La povertà del comunicare
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico – opinionista)
L’arte del saper comunicare è un miraggio oppure è propria dei letterati, forbiti, saccenti, o degli scurrili ancor peggio se invitati nelle tribune e nei talk show televisivi? Tra questi ultimi si potrebbero citare molti nomi, che lascio ai lettori individuare, ma sta di fatto che nonostante la Lingua italiana sia tra le più “blasonate” nel mondo (Dante Alighieri insegna), si continua ad usare una serie di vocaboli e verbi non solo a sproposito ma gridano all’indecenza e soprattutto si impongono in questa o quella trasmissione televisiva o dibattito pubblico all’aperto. E non si dica che si vuole rispettare le fasce protette giacché tali eventi avvengono spesso in prima serata, oltre al fatto che basterebbe navigare sulla piattaforma web di Youtube (che non ha orario) per vedere e sentire innumerevoli interventi di politici, opinionisti, comici, attori (spesso di bassa lega) per farsi una cultura di tutta ir-riverenza: se questi parlassero soltanto quando sanno bene di quel che dicono, un silenzio di tomba scenderebbe sulla terra… A queste osservazioni si potrebbe essere etichettati quali pudici od ancor peggio bacchettoni, ma in realtà non è così perché, a parer mio, vale sempre il detto: «Come il più bel scritto non fu mai letto, il più bel parlar non fu mai udito». A questo riguardo saggia e puntuale l’affermazione di Diogene: «Abbiamo due orecchie e una sola lingua allo scopo di ascoltare di più e parlare di meno», che ben si coniuga con il concetto che la maggior parte del sapere umano è depositato nei documenti e nei libri, memorie in carta dell’umanità.
Evidentemente l’era di quella che oggi viene definita del “bon ton” (ex galateo) si perde nei tempi, come pure quella della buona educazione, della compostezza e del saper porsi in ogni circostanza. A questo proposito si potrebbe essere tacciati di nostalgia, e se così fosse che male c’è? È forse riprovevole vivere di sani e reconditi ricordi, magari con l’illusione di essere catapultati dalla macchina del tempo in una certa epoca? Con questo “innocente” desiderio si vorrebbe ridare valore a quelle preziosità esistenziali che certi nostri avi avrebbero voluto tramandarci ma che noi, indegni eredi, non abbiamo meritato o saputo meritare disperdendo così un prezioso patrimonio: la ricchezza e l’utilità del saper vivere con decoro nel rispetto del prossimo ed ancor prima di se stessi. Ma quali le cause di questa immeritata eredità morale? Ognuno di noi può cimentarsi con qualche tentativo di risposta, ma purtroppo non v’è conferma in assoluto poiché nell’essere umano è insita quella debolezza che si “giustifica”, probabilmente, dietro ai misteri dell’esistenza negando così ogni possibile ravvedimento comportamentale e del vivere civile. Ci sarebbe da tirare in ballo il ruolo dell’educazione, ma questo è un capitolo che meriterebbe un ulteriore approfondimento, e forse anche qui ci perderemmo nella notte dei tempi!