Il senso del dolore spiegato dalla sorella di un donatore di organi
Riceviamo e pubblichiamo:
Sabato 23 maggio – Cagliari, Ospedale “G. Brotzu” – Giornata regionale del donatore
La testimonianza della sorella di un donatore
Il senso del dolore
Mi chiamo Susanna, sono di Lanusei e credo nell’importanza della donazione come atto d’amore infinito. Voglio parlarvi della mia esperienza, quindi del motivo che mi ha portato ad essere favorevole alla donazione.
La giornata di oggi nasce da un’intensa esperienza di vita dove prevale il dolore per una grande perdita. Nasce il 25 ottobre 1996, giorno in cui mio fratello Roberto perde la sua fragile e breve vita in un incidente in moto. Di certo LUI uscendo da casa per provare i freni nuovi della moto non pensava che stava per intraprendere un altro viaggio.
Non lo potevamo sapere neanche noi, i suoi familiari che di certo negli occhi di un ragazzo di 19 anni vedevano altro. Il 25 ottobre 1996 ho sentito il sapore amaro della morte, il sapore del dolore che è come un coltello affilato che spezza il cuore in due. Il taglio è così glaciale da non darti il tempo di sentirlo che già ti appartiene. SEI TU STESSA DOLORE.
Dolore che può essere anche solo un pensiero che facciamo, qualcosa che non vogliamo per noi e per i nostri cari e temiamo possa accadere.
Roberto è stato soccorso e portato all’ospedale di Lanusei. Dopo le prime cure è stato trasferito all’ospedale Brotzu di Cagliari nel reparto di rianimazione.
La mattina successiva io e i miei genitori siamo entrati nello studio del Primario. Ho ancora vivo nella mia mente quel momento. Mi sono seduta di fronte a lui e guardandolo negli occhi pendevo dalle sue labbra che lentamente e con umanità dicevano Roberto è in paradiso.
D’istinto avrei urlato ma non l’ho fatto. Ho trattenuto il respiro. La mente correva veloce, incredula alla realtà, pensando alle parole del medico e a cosa potessi fare per far vivere Roberto, per strapparlo alla morte.
In quei minuti eterni di morte e di vita, il primario ci propone la donazione degli organi ed ecco che la mia disperazione di sorella esplode in quel sì. Un sì che prende forma dentro di me e ancora oggi mi accompagna. Ho avuto numerose parole di conforto e molte mi sono rimaste in mente come quelle pronunciate da Padre Salvatore: vedrai un giorno capirai, vedrai tutto ha un senso.
Ma, muore il corpo e la sua assenza è dura perché gli occhi hanno bisogno di vedere, le mani di toccare e le orecchie di sentire chi amiamo e vive giorno per giorno con noi e quando ci lascia, il suo dolce ricordo può essere ancora più doloroso.
Quando lasceremo il corpo e quindi il mondo terreno: ”Se noi crediamo davvero in Dio e siamo disposti a portare la croce che è l’unica a farci sentire vicino a Dio dobbiamo ancora di più credere che continueremo a vivere spiritualmente in Lui che spiega tutto, che ci aiuta ad andare avanti, ad andare oltre il nostro pensiero. E perché la morte non sia morte, e perché il senso di tutto trovi il suo significato la giornata di oggi deve essere una testimonianza dell’esistenza e del legame continuo con quel qualcosa che è al di là di ogni nostro limite umano. Perché si può CON UN PENSIERO SFIORARE IL VOLTO DI DIO E CON UN GESTO D’AMORE TOCCARE IL SUO CUORE. Dio è lì e non attende nient’altro…solo quel gesto.
Le cose che non capiamo, i dolori a cui non sappiamo dare una spiegazione trovano luce dopo tanto buio quando tutti i suoi obiettivi sono raggiunti e sono svelati ai nostri occhi e spiegati al nostro pensiero.
E’ chiaro che i tempi di Dio non sono i nostri tempi e che dobbiamo accettare per poter capire. Dobbiamo imparare ad essere umili per essere grandi. Avere coraggio per andare avanti ed avere fiducia per sperare, per pregare. Non è una giustificazione e forse neanche una consolazione. E’ solo una conferma del nostro essere piccoli e grandi allo stesso tempo agli occhi di Dio, ad essere ciò per cui siamo stati creati. L’amore di Dio si svela nel tempo, un amore che sempre ci accompagna. Dobbiamo abbracciarlo, cercarlo, volerlo per sentirlo e per essere in continuo contatto anche nei periodi d’aridità che sono numerosi e lunghi.
