La libertà in letteratura per Stefano Benni

Daniel Pennac, Stefano Benni e Alberto Rollo

bar sport di stefano bennidi Marcella Onnis

Il “mio” XX Festival della letteratura di Mantova si è chiuso domenica 11 settembre 2016 con la festa per i 40 anni di “Bar sport” di Stefano Benni. Sul palco, con l’autore, anche Alberto Rollo (Feltrinelli), Daniel Pennac e una bravissima interprete *.

Nell’introdurre l’incontro, Rollo ha ricordato che nel 1516 Ludovico Ariosto scrisse “L’Orlando furioso” e Benni, prendendo la parola, non ha mancato di cogliere l’appiglio a modo suo: «Avremmo tanto voluto qui Ludovico, ma è indagato per una questione di smaltimento di rifiuti. C’è solo Daniel che ha giusto qualche precedente per rissa».

Venendo, quindi, a “Bar sport”, l’autore bolognese ha precisato che non è sicuramente il suo preferito ma, ha aggiunto, «chi è senza peccato non ha un cazzo da raccontare», perla di filosofia popolare che abbiamo accolto con applausi ridenti e mano pronta ad annotarla su carta o telefonino.

In ogni caso, Benni “accetta” il successo di questo suo libro in nome della «libertà del lettore», ossia «la libertà di trovare nei libri qualcosa di diverso, di più o di meno di ciò che aveva immaginato chi l’ha scritto». Che è poi, in sintesi, «la libertà di trasformare un libro e di farlo tuo» (“Lodi, lodi, lodi!”, come direbbe il Comitato de “I fatti vostri” alias Michele Guardì). Parallela a questa, però, corre per Stefano Benni la «libertà dello scrittore», intesa come «libertà dai lettori e dalle leggi dell’editoria», ma anche come «libertà di cambiare, di rischiare», il che «a volte accade anche mentre stai scrivendo» per via di quella «specie di diabolica libertà del libro di contraddire lo scrittore». Ed è così che, talvolta, «si scrivono anche cose di cui poi ci si stupisce». Lo scrittore, inoltre, per lui ha anche «la libertà di invecchiare» e di mettere a nudo le proprie debolezze e imperfezioni. A suo parere, infatti, la scrittura non è un vestito o una maschera, ma al contrario «un po’ un modo di spogliarsi». Non solo: scrivere è anche un modo di «ricordare… e inventare»: «Il Bar sport non è mai esistito», ma in tanti ci hanno ritrovato qualcosa di conosciuto perché, ha spiegato, «abbiamo nostalgia di qualcosa che non è mai esistito ma che ci fa ricordare qualcos’altro». Che è più o meno il concetto racchiuso nella saudade brasiliana o nella parola gallese “hiraeth”, come ho potuto apprendere leggendo “Lost in translation” di Ella F. Sanders.
Esiste, poi, un’altra libertà dello scrittore che Benni rivendica: «la libertà di uscire di scena, la libertà del silenzio». Da qui l’annuncio: «Scrivere non mi ha stancato, però non so se scriverò ancora un romanzo».

Daniel Pennac, Stefano Benni e Alberto RolloDopo aver scherzato sui problemi di salute che legano lui, Alberto Rollo e Daniel Pennac, di quest’ultimo ha detto che «è tanto più saggio di me, ma in comune abbiamo la passione di ascoltare e raccontare, una specie di infanzia nella scrittura, di paura del mondo in cui siamo capitati». L’interessato, invece, ha affermato che ad accomunarli è un’altra cosa: «Entrambi scriviamo per motivi di salute, perché ci cura un po’». Una bellissima immagine, così come quella proposta da Benni per cui «ogni libro sfida la morte, la morte della cultura ma anche in generale».

In un francese nitidissimo con brevi ma divertenti incursioni nell’italiano, Pennac ha raccontato alcuni spassosi aneddoti in perfetto tandem con l’amico bolognese. Davvero a malincuore, quindi, ho dovuto abbandonare piazza Castello per dirigermi verso l’aeroporto. Grazie a Twitter e Festivaletteratura, però, ho almeno potuto apprendere un’importante anticipazione fatta dallo stesso Pennac:

La speranza è, ovviamente, che la voglia di scrivere torni anche a Stefano Benni.

 

* Anche in questo caso non sono riuscita a cogliere il nome dell’interprete al momento della presentazione né a risalirvi in un momento successivo. Nuovamente invito, perciò, chi abbia questa informazione a comunicarmela: gli interpreti danno un contributo determinante alla riuscita di un evento, per cui considero doveroso menzionarli.

1 thought on “La libertà in letteratura per Stefano Benni

  1. A distanza di circa un anno ho appreso dalla Stefano Benni Fanpage (che ringrazio) che la frase «Chi è senza peccato non ha un cazzo da raccontare» era una citazione del poeta Vincenzo Costantino, amico di Benni. Cambia l’autore, ma non il mio apprezzamento per questa massima.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *