La ripetuta “odissea” di una trapiantata di rene
Quando la generosità di una madre non ha confini, come pure quella di anonimi donatori, per ridare una vita serena alla giovane Mara
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Anche se l’era dei trapianti d’organo è ormai una terapia consolidata, vi sono casi che a tutt’oggi meritano di essere citati per l’iter affrontato dal paziente e inevitabilmente anche dai suoi famigliari; ma anche per dare “continuità” al dialogo della cultura della donazione e contribuire alla riduzione delle liste di attesa. Come tutti i casi, è facile immaginare, inizialmente l’esperienza è vissuta come un dramma e tale riguarda Mara Cilona nata nell’aprile 1974, di Moncalieri (Torino). Aveva due anni quando nel giugno 1976 iniziò ad accusare i primi sintomi di una gastroenterite e conseguente blocco renale, cui seguì un breve ricovero all’ospedale Santa Croce di Moncalieri e successivamente (probabilmente per maggiori competenze, per quell’epoca) ricoverata al pediatrico Gaslini di Genova, dove venne subito sottoposta al “calvario” dell’emodialisi, continuamente assistita dalla madre Carmela; mentre il padre Rosario (a casa con il figlio più piccolo, Antonello) era costretto ad assentarsi spesso dal lavoro e fare la spola Torino-Genova e Genova-Torino, con inevitabili problemi economici, oltre che di stress… Divenuta una terapia insostituibile, questo sacrifico dei genitori durò complessivamente tre anni, «situazione – spiega il signor Cilona – che stava diventando sempre più insostenibile (anche perché la bambina non voleva più farsi toccare dai medici) tanto da pensare ad una diversa soluzione. La situazione si “sbloccò” grazie all’interessamento della dottoressa Lilia Maria Formicucci che contattò il collega dell’ospedale Maggiore di Chieri (alle porte di Torino, più vicino alla nostra residenza) per poter far effettuare la dialisi presso di loro, richiesta che fu ampiamente condivisa. Per ottenere una maggior collaborazione di mia figlia imparai a “gestire” personalmente la procedura della dialisi, peraltro con esiti positivi…». L’11 settembre 1980 al “Polo chirurgico Borgo Trento” di Verona la piccola paziente fu sottoposta al trapianto ad opera del prof. Piero Confortini (pioniere dei trapianti renali in Italia), grazie all’amore incondizionato della madre, un gesto che però non fu condiviso dalla sorte perché circa cinque giorni dopo la bambina ha dovuto subire l’espianto dell’organo a causa di una forma acuta di rigetto. Restò in coma per due giorni con gravi episodi di ipertensione, tanto che i genitori decisero di trasferirla nuovamente al Gaslini dove restò ricoverata per circa un mese. La piccola Mara, che aveva già sei anni, tornò in dialisi permanente gettando nel più profondo sconforto i genitori, ma non certo rassegnati al pensiero che la propria figlia seguisse lo stesso destino di tanti altri piccoli pazienti… meno fortunati.
Seguì un periodo di grande tensione e inquietudine, ma al tempo stesso di determinazione perché i coniugi Cilona presero in considerazione la possibilità di recarsi all’estero, alla Clinica San Luc di Bruxelles dove operava il prof. Guy Alexandre. Il Belgio a quell’epoca era all’avanguardia nei trapianti, un dato che costituiva conforto e speranza… per i pazienti in lista di attesa. Dopo un primo consulto a Milano con il prof. Alexandre, i coniugi Cilona e la loro piccola Mara si sono recati a Bruxelles per la cosiddetta tipizzazione (procedura clinica indispensabile per poter procedere ad un trapianto, ndr), quindi il ritorno a casa in attesa della chiamata per il trapianto. Ancora un po’ di attesa e la tanto sospirata chiamata giunse il 2 marzo 1983 per la disponibilità di un rene. Nel giro di poche ore arrivarono a Bruxelles, il tempo di verificare se la piccola Mara (ormai di 9 anni) fosse in grado di ricevere l’organo e, nella serata dello stesso giorno, venne fatto il trapianto. Tutto bene per i primi giorni, poi, i primi sintomi di un possibile rigetto che di fatto fu scongiurato con la somministrazione della Ciclosporina (un farmaco che agisce deprimendo l’attività del sistema immunitario, ed è deputato a difendere l’organismo da tutto ciò che gli è estraneo, ndr). Ma poco prima di ripartire per il rientro in Italia la paziente venne ricoverata in rianimazione con problemi di ipertensione e mal di testa, disturbi che i medici non riuscivano a controllare… Il papà Rosario non si diede per vinto e decise di far sospendere la terapia di Catapresan (farmaco contro l’ipertensione, ndr) e, nonostante le rimostranze dei medici, la situazione clinica andò migliorando e, a fine aprile, padre e figlia fecero ritorno a casa.
