La burocrazia in Italia, suggerimenti e consigli per combatterla. La terminologia
Sinonimo di potere ed efficienza, ieri; di potere e quasi sempre di inefficienza, oggi
(Suggerimenti e consigli per combatterla)
La burocrazia è sempre stata un problema di difficile soluzione in tutta Europa ed in particolare nello Stato con il più alto numero di leggi, come l’Italia. C’è quindi ragione di sostenere che i Paesi cosiddetti civili, per la questione burocratica, si possano dividere in due categorie: Paesi burocratici e Paesi aburocratici. Ossia, ci sono Paesi nelle cui popolazioni predominano doti come rispetto meticoloso dell’ordine esteriore, senso della gerarchia, osservanza della forma, sentimento del dovere (a volte anche maniacale), assiduità nel lavoro, etc. (doti che si possono interpretare come note particolari del perfetto funzionario); altri, nelle cui popolazioni queste doti mancano o, almeno, difettano, mentre invece esistono e abbondano “qualità” come mentalità individualistica, insofferenza alla disciplina, discontinuità di applicazione, ricchezza di iniziativa personale spesso controproducente, etc., il cui complesso ci dà un tipo di umanità che è l’opposizione del “diligente” e più razionale burocrate. In quest’ultimo caso si tratta, a mio parere, di un fenomeno prevalentemente italiano che tutti conoscono ma che ben pochi sanno “contrastare” in difesa dei propri ed altrui diritti, dopo aver espletato, bene inteso, i propri doveri. La burocrazia spesso produce danno alla società, fa delle vittime: è un sistema che blocca l’azione, legandola ad una decisione che quasi nessun burocrate prenderà mai, o quasi… La burocrazia positiva, quella di una volta, fa parte della storia; quella che ne è derivata nel corso dei decenni non solo è “negativa”, ma è identificabile in quel malcostume, purtroppo perpetuo (anche se oggi per certi versi un po’ ridimensionato) che non si può però alienare ma sicuramente controbattere con onestà, cultura, perseveranza e determinazione. E questo, a condizione di essere sempre dalla parte della ragione espletando i propri doveri, prima di pretendere qualunque diritto.
La terminologia
Il termine burocrazia, che in realtà non è da ritenersi osceno e tanto meno offensivo, è ormai noto ai più (non ha sinonimi letterari e si presta a mille interpretazioni, soprattutto quando si tratta di rivendicare diritti e prestazioni nell’ambito della P.A. di qualunque ordine e grado): ed è composto dal francese Bureau (ufficio) e dal greco Kràtos (potere), con cui si indicano, per lo più in senso di “poco apprezzamento” gli Uffici pubblici. È stato introdotto intorno al 1750 dall’economista francese Vincent Jean-Marie De Gournay (1712-1759), per indicare colui che si occupa della P.A. Ma non tutti, forse, conoscono le origini di questo “fenomeno”. Da notare che all’inizio non aveva valenza negativa, ma tale divenne negli anni successivi e la parola impronunciabile anche grazie a una declinazione peggiorativa attraverso aggettivi che vanno da farraginosa, abbondante, disordinata, confusionaria; macchinosa, assurda, ottusa, etc. Il termine, inteso come apparato della amministrazione statale, fu quindi coniato in Europa verso la metà del XVIII secolo, quando ormai era concluso in tutto il Continente occidentale il processo di costruzione dello stato moderno, segnato dalla formazione di apparati di ufficiali e funzionari. Ma già alla fine del XVI secolo veniva elaborata una teoria dello “stato burocratico”, che ebbe nel filosofo e giurista francese Jean Bodin (1529-1596), il suo più autorevole rappresentante e uno dei massimi teorici e sostenitori dell’Assolutismo monarchico, evidenziò nella sua pubblicazione “Sei libri della Repubblica” la funzione svolta dagli “ufficiali” nella vita dello Stato e ne sottolineò la collegialità nel lavoro e la gerarchia delle funzioni.
Nel corso del XVIII secolo lo Stato venne visto come un organismo avente per fine il conseguimento del bene pubblico, alla testa del quale si poneva il monarca, primo burocrate a capo di una gerarchia di servitori dello Stato. Si trattava di una concezione soprattutto di Giuseppe II d’Asburgo (1741-1789) e Federico II di Prussia (1712-1786), venata di tinte etiche e religiose che passò anche nelle “monarchie amministrative” dei primi decenni dell’800. Ed è anche in virtù di questa considerazione che gli esperti, già verso la fine dell’800, vedevano la burocrazia in crescita sino a stabilire legami sempre più stretti con la classe politica, dove le lotte avvengono “per influire sul potere tanto da condizionare la stessa classe politica e la burocrazia pubblica”. Il sociologo ed economista tedesco Max Weber (1864-1920) definiva la burocrazia come un sistema di norme e regolamenti impersonali, che governano l’attività all’interno della quale vi sono relazioni gerarchiche tra le diverse funzioni e i diversi poteri. Un modus operandi costituito da norme di condotta, di doveri e procedure che vincolano ciascun operatore, per cui tale impostazione garantisce un massimo di efficienza agendo sulla base della divisione scientifica del lavoro. Ciò implica direttamente la gestione soprattutto degli esseri umani i quali devono essere organizzati per conseguire finalità specifiche. Secondo Weber s’impone così una situazione di potere il quale non è altro che la capacità di predire, con la massima precisione, i comportamenti altrui.
Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)