LA DISPERAZIONE DEI SANITARI DI FRONTE ALLE AGGRESSIONI
Qualche modesto suggerimento per affrontare e prevenire incomprensioni e aggressioni da parte del pubblico
di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)
Il dilemma delle aggressioni ai sanitari durante la loro funzione pubblica pare non avere fine, e poco o nulla si è fatto sinora per frenare l’escalation degli episodi (a volte con spiacevoli conseguenze), come pure le richieste di porvi rimedio da parte dei rappresentanti delle varie categorie di medici e infermieri… nonostante il loro impegno. In effetti a tutt’oggi non mi risulta sia stato preso alcun provvedimento decisamente concreto, e men che meno risolutivo. Gli episodi si verificano a macchia di leopardo, in prevalenza al centro-sud, e pur senza alcuna allusione al “razzismo” (inteso come cultura di etnie diverse), a mio modesto avviso andrebbe considerata la differenza storico-culturale, appunto, e quindi la mentalità di determinate persone autoctone. Personalmente non ho competenze specifiche per ipotizzare un qualche riferimento alle vessazioni subite dalla popolazione del sud dall’epoca del Regno borbonico in poi; ma di certo differente (almeno in parte) è la concezione di una autorità costituita che un pubblico ufficiale come il medico esercita nei confronti del cittadino, tant’è che quest’ultimo ha difficoltà ad accettare un giudizio o un provvedimento nei suoi confronti (che non condivide soprattutto perché non comprende), anche se in condizioni di necessità. Se poi il giudizio o il provvedimento non lo condivide a causa della sua presunzione, e quindi ignoranza, allora è quasi inevitabile in taluni casi la sua contestazione sia verbale che fisica. Tali aggressioni sono un estremo insulto alla persona che in questi casi è il sanitario deputato a curare e salvare vite umane, e non è un caso se le “vittime” aggredite sono quasi sempre donne… in quanto oggetto di inferiorità e sottomissione: è troppo facile aver la meglio sul più debole, e questo significa essere pusillanimi. Da qui in poi si possono considerare ulteriori aspetti psico-sociologici e antropologici, ma intanto si tratta di “ideare” qualche concreto provvedimento per prevenire episodi di questo genere. Anche se si volesse ipotizzare di predisporre soprattutto nei P.S. la presenza di polizia privata o addirittura uomini dell’esercito, non credo che ciò sia un deterrente sufficiente poiché certe persone non hanno la cultura della ratio e del sapere… Piuttosto sarebbe utile che le Istituzioni (assessorati e sanitari) si rendessero disponibili a periodici incontri pubblici (ma non in piazza), spiegando che la Medicina (a differenza della Chirurgia) ha molte potenzialità ma anche dei limiti, come del resto anche gli operatori che la esercitano; ossia si tratterebbe di trasmettere alcuni concetti culturali di base, e questo periodicamente e un po’ ovunque. Se ad esempio si spiegasse bene alla popolazione come funziona la Sanità locale e nazionale, ivi compresi limiti e difetti, si potrebbe ottenere più comprensione e collaborazione da parte del pubblico; mentre, invece, si è soliti acquisire gli eventi negativi trasmessi dalla cronaca… Probabilmente questi miei suggerimenti potrebbero risultare impopolari, ma varrebbe la pena cimentarsi in tale iniziativa, anche se di fatto, ben pochi saranno i sanitari e i politici-gestori disposti ad incontrare periodicamente il pubblico, anche in considerazione del fatto che generalmente la gente comune non legge, ma è più “ricettiva” delle nozioni che vengono trasmesse spiegandole verbalmente, magari con degli esempi. Nel contempo si tenga presente che in qualunque contesto sociale l’ignoranza, sia attiva che passiva, è una cattiva compagnia dell’essere umano, e purtroppo molte persone preferiscono vivere con un problema che non riescono a risolvere, piuttosto che accettare una soluzione che non riescono a comprendere!