Un ritorno ad una vita “normale”, nonostante i necessari e costanti periodi di controllo, ma dopo cinque anni (siamo nel 1988) la quattordicenne Mara accusò attacchi di panico con alternata perdita di conoscenza, per cui è seguito un ciclo di terapia a base di antidepressivi ed ansiolitici e, a distanza di alcuni anni, la condizione si aggravò per disagi di carattere psicologico, per cui si rese utile la possibilità di una occupazione. Ormai maggiorenne, Mara fu iscritta al Collocamento degli Invalidi Civili e dopo due anni venne inserita in una piccola azienda come impiegata con contratto part-time a tempo indeterminato. Ma la “felice” esperienza fu breve poiché nel settembre 2009 venne licenziata per carenza di lavoro aziendale; almeno questa è stata la motivazione ufficiale… Lo sconforto ebbe ulteriore sopravvento sulla sua già molto provata psiche tanto da non essere lasciata sola un istante e, come se non bastasse, nel dicembre 2010 fu colpita da una infezione polmonare acuta che richiese una cura con forti dosi di antibiotici tanto da causarle il rigetto del rene trapiantato, quindi dal febbraio 2012, inevitabile il ritorno in dialisi (tre volte alla settimana) con tutte le problematiche gestionali e assistenziali da parte della famiglia. Di nuovo, a 39 anni, si riaccende in Mara la speranza di poter confidare nella generosità da parte dei famigliari di un donatore, e ritornare a vivere una nuova vita…
In questo periodo di ansiosa attesa si ripresentò lo stress e un’inquietudine riflettendosi inevitabilmente sulla famiglia, e il tutto aggravato dal fatto di non riuscire ad avere un’altra occupazione nonostante molti “solleciti” alle Istituzioni. Attesa e sofferenza vengono interrotte il 29 marzo del 2014 da una chiamata dall’ospedale di Siena per un rene compatibile e quindi per un terzo trapianto. Un’ultima “chance” che il destino ha voluto riservare alla ormai 40enne Mara che, tuttavia, tra alti e bassi di umore (soprattutto per la forzata inoperosità), è tornata a riassaporare ogni attimo quotidiano di una esistenza che dovrebbe porre fine ad un calvario, se non altro perché la Natura “impone” la legge di compensazione: la sofferenza di ieri merita di essere superata con la gioia di vivere meglio, oggi. E questo, grazie alla disponibilità dei donatori di organi (e la generosità dei loro congiunti) e all’amore infinito di mamma Carmela, papà Rosario (e del fratello Antonello che nel frattempo l’ha resa zia di tre nipotini), non solo genitori ma anche grandi sostenitori della cultura della donazione di organi e del volontariato nell’ambito socio-sanitario e assistenziale. Se è vero che tutto è bene ciò che finisce bene, è altrettanto vero che la “vera” fine di un lungo calvario può trovare ulteriore riscontro da parte delle Istituzioni preposte nel rispetto della dignità di una persona come Mara, che ancora oggi attende una occupazione… grazie al suo nuovo rene.