LA CARTA COSTITUZIONALE A TORINO DIVENTA “INTERNAZIONALE”
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Ci risiamo. O meglio, persiste la convinzione (sia pur da rispettare) che diffondere la conoscenza della Costituzione sia un toccasana, tanto che a Torino (come si evince dal quotidiano La Stampa del 23 ottobre scorso) la “preziosa” Carta è stata tradotta in 11 lingue: albanese, arabo, cinese, francese, inglese, portoghese, rumeno, russo, spagnolo, filippino e bengali) che sarà distribuita nei prossimi giorni a 3 mila studenti delle scuole della zona sud della città. Questa iniziativa, per certi versi democratica oltre che lodevole dal punto di vista culturale, rientra nel progetto “La Costituzione per tutti” ad opera di Anpi e Eataly i cui rappresentanti sono stati “sollecitati” da insegnanti e genitori soprattutto degli alunni stranieri, ad aprire un dialogo con loro e con la comunità. Questa versione divulgativa “multilanguage”, può certamente essere letta come una innovazione di uno sviluppo etnico-sociale per favorire l’inserimento della popolazione straniera nel nostro Paese, in particolare nella città subalpina; inserimento che diventa sempre più fattibile se nel rispetto dei principi della Carta istituzionale, ma senza nulla togliere alla “civile” iniziativa, la stessa ritengo che necessiti qualche osservazione. Ho esordito con il «ci risiamo» perché non riesco ad immaginare quanto potrà essere fattibile la comprensione dei 139 articoli e XVIII Disposizioni transitorie del prezioso Documento che di fatto resiste da settant’anni, anche se chi sarà deputato a spiegare non mancherà certo di semplicità discorsiva e magari anche di esempi esplicativi… In tal senso credo sia opportuno, però, rammentare ai destinatari “docenti” e giovanissimi “discenti” (e perché no, anche all’intera comunità di cui fanno parte) che Piero Calamandrei (1889-1956, nella foto), giurista e uno dei Padri della Costituente, invitava le nuove generazioni affermando: «Dovunque è morto un italiano per riscattare la Libertà e la Dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione». L’invito proseguiva nella relazione che tenne a Milano il 26 gennaio 1955, rammentando (riferendosi all’art. 3): «… è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
E con tutta obiettività precisava inoltre che la nostra Costituzione soltanto in parte è una realtà, in parte ancora un programma, un ideale, una speranza. Certo, sono affermazioni di metà anni ’50 ma che purtroppo, a mio avviso, sono riscontrabili a tutt’oggi in ragione del fatto che non viene mai spiegato come deve agire il cittadino quando constata che alcuni articoli della Costituzione, spesso menzionati in ogni dove, non sono rispettati non solo da gran parte dei cittadini ma anche dalle stesse Istituzioni. Da questa disamina non si pensi che chi scrive nutra “avversione” per la Carta costituzionale, anzi, ne possiede più copie in diverse forme editoriali e di tanto in tanto le consulta cercando di capire quanto è opposto lo scritto rispetto alla pratica, ma senza venirne a capo… Ora, se la saggezza e l’onestà intellettuale hanno un senso, sarebbe bene che sia gli italiani che gli immigrati stranieri prendano coscienza di questa incoerenza dettata da una forma di millantato…, e chi è deputato a spiegare e/o insegnare i valori di un Documento così importante, tutto italiano, dovrebbe (il condizionale è doveroso) rammentare quanto suggeriva il filosofo e saggista spagnolo José Ortega Gasset (1883-1956): «Quando insegni, insegna allo stesso tempo a dubitare di ciò che insegni».