La globalizzazione dell’informazione televisiva a discapito della buona cultura e del buon comunicare
di Ernesto Bodini
(giornalista e opinionista)
Affermare che la nostra era è in gran parte dominata dallo sfrenato consumismo e dall’irrefrenabile voglia di apparire, è a dir poco un’ovvietà se non addirittura retorica ad ogni piè sospinto. Basterebbe, ad esempio, seguire la continua innovazione e diffusione dei svariatissimi modelli di smartphone, tablet e molti altri prodotti della tecnologia industriale e non, e il settore della comunicazione (al centro della globalizzazione che ha origini dagli anni ’80) la fa da padrone, soprattutto sul piano televisivo in quanto vera e propria fucina di programmi che hanno monopolizzato e monopolizzano l’audience a livello mondiale. Il sistema satellitare è ormai all’apice nel convogliare la diffusione delle informazioni, facilitando infiniti collegamenti fra i numerosi Paesi della Terra che partecipano alla rete globale e, l’ovvia conseguenza, è che la comunicazione planetaria è così diventata globale, al centro della quale la società sta pagando il prezzo della perdita della funzione di alfabetizzazione, divulgazione e integrazione ormai appartenenti ad un’epoca sempre più lontana…
Ma quali i programmi su cui puntare il dito? A mio avviso sono diversi a cominciare, ad esempio, dal notissimo ed invadente “Grande Fratello” (GF), un reality show (su format olandese) trasmesso da Canale 5 dal 2000, i cui protagonisti sono persone sconosciute o semi-sconosciute al pubblico, equamente divise tra uomini e donne di varia estrazione sociale e collocazione geografica, i quali condividono la vita quotidiana sotto lo stesso tetto spiati 24 ore su 24 da una serie di telecamere. La dotazione culturale e di istruzione di gran parte dei concorrenti lascia molto a desiderare, come si evince dalle risposte ai provini citate nel novembre 2009 dal periodico piemontese Il nostro tempo. Queste alcune chicche tra intervistatore e intervistato: Che fai nel tempo libero? «Viaggio. Di solito faccio viaggi in continentali»; che personaggio storico vorresti essere? «Bud Spencer o Terence Hill»; cosa porteresti su di un’isola deserta? «Felicità, la mia sincerità e la compagnia che posso dare agli altri»; il tuo motto? «Il mio motto… normale, come sempre»; che lavoro fai? «il barrista». Altra tagliola vale per il programma “Amici”, un talent show in onda dal 2001, ideato e condotto “dall’intramontabile e incontrastata” Maria De Filippi, una sorta di cattiva lezione della maestra Maria come titolava nel giugno 2013 un articolo sul periodico Gente e, nell’estensione, l’intervistato don Luigi Merola, prete napoletano (“anti-camorra”), affermava: «Non si possono lasciare i giovani per intere giornate dinanzi alla televisione e sperare poi che non assumano gli atteggiamenti di falsi idoli prodotti da Maria De Filippi».
Altro programma da additare (sempre da lei ideato e condotto) che ha preso piede in un’Italia sempre più perdente anche sotto il profilo etico e della dignità, ha per titolo “C’é posta per te”, in onda in prima serata su Canale 5 a partire dal 2000. I protagonisti sono persone qualsiasi alla ricerca solitamente di un ricongiungimento o riappacificazione con un familiare o con la persona amata; circostanze che quasi sempre mettono in evidenza la propria vita privata senza quel minimo di pudore e dignità… evidentemente il detto «i panni sporchi si lavano in famiglia» appartiene ad un lontano passato, e se anche l’espressione è poco felice da sempre ha reso l’idea… e la sostanza.
In tutta questa moltitudine di coinvolgimenti esibizionistici e plateali originati, appunto, da reality e show, tra i protagonisti si vanno palesando disturbi psicologici a causa della cosiddetta “Sindrome dei non famosi”, definizione probabilmente desunta dal celebre reality “L’isola dei famosi” in onda su Rai 2 dal 2003, una sorta di gara della sopravvivenza tra più concorrenti (uomini e donne) su un’isola deserta da sogno…, che colpisce un numero crescente di giovani con l’ambizione di seguire modelli di popolarità dei personaggi televisivi e comunque dello spettacolo. Per non parlare poi dei programmi impostati come “tele quiz”, occasioni di una ostentata “saccenza” ed altrettanta visibilità ma anche per sperare nella vincita di qualche premio: denaro o gettoni d’oro. Tutto questo ha creato un fenomeno che ha ben poco di subdolo considerando quanto riportava nel gennaio 2005 il periodico “Il Nuovo Medico d’Italia”, in cui il neurologo Rosario Sorrentino, puntando il dito contro la “TV trash” colpevole di creare una generazione, precisava: «… frustrata e delusa perché estromessa da quella che è ormai considerata la “vita vera”, quella vissuta dai personaggi televisivi». Ora, è pur vero che la TV non va demonizzata anche se non fa che amplificare gli elementi negativi presenti nella società: aggressività, competitività, aspirazione al successo a tutti i costi; come pure non va censurata, ma a patto di essere in grado di creare valori non alternativi ma decisamente diversi… Purtroppo, però, per effetto della globalizzazione e delle esigenze del commercio (sponsor dei programmi citati), questo orientamento a mio avviso è mera utopia, il cui riscontro lo si può avere anche da alcuni spot pubblicitari, altrettanto deleteri per contenuto e forma di presentazione… È evidente che stiamo assistendo al falò dell’intelligenza, un fuoco acceso dal cosiddetto “homo videns”, peraltro sempre più inebetito da quel nulla spacciato per tutto, riducendo al minimo ogni sforzo proveniente dal mondo della scuola e dalla famiglia… E per gli ambiziosi di oggi e di domani, vorrei concludere con quanto asseriva il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein (1889-1951): «Il talento è una fonte da cui sgorga acqua sempre nuova. Ma tale fonte perde ogni valore se non se ne fa il giusto uso .