi a volere mettere a nudo le mie intenzioni, prima che il cancello mi lasciasse entrare per accogliermi festoso. Sono triste per lui. E sono preoccupata. Non riesco a rimanere con le mani in mano. Come vorrei che la sua brutta avventura finisse presto! Ho esplorato strade periferiche finora. Me ne resta una, non lontana dalla mia abitazione. Lì si apre uno spazio di campagna. Mi dirigo. Parcheggio alla sommità del breve sterrato antistante l’ingresso al terreno di proprietà. Un maremmano a guardia si avvicina curioso e socievole. Si strofina. Mi sbava e non lesina carezze. Il dosso si perde più in basso tra un agglomerato di casupole di fortuna per attrezzi e quanto serve per chi vi detiene un allevamento di cavalli. Il limite estremo dell’appezzamento è segnato non lontano da una fila di eucaliptus che si staglia netta sui margini del canale. Prima di scendere verso l’abitato osservo sulla sinistra una costruzione bassa che funge da officina e oltre, sul terreno che si rialza, pochi cavalli al pascolo. Alla mia destra recinti di canne e baracche in legno si susseguono. Aspetto mentre scorgo qualcuno che mi viene incontro. Non è italiano. Mi guarda con fare interrogativamente sospettoso. Chiedo di parlare con il proprietario. Nel frattempo qualcuno esce e un uomo e una donna parlano a voce alta. Lanciano occhiate. Aspetto. Di cani ce ne sono. Eccome! A cominciare dalla mia sinistra di fianco all’officina. Un cane marrone di media taglia cerca riparo sdraiato a metà sotto una macchina, tirando una catena troppo corta. Alla mia destra un recinto di canne per galline. E c’è un cane nero dentro. Sembra di razza. È legato a catena corta. Tra lo strame e il fango, per la pioggia di ieri, e le galline che razzolano, c’è un grosso osso di bovino completamente insudiciato. Non vedo un riparo per il cane. In lontananza, sotto un albero, ancora un cane legato e nulla intorno a lui. Arriva il padrone. Un trentenne. Lo straniero rimane fermo ad osservare poco discosto. Gli domando se per caso si è avvicinato un pastore tedesco di circa otto anni. Una mia amica lo ha perduto e lo sto cercando. No! Non ha visto nulla. “Se lo vedo lo metto subito a catena”, aggiunge con sussiego. Non ne dubito. Chiedo scusa per il fastidio. “Posso ritornare ancora? Magari il cane potrebbe orientarsi da questa parte!”. “Quando vuole!”, è la risposta. Saluto. Mi dirigo verso la macchina. Guardo intorno. So di una femmina di grossa taglia, affabile e sempre affamata, probabile incrocio con un pastore tedesco, che dovrebbe essere qui, da qualche parte. Era libera. Un abitante del quartiere che porta a spasso il suo cane, l’ha vista legata e la catena troppo corta le ha anche graffiato e tirato il pelo del collo. Ogni giorno, per tre mesi, questo gentile signore ha portato da mangiare a lei e ai suoi cuccioli. Ma ora non ne vedo traccia da nessuna parte. Che cosa ne è stato? Sulla strada da cui sono arrivata, ci sono due cuccioli di cane maremmano che giocano e un cane adulto che pigramente li osserva. C’è un gregge di pecore da queste parti e sicuramente se ne sono allontanati. Riparto. Una sorda angoscia mi accompagna. Per giorni questo spettacolo non mi abbandona e quando piove immagino cosa possa essere diventato lo spiazzo per le galline, e soprattutto, per il cane che le controlla: si può sdraiare solo nel fango! Dopo giorni vi ritorno con un amico che si occupa del canile comunale. Questa volta c’è il fratello della persona con cui ho parlato la volta precedente. È un uomo mite con cui si parla volentieri. Nella sua proprietà i cani arrivano spesso perché abbandonati o smarriti. Lui fa quello che può. Gli dà da mangiare. E sono tanti. Che fare? Il cane guardiano di galline, noto, non c’è più. “L’altra volta c’era suo fratello e mi ricordo, qui c’era una cane nero!” “Ah! È morto”, mi risponde laconico. Ci guida fra le baracche di attrezzi di uso quotidiano e ambienti vivibili. Un cane simile ad pastore tedesco, magro da far paura è legato a una lunga catena. “Adesso, anzi, si è un po’ ripreso” ci dice. “Non ha un riparo”, osserva il mio amico. Si offre di dargli una cuccia che gli è rimasta inutilizzata da qualche