L’amicizia. Un sentimento intramontabile ma anche una “dolce” responsabilità, e mai un’opportunità
Uno dei sentimenti che caratterizzano e, per certi versi, avvalorano o possono avvalorare i rapporti umani, si dice, è l’Amicizia. Ma quanto si è scritto e approfondito nel corso dei secoli ad opera di illuminati (filosofi, sociologi, psicologi, letterati, psicoanalisti, poeti, sacerdoti, etc.) e gente comune su questo “tipo” di rapporto umano dalle infinite sfumature e… contraddizioni? Una analisi in merito richiederebbe molta memoria ed estese conoscenze su quella che potrei definire “sociologia umana”, ma soprattutto onestà intellettuale per non cadere nell’ipocrisia e nella retorica. Tuttavia, volendo essere propositivi credo possa essere di “buon auspicio” abbozzare un minimo di riflessione su questo sentimento intramontabile, ma anche una “doverosa” responsabilità, e mai un’opportunità. Avvalendomi della saggezza dei tempi il pensatore greco Epicuro (341-270 a.C.) sosteneva che chi é di nobile natura si dedica soprattutto alla filosofia e all’amicizia, delle quali l’una è un bene mortale, l’altra immortale; il filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.) sentenziava: «Mentre l’amicizia fondata sul piacere e sulla convenienza inevitabilmente finisce, quella fondata sulla virtù è destinata a durare e i suoi effetti benefici si fanno sentire anche nella comunità politica, il cui scopo è il bene comune». Ma è proprio così?
Dal canto mio, volendo approfondire e dare maggior valore a questo sentimento intramontabile, e confidando su alcune osservazioni di carattere letterario di altri autori, ritengo che gli amici (quelli “veri”) sono il nostro bisogno saziato; sono il nostro campo che dobbiamo sempre seminare con amore e mietere con più riconoscenza. Sono il nostro desco e la nostra dimora (magari perpetua) poiché affamati e assetati, ci rifugiamo in essi e li cerchiamo per la nostra pace interiore. Essi sono il focolare sempre acceso (anche se tenue) per riscaldare in ogni momento il nostro cuore, a volte freddo, impaurito e affranto… Se ci confidano il loro pensiero non dobbiamo nascondere il nostro, nel rifiuto o nel consenso, e quando essi tacciono o si allontanano il nostro cuore non deve smettere di ascoltare il loro, poiché la loro assenza può illuminare ciò che più in loro amiamo. E non vi sia nell’amicizia altro intento che scavarci nello spirito l’un l’altro, poiché l’amore che non cerca soltanto lo schiudersi del proprio mistero, non è amore, ma il breve cenno di un’intesa dalla quale si evince solo ciò che è vano. La parte più nobile sia per i nostri amici, e se essi dovranno conoscere il “reflusso” della nostra marea (disagio interiore), dobbiamo fare in modo che conoscano anche quell’alito di vento volto ai buoni propositi e alla disponibilità. Quali amici, dunque, sono i nostri per cercarli nelle ore di morte? Cerchiamoli in vita perché essi possono colmare ogni bisogno, ma non il nostro nulla. Ascoltiamoli anche quando ci fanno “soffrire” poiché la sofferenza che ci procurano a volte è a fin di bene… Dividiamoci i piaceri (ma non gli interessi), sorridendo con spontanea dolcezza e trasporto alle piccole cose poiché anche queste rappresentano il valore del reciproco conforto. Riflessioni che se trovano riscontro nei sinceri proposti di ognuno, anelano quanto di meglio si possa affermare: “Se c’é qualcosa che eleva l’animo, è avere un amico. Ma c’é qualcosa che lo eleva di più: essere un amico!” (E.B.)