LA LOTTA CONTRO I PREGIUDIZI NEI CONFRONTI DEI BAMBINI DISABILI E DEL DIRITTO ALLA EMANCIPAZIONE FEMMINILE
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)
Rievocare pagine storiche non è solo un “dovere” del biografo ma è anche di utilità per rinverdire fatti ed esperienze potenzialmente formative per le nuove generazioni. In particolare mi riferisco a Maria Montessori (Chiaravalle – An 1870 – Noordwijk – Olanda 1952), la donna che rivoluzionò per sempre il mondo dell’educazione, come titola la pubblicazione di una collana edita da MBA e distribuita dal Corriere della Sera. Moltissimo è stato scritto di lei e dei suoi encomiabili lavori di pedagogia, con particolare riguardo per i bambini affetti da ritardi mentali, quelli che la società dell’epoca qualificava come “frenastenici”, aventi anch’essi diritto all’educazione. Si laureò in Medicina superando pregiudizi ed ostilità, in quanto determinata nel proseguire nei suoi propositi di docente e innovatrice, estendendo i suoi interessi verso i piccoli pazienti e le problematiche sociali relative al femminismo. Infatti, nel 1896 era entrata in contatto con l’associazione di Rosa-Mary Amadori, fondatrice della rivista “Vita femminile” e attivista dei diritti della donna. Fu proprio questa associazione a sceglierla quale rappresentante italiana per il congresso sui Diritti delle Donne che ebbe luogo a Berlino. Ma non solo. Alla fine del XIX secolo questo tipo di iniziative erano preziose per il movimento femminista, in quanto si trattava dei primi tentativi di creare una solidarietà tra le donne a livello mondiale, e di lottare collettivamente per i molti diritti politici e civili ancora da conquistare. Per questi, nel 1906 la studiosa pedagogista si appellò alle donne italiane attraverso le pagine del periodico “La Vita” affinché si iscrivessero alle liste elettorali. Un invito che fu accolto da un gruppo di studentesse che affisse l’appello sui muri e molte donne tentarono di iscriversi alle liste elettorali, così come fatto con successo negli USA. Sulla stampa si scatenò un dibattito fra i fautori del voto alle donne e i contrari. Le Corti di appello delle varie città respinsero però tali iscrizioni, tranne la Corte di Ancona, dov’era presidente Ludovico Mortara, ma anche questa sentenza venne annullata dalla Corte di Cassazione.
Ma tornando all’attività pedagogico-educativa, i metodi dell’epoca, prima dell’avvento della Montessori, erano improntati a una disciplina rigida e talvolta crudeli tanto che i bambini erano costretti a obbedienza e uniformità, diversamente venivano scartati. Impressionata da questa realtà con risvolti di inadeguata assistenza a questi minori, la giovane dottoressa fu mossa da un intuizione che la portò a conoscere gli studi del pedagogo francese Jean-Marc-Gaspard Itard (1774-1838) sul famoso caso Victor de l’Aveyron, il cosiddetto “ragazzo selvaggio”, ritrovato nei boschi di Caune alla fine di settembre del 1799, il quale aveva creduto nella possibilità di educare Victor, nonostante Philippe Pinel (1745-1826) avesse dichiarato che a suo parere il ragazzo soffriva di un idiotismo incurabile. Secondo Itard, e la Montessori ne era altrettanto convinta, era stata la situazione di abbandono in cui aveva vissuto il ragazzo a ridurlo così. Ma a parte questa specifica realtà, secondo la dottoressa marchigiana per casi come questo, ed altri più in generale, bisognava educare le giovani generazioni, rispondere alle loro necessità pedagogiche e garantire loro un futuro di adulti sani e responsabili.
A questo riguardo spiegava: «È inutile cercare di riformare i metodi pedagogici senza tener presente che esistono soggetti capaci di commettere queste azioni orribili, che passano per il sistema educativo senza che questo influisca minimamente su di loro. Abbiamo dunque bisogno di una riforma della scuola e della pedagogia che tuteli tutti i bambini negli anni del loro sviluppo, anche quelli che si mostrano restii alla vita in società… I bambini con ritardi mentali non sono fuorilegge; hanno diritto a tutti i benefici dell’educazione. Dobbiamo permettere a questi sfortunati di reintegrarsi in società, di conquistare il loro posto e la loro indipendenza in un mondo civilizzato, recuperando così la loro dignità di esseri umani». Ed così che nel 1900 fu inaugurato l’Istituto Medico-Pedagogico, associato alla Scuola Magistrale Ortofrenica, dove una ventina di bambini accolti da diversi ricoveri e manicomi di Roma cominciò a intraprendere un percorso educativo: i bambini ricevevano delle attenzioni pedagogiche in linea alle loro specifiche necessità e a Maria spettava il compito di sviluppare le metodologie educative. Dedicandosi anima e corpo, ininterrottamente, nel suo libro ricorda: «Dopo ciò compii le mie esperienze sui deficienti a Roma e li educai durante due anni. Io seguivo il libro di Èdouard Séguin (1812-1880, medico francese, ndr), e anche facevo tesoro delle mirabili esperienze di Itard: feci inoltre fabbricare, sulla guida di tali testi, un ricchissimo materiale didattico […]. Mi fu guida il gran rispetto alla loro sventura e l’amore che questi infelici fanciulli sanno destare in chi li avvicina». È questo un breve tracciato dell’immensa opera della Montessori, protagonista (umile e modesta) in un’epoca in cui l’Università chiudeva le porte alle donne, artefice di una disciplina pedagogica di elevato livello scientifico ed etico, tanto etico che il Fascismo prima la illuse e poi la boicottò distruggendo parte del suo operato. Un lungo percorso che la vide anche in prima linea nella emancipazione femminile e, oggi, i suoi insegnamenti dovrebbero essere luce e guida per le nostre generazioni; ma purtroppo, a mio avviso, parte di queste non sanno comprendere il valore di tale saggezza, tant’è che nel nostro Paese ancora oggi molte donne sono “oggetto” del maschilismo più esacerbato; ed altrettanti disabili (specie se gravi) sono relegati (nel migliore dei casi) ad una mera assistenza. Due realtà che gridano vendetta al cospetto di Dio invocando rispetto e dignità.