LA VACCINAZIONE ANTIPOLIO COMPIE 60 ANNI

Ma in alcuni Paesi orientali e oltre oceano il virus è tuttora presente, con il rischio della comparsa di qualche epidemia.

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e biografo)

Il quotidiano l’AVANTI del 10 gennaio 1965 titolava: “Abbiamo salvato duemila bambini”. Già, perché il 1964 è stato l’anno del lancio in Italia della campagna contro la poliomielite, con un bilancio in attivo: circa 2 mila bambini non hanno corso il rischio di contrarre la malattia infettiva, e questo grazie alla realizzazione orale Sabin (OPV), sino a quel momento non obbligatorio, grazie ad un’azione politico-organizzativa per merito dei senatori Giacomo Mancini (1916-2002) e Luigi Mariotti (1912-2004), ministri della Sanità dal 1964 al 1966 il primo, e nei bienni 1966-1968 e 1970-1972 il secondo. La campagna è stata rilanciata per il 1965 al teatro Sistina di Roma, durante la quale la Lega Antipoliomielitica aveva conferito a Mariotti  e Mancini la medaglia d’oro per il determinante contributo da loro dato a tale lavoro di elevato impegno sociale. Il numero complessivo dei bambini che sono stati vaccinati nella seconda fase della campagna 1964 e nei primi giorni del 1965 è stato di 7.281.073, tra questi ben 5.838.862 potevano essere considerati definitivamente immunizzati, avendo completato il ciclo delle quattro vaccinazioni previste dalla Medicina. Inoltre, sono stati 912.698 coloro che avevano iniziato la vaccinazione Sabin (peraltro non ancora obbligatoria) con la prima dose; 325.391 i bambini che avevano ripetuto la seconda vaccinazione e 204.131 quelli che erano giunti alla terza vaccinazione, e hanno poi ripetuto per l’ultima volta il vaccino trivalente. «Siamo giunti, dunque, a buon punto – aveva dichiarato in quell’occasione il ministro Mariotti –: la polio sta rapidamente scomparendo. Nel 1964 abbiamo avuto 917 casi di polio a fronte di 2.856 complessivi del 1963. La validità dei dati non sta tanto in quello generale, quanto in quelli relativi ai mesi in cui si sono registrati i primi effetti della vaccinazione rispetto all’anno precedente, ossia da maggio in poi. Infatti, si sono verificati solo 370 casi rispetto ai 2.407 dello stesso periodo del 1963». Ma un “freno” alla prevenzione con la profilassi vaccinica l’ha posto il giurista Camillo Giardina (1907-1985), che fu ministro della Sanità dal 1958 al 1962, in quanto non ha voluto rendere obbligatoria la vaccinazione antipolio (fonti storiche lo confermano, pur avendo annunciato di aver provveduto a fornire un contingente di fiale del vaccino per far vaccinare le popolazione dai 6 ai 21 anni). Sul ritardo della obbligatorietà vaccinale in Italia le cronache riportano che  che in quel periodo oltre 100 milioni di bambini, prevalentemente in Russia, sono stati trattati con successo col vaccino Sabin. E sull’indugiare della politica italiana, in un incontro con le più alte gerarchie dell’Istituto Superiore di Sanità, il prof. Sabin ebbe a dire: «Avete nelle vostre mani il potere di decidere e non prendete una decisione. Domani sarete chiamati responsabili dei bambini che moriranno e di tutti quelli che resteranno paralizzati». Quel ritardo costò all’Italia quasi 10 mila casi di poliomielite, che provocarono oltre 1.000 decessi e più di 8.000 paralisi.

Ma quale la realtà a Torino nel 1961?

A settembre faceva ancora molto caldo e molte erano le infezioni, soprattutto da virus poliomielitico: soggetti infetti e decessi, bambini e adulti non vaccinati. In questo anno 45 sono stati i ricoveri e nel 1960 solo 16. Unico rimedio, come veniva spiegato all’Ufficio d’Igiene, la vaccinazione antipolio che sino a quel momento era facoltativa (come si ricorderà l’obbligo avvenne con la Legge n. 51 del 4/2/1966 per merito del ministro socialista Giacomo Mancini, che resse il Dicastero della Sanità proprio in quel periodo). A Torino si consigliava vaccinare sotto i 30 anni e, secondo i pediatri, anche alcuni rimedi come un’alimentazione adeguata, minore esposizione al sole e minor contatto con l’acqua. Quindi, la vaccinazione a tappeto prima dell’inizio della scuola. Dal punto di vista privato, secondo le cronache pare che la Fiat avesse contribuito in quel periodo dando validi contributi (in denaro?). L’azienda torinese cominciò a far vaccinare i suoi dipendenti già all’inizio del 1957 con il vaccino Salk, ma solo chi ne faceva richiesta. In ogni caso, dal 1958 al 1961 il Comune di Torino ha praticato oltre 185 mila iniezioni, ovviamente con il Salk che fece il suo lento ingresso in Italia nel 1958. Ma prima dell’avvento del vaccino antipoliomielitico (sia Salk che Sabin) due nostre connazionali, Rosanna Benzi (1948-1991) e Giovanna Romanato (1946-2018, avevano contratto il virus della polio in tenera età e per la cui gravità hanno vissuto nel polmone d’acciaio: la prima 29 anni, la seconda 62 anni. Due testimonianze della sofferenza a causa di un vaccino che ancora non era disponibile; due esempi per ricordare i filantropi Albert B. Sabin (1906-1993) e Jonas E. Salk (1914-1995) la cui reciproca scoperta induce ad apprezzare la vita… cominciando proprio con la vaccinazione. Purtroppo, attualmente sono state individuate tracce del virus poliomielitico in 5 Contee a New York e a Londra; mentre focolai epidemici da alcuni anni sono presenti in Afghanistan e in Pakistan, le cui cause in questi due ultimi Paesi sono presumibilmente attribuibili a fattori culturali e scarsità di igiene.

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