LA SANITÀ DI IERI E DI OGGI… SI AVEVA DI PIÙ QUANDO SI AVEVA DI MENO
Prima della Riforma sanitaria pubblica molti invalidi furono curati e assistiti grazie all’opera della Fondazione Pro Juventute di Don Carlo Gnocchi. Oggi, non c’è lungimiranza che tenga per il trattamento e l’assistenza di molti pazienti cronici.
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e divulgatore di tematiche sociali)
Oggi, più che mai, ci ritroviamo a chiamare in causa il SSN elogiando quanto di meglio può dare e criticando quanto non riesce a garantire. Ma se volessimo fare un confronto tra ieri (prima del 1978) e oggi, cosa possiamo affermare? È noto che prima della Riforma 833/1978 non tutti potevano permettersi l’assistenza sanitaria se non avevano un lavoro e versavano contributi, e spesso per buona parte dei casi si cercava di ottenere comunque quanto più possibile… Inoltre, va ricordato che anche in quegli anni esistevano molti invalidi, si pensi ad esempio a tutti i mutilati di guerra e civili di guerra, e ai poliomielitici il cui vaccino divenne obbligatorio in Italia solo nel 1966, un ritardo che causò circa 10 mila casi di paralisi di cui mille decessi per insufficienza respiratoria. Questi ultimi casi (tra i quali il sottoscritto), in gran parte, dal dopoguerra e sino agli inizi anni ’70 furono ricoverati negli Istituti della Fondazione Pro Juventute Don Carlo Gnocchi, e quasi tutti necessitarono di interventi chirurgici correttivi, assistenza protesica e di riabilitazione; una garanzia della sanità pubblica ma con notevole partecipazione degli Istituti della Fondazione, la quale fu determinante per il trattamento e il mantenimento degli ospiti, in taluni casi anche dopo essere stati dimessi per motivi di età. Anche a quell’epoca vi fu un certo impegno economico-finanziario da ambo le parti, ma rammento che lo Stato elargiva molto poco per il nostro mantenimento. Per meglio comprendere gli effetti pratici di questa realtà, che non è un esempio da poco, credo che valga la pena rammentare l’efficienza di tale assistenza dei molti mutilati e poliomielitici, supportata non solo dalla lungimiranza di Don Gnocchi, ma anche da una intelligente (è il caso di dire) intraprendenza opera di carattere organizzativo, che oggi difficilmente si ripeterebbe… Il poliomielitico presentava problemi diversi dal mutilato, poiché l’affezione non poteva essere stabilizzata: variava continuamente in rapporto alla crescita, all’aumento ponderale, alle nuove prestazioni richieste dal bambino che ne era affetto. Anche i soggetti colpiti da gravi paralisi, il cui recupero anatomico appariva compromesso, e secondo gli esperti l’assistenza del poliomielitico in particolare, non doveva essere limitata alle sole sedute di rieducazione motoria (chinesiterapia, idroterapia, massoterapia, etc.), ma doveva essere continua e costante durante l’internato; inoltre il lavoro di assistenza doveva svolgersi in stretta collaborazione con tutto il personale dei diversi collegi distribuiti sul territorio nazionale, e questo al fine di acquisire una perfetta conoscenza di tutti i problemi inerenti alla riabilitazione del fanciullo minorato fisico. Subito dopo il loro ingresso nei collegi i poliomielitici venivano visitati e curati con criterio individuale, poiché ogni caso presentava problemi propri a seconda dell’età, della gravità e dell’epoca di comparsa della paralisi, delle cure già praticate o trascurate prima dell’ingresso nel collegio. La maggior parte di questi disabili ricoverati provenivano da famiglie prive di adeguati sostegni, non certo in grado di curarli sia dal punto di vista della rieducazione fisica (a quei tempi il servizio sanitario nazionale non provvedeva particolari forme di assistenza e riabilitazione per disabili) quanto da quello psicologico.
CHIRURGIA ORTOPEDICA PER I MUTILATINI E I POLIOMIELITICI
La realtà dell’Istituto di Parma, in epoca bellica adibito ad infermeria presidiaria, e nel 1946 trasformato in Centro di Rieducazione per Minorenni Mutilati di Guerra.
