Intervista a Alessandro Valle, oncologo e palliativista; responsabile sanitario della Fondazione F.A.R.O. Onlus
Particolare attenzione per le cure domiciliari con la massima considerazione del paziente sempre più consapevole del “fine vita”, ma anche come Persona mai disgiunta dal massimo coinvolgimento e vicinanza dei suoi famigliari
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Dott. Valle, che cos’è un Hospice?
“È un Centro residenziale di cure palliative per pazienti che si trovano alla “fine della vita”, e che per motivi ambientali, familiari, psicologici e sociali non possono essere accuditi a casa loro. L’hospice rappresenta quindi la migliore alternativa possibile per pazienti affetti da una patologia “non guaribile”, sia essa oncologica o cronico-degenerativa. Purtroppo nel nostro Paese di questa indicazione terapeutica se ne parla ancora troppo poco perché, a mio avviso, in molti è ancora radicata la mentalità “oncocentrica”.
Quali cure vengono attuate al paziente ricoverato in Hospice?
“Le cure palliative, per l’appunto, ossia un insieme di interventi complessi e integrati che non riguardano soltanto l’aspetto clinico come il trattamento del dolore oncologico o neuropatico, ma prendono in considerazione la persona e la sua famiglia nella loro globalità, affrontando anche gli aspetti psicologico, sociale e spirituale che fanno costantemente parte della nostra esistenza, soprattutto nell’ultima parte della stessa”
Quali sono le patologie più ricorrenti che richiedono un ricovero in Hospice?
“Tradizionalemente le patologie oncologiche in fase avanzata: neoplasie polmonari, pancreatiche, mammarie, del colon, sarcomi, etc.”
Quanti sono i posti letto e quale la degenza media?
“Nella nostra sede, qui in pre-collina zona San Vito, abbiamo due Hospice: “Sergio Sugliano” aperto nel 2001, e “Ida Bocca” aperto nel 2012, per un totale di 34 posti letto disposti sue due piani; la degenza media è di circa 15 giorni, e ciò anche a causa delle segnalazioni tardive di pazienti che avrebbero potuto beneficiare ben prima di un programma di cure palliative. Solitamente i pazienti provengono dagli ospedali, e un numero più esiguo dal proprio domicilio”
Quali sono i tempi di attesa per accedere in uno dei due Hospice?
“Sono molto variabili e frequentemente si protraggono oltre 7 giorni, e questo sovente per un ritardo nella autorizzazione al ricovero da parte delle Asl di residenza del paziente”
Come è composto l’organico?
“È costituito da medici palliativisti, infermieri, fisioterapisti, psicologi, un’assistente sociale, operatori socio-assistenziali, un assistente spirituale, impiegati amministrativi e volontari”. L’assistenza è garantita da medici, infermieri e operatori socio-sanitari 24 ore al giorno (presenza garantita anche a domicilio dei pazienti, sempre coordinata dalla Fondazione F.A.R.O.)”
I medici sono tutti oncologi?
“No. Sono tutti medici esperti in cure palliative in quanto le stesse richiedono l’expertise proprio in cure palliative, e questo anche perché tra i ricoverati non vi sono solo pazienti affetti da patologie oncologiche, ma anche pazienti affetti da malattie neurologiche degenerative come la SLA, il morbo di Parkinson; oppure cirrosi epatica e nefropatie in fasi avanzate. L’obiettivo prossimo è quello di poter assistere anche pazienti affetti da malattie cardiologiche in fase avanzata, e quelli affetti da malattie polmonari non oncologiche”
Quali sono solitamente le richieste dei pazienti?
“Soprattutto quella di poter star meglio (abolizione del dolore), e la possibilità di un recupero funzionale nella mobilità (richiesta più frequente), e questo può avvenire grazie al ruolo del fisioterapista”
Che tipo di rapporto si instaura tra il personale sanitario e il familiare del ricoverato?
“Generalmente di tipo familiare, e la competenza professionale di ogni operatore richiede anche una particolare attenzione per i bisogni del paziente e dei suoi familiari, i quali solitamente presentano problematiche sociali (anche amministrative) e psicologiche”
“Come vengono affrontati i problemi sociali?
“C’è un progetto denominato “Protezione Famiglia” istituito nel 2002 e diretto dalla Fondazione F.A.R.O., ma integrato con realtà ospedaliere e territoriali di Torino e provincia, attraverso il quale vengono individuate le problematiche sociali per poter così dare le risposte più opportune, soprattutto nei casi in cui il paziente ricoverato abbia genitori anziani, figli minori o particolari esigenze di facilitare i rapporti con le istituzioni”.
