“La storia fantastica”: il libro
A parte i giovanissimi, ognuno di noi ha tra i ricordi della propria infanzia e preadolescenza qualcosa che considera “mitico”: un dolce, un luogo, un gioco, un indumento, un libro, una persona …
Per me, come per molti altri nati dei primi anni Ottanta, tra questi ricordi speciali c’è il film La storia fantastica. Col tempo ho naturalmente scordato quasi tutto di questa pellicola, per cui grande è stato il piacere che ho provato quando mi sono ritrovata tra le mani il libro da cui è stato tratto.
L’autore, William Goldman, l’ha intitolato The princess bride, ma in Italia gli sono stati dati ben due titoli: la Marcos y Marcos ha optato per la traduzione fedele (La principessa sposa), mentre la Bompiani ha discutibilmente scelto di intitolarlo La storia fantastica, così come il film. Il motivo? Naturalmente riecheggiare La storia infinita, pellicola che ebbe un grande successo (e che fu la vera ossessione della mia prima giovinezza!), a sua volta tratta dall’omonimo romanzo di Michael Ende.
L’opera non è sicuramente un capolavoro letterario e, soprattutto, nelle prime pagine la lettura è poco scorrevole a causa dei troppi incisi racchiusi tra parentesi; tuttavia, una volta che la trama ingrana, la lettura prende il volo e fila dritta fino all’ultima pagina. Peraltro, non è certo di grande aiuto la traduzione di Massimiliana Brioschi, con quei pronomi che ogni tanto si perdono per strada ed i congiuntivi declassati ad optionals.
Da un punto di vista tecnico-stilistico, così come per il romanzo di Ende, si tratta di una “storia nella storia”, tuttavia – a differenza di questo – ha il notevole pregio di essere una parodia dei fantasy e delle fiabe. Lo stile, infatti, è ironico, irriverente e disincantato. A creare una rottura con lo schema classico di questo genere contribuiscono, inoltre, i continui riferimenti a mode e oggetti dei giorni nostri.
Il “vero amore” narrato non è poi – come si potrebbe pensare a prima vista – l’amore fiabesco, quello che nasce tra un lui e una lei belli, intelligenti e di animo nobile: lei (Buttercup) inizialmente maltratta il suo futuro amato (tant’è che non lo chiama col suo nome, Westley, ma “Garzone”) e – secondo un meccanismo tipicamente femminile – si accorge di lui solo quando un’altra donna gli mette gli occhi addosso; lui l’ama sempre e comunque però – una volta certo del suo amore – talvolta ha con lei dei modi bruschi; lei è bella ma poco amante della pulizia e un po’ ignorante; lui è buono e leale con i buoni, però spietato con i cattivi … Non mancano poi litigi tra i due innamorati per cui, effettivamente, di vero amore si tratta, nel senso che è molto più reale degli amori eterni narrati nelle fiabe.
Uno dei passaggi migliori de La principessa sposa non vede, tuttavia, protagonisti i due amanti, bensì l’uomo in nero e lo spadaccino Inigo: il loro duello è un vero esempio di fair play, che tutti coloro che si trovano a duellare, anche in senso lato (dunque non solo atleti ma anche, tanto per dirne una, politici) dovrebbero imparare a seguire. I due si sfidano, infatti, con astuzia e determinazione, però al contempo riconoscono il valore dell’avversario, non infieriscono su di lui quando sono in vantaggio ed in ogni momento dello scontro gli riservano sempre il massimo rispetto.
Il valore di questo libro non va, infatti, ricercato – così come per La storia infinita –nella forma, bensì nel contenuto. In particolare, Goldman vuol far capire ai lettori, soprattutto ai più piccoli, che la vita è dolore, che la vita non è giusta. Un messaggio che in queste pagine viene ripetuto più volte, in varie forme, attraverso la voce di diversi personaggi. Tuttavia, credo di non tradire il suo pensiero aggiungendo che questa consapevolezza non deve farci cadere nelle sconforto: deve piuttosto aiutarci ad accettare gli eventi negativi che possono capitarci (malattie, scomparse, fallimenti e altri dolori) per poi saper reagire nel modo migliore. Dobbiamo cioè capire che la vita è faticosa, che è un’altalena di momenti belli e di momenti brutti, che non possiamo farci niente, quindi tanto vale attrezzarsi di conseguenza.
Marcella Onnis – redattrice