IL RISPETTO PER UNA VITA PERSA RICHIEDE PIÙ SOBRIETÀ E MENO CLAMORE
Qualunque sia l’evento che abbia posto la fine di un’esistenza umana, la partecipazione non deve sconfinare negli eccessi di dispiacere con la platealità di ogni iniziativa
di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)
Drammi umani e ancora drammi umani e, in seguito ad essi, tanta informazione e altrettanto clamore. Ma è poi utile questo eccesso di ridondanza sollecitata dai mass media con la “complicità” di testimoni dei fatti, di curiosi oltre che degli interessati direttamente o indirettamente? In queste circostanze ad ogni “sollecitazione” dei giornalisti (che si appellano al diritto-dovere di cronaca) non mancano mai quelle persone che hanno la bramosia di raccontare quello che hanno o avrebbero visto e/o sentito, e magari aggiungendo qualche personale ipotesi di cosa possa essere successo; interventi in parte del tutto gratuiti e quindi non necessari. A questo proposito si dice che esistono tre tipi di testimoni: coloro che hanno visto bene, ma non sono sicuri di ciò che hanno visto; quelli che non hanno visto tanto bene, ma sono quasi sicuri di aver visto bene; infine quelli che non hanno visto assolutamente nulla ma sono sicuri di aver visto tutto. Ed ecco che le notizie non solo si diffondono, per quanto in parte necessarie, ma si estendono oltre la “valle della liceità o del razionale” dando adito ad ulteriori illazioni della pubblica opinione. Inoltre, nei casi di femminicidi, ma anche di altri tipi di reato, alcuni programmi televisivi dedicano dei servizi “ad hoc”, più propriamente definiti di approfondimento con le cosiddette dirette con inviati, corrispondenti ed eventuali protagonisti. Ora, va da sé che è impensabile omettere le informazioni di carattere pubblico, ma al tempo stesso ripetizioni e sottolineature ad oltranza mi sembrano fuori luogo, anche perché in taluni casi i protagonisti e gli “improvvisati” si esprimono talvolta in modo non adeguato… Inoltre, alcune vittime per causa di mano violenta vengono elevate “a martirio” e altre cadono presto nell’oblio; due pesi e due misure che ledono ad entrambi la dignità umana. Io credo, annaspando negli annali della storia e delle varie culture, che la sobrietà e il contegno un tempo erano un modo di atteggiarsi più consono alla realtà, un vero e proprio rispetto per chi è caduto in disgrazia e per i loro famigliari. In merito a ciò si dirà che i mezzi di comunicazione erano assai esigui, ma oggi che di questi abbondiamo, non è una buona ragione per “enfatizzare” una notizia che, una volta conosciuta e recepita dagli addetti ai lavori se di competenza medica e giuridica, si dovrebbe tornare tutti alla normalità per quanto possibile, ma con l’impegno altrettanto “composto” della solidarietà più diretta e meno plateale: la condivisione di un dolore è un fatto umano, ma la sua ricezione credo sia meglio accolta se più intima e meno allargata: anche una sola e silenziosa lacrima come una sincera stretta di mano possono significare la nostra vicinanza! La quantità di fiori da deporre e le fiaccolate per le vie cittadine hanno certamente un loro significato di partecipazione, ma in realtà sono fini a se stesse, e gli eccessi come la realizzazione di gigantografie e murales per ricordare le vittime, a mio avviso ha tutto il sapore della spettacolarità (sia pur innocente) e non credo che ciò contribuisca a dare maggior conforto ai famigliari, amici e conoscenti delle vittime.
Anche se si volesse mantenere questo modo di “essere vicini” e quindi di solidarietà, per coerenza si dovrebbe dare censo anche a tutti coloro che hanno perso la vita sul posto di lavoro, o sulla strada per mano di irresponsabili, ma ciò non avviene, come dire che morire in un cantiere o su un asfalto fa la differenza rispetto a chi perde la vita per mano violenta. Con queste mie considerazioni che pure mi turbano mentre le scrivo, ritengo giusto porre in evidenza che perdere la vita ha un fine comune ma quello che si può fare, invece, è attivarsi affinché la Scienza medica e Giuridica uniscano i loro sforzi per prevenire i crimini, e va da sé che non basta legiferare, bensì occorre una più ferma volontà di agire, cosa che finora non è stato fatto a sufficienza… anzi. E quando a perdere la vita in modo cruento è un minore di età, di riflesso si è tutti maggiormente colpiti, per il quale si dedica una “più particolare” omelia, una bara bianca, tanti fiori e infiniti palloncini colorati da liberare in cielo, con il desiderio che la piccola anima innocente venga accolta in Cielo. Ma io credo che tutte le anime innocenti che hanno lasciato questa terra non per loro volere, abbiano una corsia preferenziale e per garantire loro l’accoglienza del Padre Eterno, e per chi crede è sufficiente una breve ma sentita preghiera; gli atei e gli agnostici possono esprimersi come meglio credono, ma tutti uniti in quel fine ultimo, ossia il desiderio di compiere un viaggio senza soste intermedie perché la destinazione è la pace eterna… con meno clamore e in un silenzio più composto!
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