Infatti, a volte i giorni sembrano come dei muri alzati davanti a noi che non riusciamo a scavalcare o a superare. A niente servono le vie traverse, essi sono sempre lì davanti a noi a metterci alla prova e a farci pensare a chissà cosa ci vuole per abbatterli. Il muro da abbattere è prima di tutto quello che abbiamo dentro di noi, ossia la paura di tutto, anche di quello che siamo. La paura dell’ignoto e di chissà cosa c’è dopo e se c’è. E’ lì che nasce la fede. Da questo non capire, non vedere che circonda l’essere umano e da cui hanno origine le tante indecisioni. L’unica luce, l’unica speranza è convincerci del fatto che non si tratta solo di qualcosa ma di QUALCUNO e che per ognuno di noi TUTTO HA UN SENSO.
Il sole splende per ognuno di noi, basta seguire il raggio per avere il cammino sempre illuminato anche quando scende la notte o il buio è dentro di noi.
Citando un passo del Gibran: vorreste conoscere il segreto della morte. Ma come scoprirlo se non cercandolo nel cuore della vita? Il gufo dagli occhi notturni, ciechi di giorno non può svelare il mistero della luce. Se davvero volete scorgere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita. Giacché la vita e la morte sono una cosa sola, così come il fiume e il mare.
Abbiamo paura del dolore e della morte, soprattutto quando non li conosciamo e vedendo gli altri soffrire, gli altri che sembrano come segnati, ci sembra impossibile la loro vita e allo stesso tempo la nostra se dovesse capitarci. Questo è quello che si pensa, fino a quando non scopriamo sulla pelle che la fede è una verità da vivere. Una verità che interroga, che mette alla prova e ti presenta come sei realmente. Non è facile credere, vedere e sentire quando si sta male che comunque NON SIAMO SOLI.
A distanza di otto anni tramite un invito di Padre Federico siamo venuti a conoscenza che il ricevente del cuore di Roberto desiderava incontrarci. Data la nostra disponibilità l’incontro è stato anticipato da una lettera scritta dal Sig. Giampiero Maccioni, presidente e fondatore dell’associazione VITA NUOVA. Leggendola ho constatato quanto sia stato importante quel “SI” detto in un momento di estremo dolore, di estrema sofferenza, che da una parte toglieva la vita del nostro amatissimo Roberto e dall’altra dava continuità ad un cuore che si stava spegnendo. Oggi con quel gesto il cuore di Roberto batte prepotentemente nel petto del Sig. Giampiero. Sono stata la prima componente della mia famiglia ad averlo incontrato di persona. Inizialmente ero un po’ impaurita perché non sapevo che effetto avrebbe suscitato su di me quest’incontro. Rotto il ghiaccio posso dire di aver provato una forte emozione e stando accanto a lui il pensiero che faccio costantemente è che il cuore del mio amato e MAI DIMENTICATO ROBERTO, è dentro di lui. Auguro al Sig. Maccioni di star bene e lo ringrazio per aver fondato quest’associazione e per averci permesso di realizzare questa giornata di promozione per la donazione degli organi..
La donazione degli organi è un gesto d’amore fatto in un momento di profondo dolore e proprio per questo acquista più valore perché dà speranza a chi non ha più possibilità di vita.
Vi ho raccontato la mia esperienza per farvi capire come sono arrivata a quel sì coraggioso ma determinato perché in altre quattro famiglie continua a brillare un’immensa luce di speranza, amore e tanta fede.
Sapere che con il dolore si compie per noi qualche cosa che tocca l’ordine universale del bene, qualche cosa che è al di là di noi, ma cui pure partecipiamo è già una luce. Tenue, ma sufficiente a farci capire che il dolore ha un senso.
Grazie per la vostra attenzione.
Susanna Cuboni
Il commento del ricevente il cuore di Roberto:
Ho ascoltato in “religioso silenzio” la tua triste, commovente ed allo stesso tempo meravigliosa e luminosa esperienza di vita, sostenuta e incoraggiata dalla profonda fede nell’Uomo e nel Suo DIVINO CREATORE!
La commozione è stata intensa fino a far sgorgare dai miei occhi, sempre avari di pianto, una lacrima liberatrice.
Grazie Susanna!
Ripeto oggi le parole riconoscenti di allora, quando all’oscuro del nome del mio donatore, scrivevo al cardiochirurgo Dott.Ricchi << il GRAZIE si è sostanziato nell’unico modo a me confacente e produttivo: rivolgere a Dio Onnipotente la preghiera di suffragio al giovane defunto ed una supplica allo Spirito Santo perché fosse vicino alla vostra famiglia, in un momento così grave e doloroso, per portare conforto, serenità e pace>>.
Un caloroso e fraterno abbraccio.
Giampiero Maccioni