Tra il personale sanitario si manifestano (o si sono manifestati) casi di burn out?
“Raramente. Prima di tutto perché la prevenzione di questo “disturbo” scaturisce da più componenti come la forte motivazione per svolgere questo lavoro, e dal buon rapporto (intesa e sinergia) tra gli operatori dell’équipe e le figure apicali; inoltre per la possibilità di “interrompere” per brevi periodi l’attività stessa con ferie e giorni di riposo, oltre a poter contare sulla consulenza di psicologi preposti per questo aspetto, in un programma di supervisione strutturato ad hoc”
Qual è la maggior soddisfazione per un operatore che lavora in questa “delicata” realtà?
“Possono essere diverse, ma soprattutto riuscire a controllare un dolore particolarmente difficile, e magari riuscire a “strappare” un sorriso a quei pazienti (e anche loro familiari) che sono particolarmente provati e… consapevoli della loro fine vita”
Quali sono i rapporti tra voi e le Istituzioni?
“La nostra attività di Hospice è completamente autonoma sia dal punto di vista organizzativo che gestionale. Le decisioni che vengono prese al nostro interno riguardano il personale che vi lavora, e quelle afferenti al nostro servizio di cure palliative domiciliari. Abbiamo convenzioni con la Città della Salute e della Scienza di Torino (ospedale Molinette) e con l’A.O. dell’Ordine Mauriziano per la fornitura dei farmaci, esami strumentali, consulenze, etc.”
Due parole sulla Fondazione F.A.R.O.
“L’obiettivo principale di questa Fondazione, istituita 30 anni fa dagli oncologi prof. Alessandro Calciati e dott. Oscar Bertetto, sono le cure palliative domiciliari per tutti quei pazienti che ne fanno richiesta (esclusi i pediatrici, per i quali intervengono le Istituzioni e altre associazioni), sui quali interveniamo anche con la eventuale consulenza di altri specialisti; dal 2001, come detto, è stato possibile dare una risposta assistenziale anche alle persone che non è possibile assistere a casa, grazie all’apertura al pubblico dell’hospice”
POETICA LA LOTTA AL DOLORE CHE OGNI GIORNO CONDUCONO GLI OPERATORI ALL’HOSPICE FARO:PECCATO CHE IN QUESTA LOTTA AL DOLORE (TERRA TERRA SIGNIFICA USO ALPRAZOLAM, MORFINA E NON ELENCO ALTRI PRODOTTI FARMACEUTICI E OPPIACEI) VENGONO STRONCATE TUTTE LE FORME DI VITA, DI GIOIA, DI ENTUSIASMO, DI GUSTO DEL CIBO E DEL MOVIMENTO. SE POI QUALCUNO NON RIESCONO A FARLO MORIRE, LO RIMANDANO VIA PERCHE’ MANIFESTATAMENTE NON SI PUO’ SOPPORTARE CHI VUOL VIVERE IN QUESTA ANTICAMERA DELL’ALDILA’. POI LA DIFFERENZA TRA I DUE PIANI E’ LAMPANTE. LUMINOSO E A TRATTI LIETO L’AMBIENTE AL SECONDO PIANO, TANTO QUANTO OSCURO E LUGUBRE QUELLO DEL TERZO PIANO. PER FAVORE A TUTTI COLORO CHE SOFFRONO INVIO QUESTO MESSAGGIO: OGNI GIOIA ED ENTUSIASMO VENGONO STRONCATI IN QUESTA ZONA DI MORITURI; SE VOLETE VIVERE TUTTA LA VOSTRA VITA, USATE CON PARSIMONIA ANTIDOLORIFICI ED OPPIACEI, MA CON MODERAZIONE E RESTATE A CASA, NON ANDATE NELL’ADE PRIMA DEL TEMPO. DOTTOR VALLE LEI E’ UN ONCOLOGO, MA DOVREBBE LEGGERE “GRAZIE DR. HAMMER” DI CLAUDIO T.
UN PARENTE DI UN PAZIENTE CHE HA AVUTO LA SFORTUNA DI INCAPPARE IN UN ESSERE CHE GLI HA SOTTRATTO LA VITA CON I SUOI METODI DI IPOCRITE CURE.
Gent.mo Sig. Francesco,
Le Sue parole mi addolorano profondamente. In questi anni gli operatori della Fondazione si sono adoperati per rendere il più vivibile possibile l’ultima parte della vita di ogni persona ricoverata. Spetta ai nostri assistiti ed ai loro familiari esprimere il giudizio sulla qualità delle cure che, come noto, non accelerano nè pospongono il momento del trapasso. Riceviamo quotidianamente testimonianze di affetto da parte delle famiglie che ospitiamo, ma il Suo risentimento sta a dimostrare che nel caso del Suo parente sono rimasti dolorosi ed irrisolti sospesi: ne sono molto dispiaciuto. Di conseguenza offro piena disponibilità ad incontrarLa personalmente, attraverso la redazione di questo giornale.
Alessandro Valle
Sono testimone e vittima mortificata del tremendo percorso degerativo celebrale di mia madre che ho assistito tutto solo dal 2014 ( quando è stata dichiarata totalmente disabile a causa del morbo di Alzheimer),sino a settembre del 2020. Dopo essere caduta in bagno di notte nonostante i miei risvegli sistematici ogni 90′ è stata portata in ospedale immobilizzata. La sedazione praticataal pronto soccorso se protratta accelera il processo degenerativo, oggi mia madre alta 160 cm pesa solo più 38,5 kg e rimane in ‘non vita’ o peggio idratata ed alimentata artificialmente. Il lockdown non mi ha permesso di vedere il suo stato. Ritengo contro l’etica medica e disumano tenere mia madre in un stato che nessuno è veramente in grado di conoscere perché sedata, ma non in modo mirato per mettere termine ad un suo travaglio che ho sempre percepito quando giunto allo sfinimento ho tentato di sostenerla con tutte le risorse fisiche e mentali che avevo. Dopo le sue prime due crisi epilettiche che ho affrontato tenendola in qualche modo ho vissuto con angoscia la possibilità che soffocasse davanti ai miei occhi mandando cibo o liquidi nei polmoni involontariamente. In vano mi sono appellato ai servizi sociali ( punto unico) per un ricovero in strutture adeguate ed avevo persino chiesto al medico di base per avere un letto per mia madre con le sbarre. Quella notte quando siamo caduti entrambi in malo modo in bagno a causa del pavimento viscido dall’abbondante pipi mi sono chiesto “perché?”. Le notizie che filtravo dagli ospedali presso i quali mia madre è stata poi sbalottata mi hanno fatto capire che la nostra società e le strutture sanitarie non sono ancora idonee a trattare un malato terminale di Alzheimer perché difficile da rispettare ( non impossibile) senza un trattamento idonea al quadro clinico del malato. Anche la parola terminale viene negata e questo equivale ad una ingiustizia umana e sanitaria. Certo che occorre un approccio diverso ma secondo la nostra costituzione questo non giustifica negare il diritto all’assistenza sanitaria NECESSARIA, sopratutto quando il malato ha un figlio che lo chiede per iscritto CON URGENZA e oggi chiede che il tremendo travaglio solitario di mia madre in balia di un cervello che non è più tale anche per qualunque funzione di quello che definiamo di VITA e che NESSUNO, ripeto NESSUNO può capire in toto anche perché il malato terminale di Alzheimer non comunica nemmeno un suo stato o dolore atroce e non ci vuole un luminare della medicina per capirlo, basta una persona UMANA qualsiasi che si ponga la domanda. Le cure palliative SONO UN DIRITTO DOVERE U M A N I T A R I O. Lasciate sospirare quel corpo martoriato di MIA MADRE! Altre persone che conosco confermano la mia stessa esperienza. Siamo i nuovi lebrosi emarginati dalla società medica e sociale. In fede Maurizio Felis
Egr. Signor Felis, per conto del dott. Alessandro Valle, allego la sua risposta in data odierna (27/9/2021). E. Bodini
“Gent.mo Sig. Felis,
La Sua lettera mi ha molto colpito e addolorato, professionalmente ed umanamente, facendomi tornare in mente mia madre, affetta dalla stessa patologia e morta alcuni anni or sono. Purtroppo il mondo sanitario non è ancora completamente preparato ad affrontare patologie come quella da cui è affetta la Sua mamma, che rappresenta una crescente e drammatica realtà sanitaria, in grado di stravolgere la vita del diretto interessato, così come quella dei suoi familiari. La Fondazione FARO assiste da anni pazienti affetti anche da questa patologia. Si tratta di un centro di cure palliative domiciliari e hospice destinato, per l’appunto, ad assistere pazienti con patologie cronico-degenerative in fase avanzata, rapidamente evolutive e con una aspettativa di sopravvivenza presunta inferiore a 4 mesi. Se ritiene che il nostro servizio possa essere utile può contattare il ns CVR (Centro Valutazione Richieste – 011630281), per un primo contatto, propedeutico all’eventuale attivazione dell’iter per la presa in carico della mamma.
La saluto con affetto e vicinanza.
dr. Alessandro Valle (Direttore sanitario Fondazione FARO -Torino)