Dopo il conflitto fu ristrutturato con la convenzione tra il Ministero dell’Interno e la Federazione “Pro Infanzia Mutilata” stipulata nel 1949. In questo collegio il funzionamento presentò complessità sin dall’inizio per la creazione all’interno dell’assistenza sanitaria, poiché a Parma e da Parma, dovevano passare tutti i piccoli sofferenti ospiti della Fondazione. Questo complesso comprendeva una sala per la chirurgia ortopedica, una per la chirurgia generale, una sala gessi, una sala narcosi, una sala di radiologia, l’ambulatorio, un laboratorio di analisi cliniche, una sala di sterilizzazione, diverse sale di degenza per gli operati, una salone di corsia con 60 posti letto per maschi e un reparto per le ragazze. Inoltre vi era il reparto di fisioterapia con ampia palestra e relative attrezzature (donate dell’Unicef) ed il reparto ortesi e/o protesi per la fornitura di tutori ortopedici ai ricoverati. Gli aspiranti al ricovero venivano chiamati presso il Centro chirurgico ed i medici giudicavano le condizioni del minore (mutilato o poliomielitico), e ne consigliavano il trattamento da effettuare. In caso di necessità di intervento chirurgico il minore veniva trattenuto, operato, fornito dei presidi ortopedici e destinato al collegio di provenienza, per poi tornare per eventuali successivi controlli; se invece il caso presentava necessità di ripetuti interventi chirurgici ed una continua assistenza protesico-sanitaria, l’assistito veniva trattenuto nel collegio dello stesso Centro in modo da potergli garantire anche l’assistenza scolastica e professionale. Poiché con il passare degli anni, la presenza dei mutilati andava regredendo per la notevole riduzione di incidenti post-bellici, per raggiunti limiti di età dei primi ospiti, per l’ottenuta qualifica professionale degli stessi e perché rimandati in famiglia per l’inserimento sociale, Don Gnocchi voleva che altri bambini non meno sfortunati, godessero dell’assistenza che il Centro di Parma poteva loro offrire: i poliomielitici.
Di questi ultimi ricoverati, già nel 1956 si registrava un progressivo aumento e l’istituto prendeva così il nome di Centro di Chirurgia Ortopedica per Poliomielitici di Parma, e da questo momento notevoli sono state le attività di chirurgia, fornitura ortopedica e riabilitazione. Il cospicuo numero di questi minori assistiti che si rinnovava ogni anno nel Centro chirurgico di Parma, imponeva una razionale sistemazione dei locali, e sin dalla sua costituzione il Centro chirurgico di Parma è stato diretto da eminenti cattedratici in campo sia medico che assistenziale. Per questo compito a livello di studio e di lavoro sono stati designati gli ortopedici i proff. F. De Francesco e Marcer; successivamente il prof. Luigi Bocchi, i dott. Umberto Belledi e Claudio Cavazzini. L’intenso lavoro svolto da questi esponenti della chirurgia ortopedica e riabilitativa, ha portato la Fondazione ad un elevato livello scientifico, vantando per lungo tempo una preminenza quasi assoluta in campo nazionale nella traumatologia chirurgico-ortopedica. E tengo a precisare che anche dopo le dimissioni dal collegio, alcuni casi (compreso chi scrive, anni ‘60) furono trattati ugualmente dalla struttura sanitaria dell’istituto di Parma. Per concludere, ad onor del vero un’altra lodevole realtà dello stesso periodo riguarda la città di Torino, e precisamente mi riferisco al vecchio Istituto Ortopedico Maria Adelaide (oggi dismesso). Inaugurato nel 1887, è divenuto negli anni (e precisamente dal 1939) Centro Regionale di Riferimento per le Cure e Paralisi Infantili, e già nell’ottobre 1949 Don Carlo Gnocchi affermava: «È nostra intenzione istituire qui una sezione per la lotta alla paralisi infantile (poliomielite), dopo la quale il soggetto colpito può essere ancora recuperato… Mancano in Italia Istituti del genere, mentre esistono quelli per l’assistenza nella fase acuta del male». Ed è dagli anni ’60 che il Maria Adelaide è stato tra i primi in Italia ad introdurre il Servizio di Rieducazione e Riabilitazione; quindi un polo di eccellenza per il trattamento delle più svariate patologie ortopediche, e per la correzione delle deformità causate dalla poliomielite. Effetto di tacite convenzioni? Forse, ma sta di fatto che in questi ultimi anni il SSN, per quanto si sia evoluto dalla Riforma 833/78 in poi, nelle debite proporzioni per certi aspetti non può vantare la lungimiranza del fondatore della Pro Juventute. Ma perché queste rievocazioni (di cui possiedo cospicua traccia documentale)? Per evidenziare che se non fosse esistita l’opera di Don Gnocchi, probabilmente tutti quegli assistiti non avrebbero potuto fruire altrettanta assistenza dalla sanità pubblica sul territorio. Un’ultima osservazione: sono trascorsi molti anni, e parte di quella sanità-assistenza si è evoluta, ma tornando alle debite proporzioni, personalmente preferivo quell’epoca (non per mera nostalgia) ma perché sicuramente tutti gli interessati avrebbero ottenuto senza problemi la fornitura ortesica e/o protesica… alla faccia del Nomenclatore Tariffario degli Ausili e delle Protesi… che oggi garantisce meno (sic!).