parte. L’accetta. Anzi: ha intenzione di mandare il cane, una volta rimesso in forze, nella proprietà dell’altro suo fratello, a qualche chilometro di distanza. Stessa cosa per il cane solitario sotto l’albero lontano. Gli procurerà un riparo con il materiale che c’è in giro. È stato molto comprensivo ed amichevole. Mentre ci orientiamo all’uscita, noto una cokerina in un recinto poco dietro lo spiazzo per le galline. Sta nei pressi della rete. Guarda e guaisce in direzione delle nostre voci. La mostro al mio amico. Ci avviciniamo. È bella. È pulita. Sembra appena caduta dalle stelle alle stalle ed è frastornata. “Sono qui per errore”, sembra dirci speranzosa mentre il mio amico si avvicina. Si lascia toccare attraverso la rete e scodinzola con uggiolii increduli e malinconici. Io osservo la dimora a cui dovrà adattarsi. Improvvisamente, dal palazzo dall’altra parte della strada, si fa vivo il padrone. Viene verso di noi. Un ragazzo straniero. Cerco di trasformare una domanda brutalmente repressa in una formale osservazione: “… Peccato tenere qui dentro un cane di questa razza!”. “Sì è un bel cane. Ha il pedigree”, mi risponde. È suo ed ha tutta la documentazione. Nessuno ha chiesto alcunché in proposito né è stato insinuato nulla. Gli è nata una bambina e non può tenerla in casa, per ora!Ma, se pensa di riportare il cane in casa, come sembra, gli fa osservare pacatamente il mio amico, già da ora i bambini, gradualmente, iniziano a sviluppare anticorpi utili alla coabitazione. Attimi di silenzio. “Forse è il caso, magari, di affidarla a qualcuno”, azzardo io. “No, per ora sta qui. Le faccio fare i cuccioli e poi li vendo!”. Adesso ha detto la verità. Mi viene subito in mente quello che ho letto sul suo paese in materia di allevamenti e cuccioli poi rivenduti in Italia. Sono furibonda e taccio. E poi, un dubbio mi affiora: sarà suo? Salutiamo. Andiamo via. Espongo al mio amico il dubbio che mi rovella. Come fare? Lui non potrebbe -magari non visto- ritornando qui per la cuccia promessa, detettare il microcip?!!! La volta seguente, arrivata lì con una scusa qualunque, mi viene detto che la cokerina, quella stessa mattina, è sparita. In quale altro tugurio sarà finita? Qualcuno la starà cercando? E dove la sorte avrà guidato Argo il cane pastore tedesco che è ancora atteso e per il quale ancora ci si inquieta? Spero con tutta l’anima che sia capitato in mani gentili. Mi piacerebbe poter mostrare questo posto, o un canile qualunque, ad un teologo amico il quale si accalora contro le signore che spendono per i loro cani invece che inviare cibo ai bambini africani! Beh! La verità non è sempre e solo quella che si vede in TV. Per quello che io conosco di questo ambiente dove vivo, e per quello che ho visto altrove, posso tentare un certo discernimento. Intorno agli animali che vivono con noi si aggira, anzitutto, una vasta ed esorbitante avidità commerciale. Insieme a questa vegeta, poi, la fuorviante e fatua ostentazione di un censo umano minoritario che pretende di rapinare consensi propagando mode languide e zuccherose, danneggiando la stessa causa dei nostri animali domestici. Ma il mondo reale per i nostri amici animali è ben altro! Comune a tutto il paese, e in maniera ingravescente verso il sud e le isole, la condizione di vita dei cani, nonostante la carta dei diritti degli animali che pochissimi conoscono e nessuno fa rispettare, è questa.

O molto simile a questa. E ho visto anche di peggio! Nella mia città ho osservato, giustamente, crociate contro le deiezioni dei cani ma non osservo indignazione per il degrado ambientale, urbano, civile, istituzionale che tutti quotidianamente ci sommerge e soffoca! In un contesto di sotterranea, esasperata impotenza è facile estremizzare … verso il più indifeso pregiudizialmente, ovvio! Come sempre, è molto più facile scovare e additare la pagliuzza che vedere la trave.

Benevola, miope, incoerenza! Dove ci porterà?

Se, come ha compreso Gandhi, la grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali, allora non saprei in quale posto metterci in graduatoria come paese.

 
 

 Emanuela Verderosa
 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *