Intervista al poeta Innocente Foglio
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico e critico letterario)
Signor Foglio, perché poeta, e da quando?
“Poeta per caso. Da sempre. Il prossimo anno festeggerò mezzo secolo di poesie. Un “traguardo” che mi fa onore e che vorrei “onorare” con l’antologia (di imminente pubblicazione) “Non ci sono arance nei bidoni della spazzatura”.
In quale misura i sentimenti possono “favorire” l’estro poetico?
“Io credo siano fondamentali perché senza di essi è come coltivare un campo non seminato quindi, per precisare, il sentimento è quel seme che sviluppa la poesia creando emozione… Nella poesia bisogna individuare la “costruzione” della parola, mentre l’estro può riguardare altre forme d’arte; infatti, non si conoscono poeti estrosi, a differenza di altri artisti come pittori, musicisti, scultori, etc.”
Le sue liriche attraversano epoche e luoghi infiniti. Quali di questi, nel suo caso, hanno dato più significato ai suoi versi?
“I luoghi che ho raggiunto e visitato con la fantasia. Per me la poesia è stata anche un modo “terapeutico” per superare determinati momenti e situazioni. In quei frangenti lasciavo libera la mia mente per essere poi occupata da immagini che in seguito traducevo in versi”
Si dice che la poesia non è solo espressione di uno stato d’animo, ma anche l’impronta indelebile di memorie e ricordi di un intero vissuto esistenziale. È così anche per lei?
“No. Per me la poesia varia… se vogliamo citare, quale esempio, i Classici come Leopardi, i cui passaggi poetici evidenziavano uno stato d’animo fondamentale: se non avesse avuto quelle sue imperfezioni fisiche probabilmente oggi non avremmo un Leopardi nei testi, oppure avremmo un autore diverso che non varrebbe la pena essere menzionato”
La poesia, quindi, è immediatezza?
“Certamente, ma sul momento, poi va sviluppata per tradurla sulla carta, riprendendo quello che è stato stimolato dall’immagine o dal momento vissuto che, rileggendo nel tempo, possono dare le stesse emozioni e diventare poesia”
Comporre versi è anche sofferenza?
“No. È liberazione. Liberarsi da un qualcosa che per molto tempo si voleva esternare e, grazie all’ispirazione, si riesce ad esprimere ciò che si sente anche in poche parole… potere della poesia”
Il suo “sofferto” percorso esistenziale non ha conosciuto soste. È anche questa una ragione che ha tracciato il solco della sensibilità, e con essa quello dell’amore per le cose semplici ed umanistiche come il comporre poesie?
“A mio parere è così. Ciò che più mi ispira del volto di una donna o del pianto di un bimbo, ad esempio, è la Terra e quello che produce con il contributo di chi la lavora. Personalmente sono molto legato alle mie origini, ai miei luoghi e da quanto essi prodotto: cose semplici, naturali, ma nulla di quello che è artefatto o di valore materiale in senso edonistico. Per queste ragioni, molto modestamente, mi ritengo un poeta della terra”
Lei ama raccontarsi in modo umile, tanto da affermare: “… un poeta che non sa dirsi, lasciando parlare la quotidianità”. Si riconosce in questo, e perché?
“Mi riconosco in questa affermazione perché la quotidianità fa parlare di sé e mi parla. Se volessimo soffermarci a meditare, possiamo ascoltare delle belle parabole, ma personalmente non amo la poesia “complicata”, che per leggerla richieda un attestato accademico o altro; un poeta è grande per la semplicità dei suoi versi con i quali giungere ovunque suscitando emozioni in ognuno”
La sua “maestria” compositiva ha avuto in questi anni largo censo tra un pubblico adulto e di giovani. Non solo un traguardo, ma anche un contributo al superamento dei pregiudizi, dell’indifferenza e dell’ignoranza?
“È molto toccante e puntuale la sua domanda-osservazione in quanto è proprio questo incontro di adulti e giovani a “determinare” quello che mi si attribuisce essere un traguardo, in quanto questi ultimi si stanno avvicinando sempre più alla poesia. Un tempo la poesia veniva impartita obbligatoriamente con l’insegnamento scolastico; oggi, invece, la poesia è fruibile anche dai testi di parolieri- poeti.
Tra le sue composizioni vi è la lirica “Vorrei che un Cristo”, veri e propri desideri di vedere Cristo fatto Uomo, magari anche Poeta dell’Umanità. Sono versi che le hanno dato conforto e speranza?
“Speranza e rabbia nello stesso tempo in quanto potrei paragonare il “grido” del poeta con l’invulnerabile e l’imprescindibile, il potente… Io sono disposto a donarmi a questo Cristo, purché Lui trovi un attimo di tempo per mettersi sulla fronte una stella di cartone, riempirsi le mani delle piaghe di Hiroshima, e che tenga la sua dimora tra i poeti più poveri dell’umanità”
Lei è stato definito il “poeta della lirica esistenziale”, e il “poeta degli handicappati”. È forse il mondo a cui appartiene per essere più vicino a chi soffre?
“Non proprio. La definizione di “esistenziale” è per me più rispondente, la definizione di “poeta degli handicappati” ha più il sapore di un effetto mediatico dal punto di vista giornalistico. Non esiste il poeta delle “categorie”, ma esiste il poeta e la poesia quindi dell’animo umano”
Le sue raccolte di poesie sono divenute voce narrante di un mondo in sofferenza, ma anche di un insieme di valori che dovremmo imparare ad apprezzare. Ed è in questo senso che vanno lette?
“Certamente, perché la poesia va intesa come valore, come riscatto di una sofferenza, di un riscatto dignitoso, oltre al fatto che la poesia non ha età, non ha sofferenza: non esiste la poesia “allegra”; personalmente appartengo a questa corrente…”
Tra le sue “lapidarie” affermazioni vi è quella che dice: «Quanto più umili sono le sostanze, tanto più potente è la poesia che sprigionano». Una verità-saggezza che può illuminare chi vuol leggere e recitare nel rispetto dell’umiltà?
“Certamente. Nelle cose umili si trova la poesia, sempre! Il poeta non umile non dovrebbe esistere, anzi, non è mai esistito come si può evincere scorrendo le biografie di poeti illustri di antica memoria, come quelli appartenenti all’era “crepuscolare”. Lo stesso D’Annunzio, che può sembrare tutto, meno che umile, a conferma di alcuni suoi versi de’ “La pioggia nel pineto”: «Taci perché sulle soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane…». Versi colmi di umiltà, quale ritorno ad essere il “vero” poeta dei pastori d’Abruzzo…”
Non c’è poesia che nei suoi versi non richiami il concetto di amore in senso universale. Un sentimento di ancestrale manifestazione, ma che spesso si perde nel vuoto… In essi vi è un sapore di nostalgico o piuttosto di un messaggio di umana solidarietà… senza confini?
“Proprio così, come lei dice interloquendo: di umana solidarietà senza confini. Tra le tante definizioni che mi vengono attribuite mi riconosco in quella di “poeta naif”. A volte viene spontaneo rievocare tempi ed esperienze come arricchimento, non solo spirituale ma anche intellettuale per le letture e nel far riemergere quanto e come si è vissuto. Momenti utili, magari per comporre poesie diverse da quelle scritte molti anni prima. Insomma, una “ricerca” che viene spontanea. A volte si è davanti a persone che hanno bisogno di una preghiera e affiancare ad essa una poesia, e questo è molto bello, soprattutto se si è umili”
Essere poeti vuol dire vivere, ma anche morire?
“Essere poeti vuol dire soprattutto morire perché, come ho espresso, la poesia è un lamento, uno stato d’animo e tanto altro ancora… una sofferenza continua, spesso non superata, quasi a voler auspicare il traguardo della morte, senza compiacersi. In sintesi, a mio parere, il poeta vede la morte come un momento non definitivo della vita, sia in senso reale che metaforico. Noi poeti intratteniamo con la morte un rapporto di amore-odio subdolo, ma fondamentalmente di rispetto”
Quali sono i poeti che riconosce come suoi “maestri” di ispirazione e di profonda cultura?
“Sicuramente D’Annunzio, che ha saputo esistere in un momento storico non bello, ma nel contempo ha prodotto delle “libertà”, oltre al fatto di aver composto versi stupendi. Ma anche Leopardi, Ungaretti e in particolare il nobel svedese per la Letteratura Tomas Tranströmer (1931-2015), un autore che per un po’ di tempo “non mi ha fatto comporre”, probabilmente perché sembrava che avessi “copiato” da lui qualcosa, mentre in realtà non lo conoscevo. Anche con questo esempio, a mio dire, essere poeti significa essere umili sotto lo sguardo degli increduli, degli improvvisati, e dei presuntuosi”
VORREI ESSERE CONTATTATO DAL POETA INNOCENTE FOGLIO
PER COMUNICAZIONI URGENTI.
GRAZIE.
DOMENICO DI MATTEO